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 2023  dicembre 10 Domenica calendario

Intervista a Ute Lemper

L’artista e la donna. I fatti di tutti i giorni e i grandi eventi della storia. Ute Lemper affida a un memoir, «La viaggiatrice del tempo – Tra ieri e domani» (Baldini+Castoldi, 384 pagine, 20 euro) riflessioni e racconti dei suoi primi 60 anni di vita e proprio oggi è a Milano per presentarlo al pubblico.
Nel libro racconta di un rapporto complicato con il suo Paese, la Germania.
«Per fortuna sono ferite guarite da lungo tempo, ma c’è stato un periodo turbolento all’inizio degli anni ’90. Ci sono state campagne mediatiche contro di me perché ero diventata una star all’estero. La gente mi ha sempre amata, ma la stampa ha dovuto decapitarmi, per poi abbracciarmi di nuovo. Oggi la maggior parte dei miei concerti avviene in Paesi di lingua tedesca perché ho ereditato il repertorio di Brecht e Weill. Sono come un dinosauro del secolo scorso, ma la gente è ancora affascinata da queste canzoni che hanno messaggi molto contemporanei».
Nel 1990 un episodio scioccante: invitata da Roger Waters a cantare in «The Wall» a Berlino, è stata colpita da una corda mentre era in cima a una struttura, rischiando la vita. Ha capito cosa sia successo?
«No, mai. È ancora un mistero. Posso solo dire quanto sono stata fortuna a non essere caduta da 20 metri di altezza e quanto ero sconvolta. Non so ancora se sia stato un gesto malvagio compiuto da qualcuno o solamente un incidente».
La sua è anche una storia di emancipazione: sente di averne pagato un prezzo?
«Ho dovuto lasciare dietro di me tante pelli diverse. Ed è un processo che continua: devo emanciparmi ogni giorno, sia nelle relazioni personali sia nel lavoro. Devo fare solo quello che è rispettoso di me stessa: vanno bene i compromessi, ma non sulla mia dignità. Combatto ogni giorno, ma amo parlarne e dare un’ispirazione alle donne. Vedo che ancora oggi molte persone vivono in una prigione di scelte vecchie, di sottomissione. È dura uscire da certe abitudini».
Ritiene che gli uomini della sua vita abbiano faticato ad accettare la sua libertà e il suo essere «capofamiglia»?
Non ho mai dovuto essere una femminista militante perché non sono mai stata intrappolata negli stereotipi, non ho mai usato la bellezza per guadagnare qualcosa
«Sì, ne sono certa. C’è stata una certa frustrazione. Per quanto io cerchi di essere sensibile a riguardo, la verità è che nessuno degli uomini al mio fianco avrebbe mai avuto la resistenza e la forza che ho sempre avuto io per andare avanti, per non arrendermi mai e per dare sempre di più. Ho avuto quattro figli, ho sempre lavorato e mi ritengo molto coraggiosa. Ma in cambio ho avuto una vita molto ricca».
Il capitolo finale del suo libro lo scrive sua figlia Stella che si definisce più volte femminista. Come mai lei invece non usa mai questa parola?
«Non ho mai dovuto essere militante né dimostrativa. Se pensiamo a Marlene Dietrich, non c’era il femminismo al suo tempo, ma lei era totalmente emancipata. Io non sono mai stata intrappolata negli stereotipi, non ho mai usato la bellezza per guadagnare qualcosa, non mi sono mai sottomessa a un ruolo per servire il mondo dominato dagli uomini. Se avevo un amante, era perché lo volevo, non per un tornaconto. Non dico che essere bella non sia stato un fattore, ma i miei risultati sono arrivati grazie all’intelligenza e allo spirito libero».
Si arriverà alla parità?
«Ho cresciuto mia figlia con l’idea congenita che non ci sia motivo di non avere l’ultima parola, come donne. Certo la parità è dura: le donne sono sempre state più forti degli uomini, ma purtroppo gli uomini hanno il privilegio di non avere interruzioni professionali, non potendo fisicamente avere figli. Questo nostro svantaggio ci crea un conflitto per natura e da secoli abbiamo ancora un prezzo da pagare».
Scrive che «invecchiare è liberatorio»: cosa intende?
«L’età non è un declino. Va bene, il corpo invecchia, ci si ammala, le ossa sono stanche. Ma di pari passo si cresce nell’anima e nello spirito, con la maturità si accettano dei compromessi, si lascia andare più facilmente, si capisce il viaggio. E io spero di morire un giorno con un sentimento di gratitudine perché so che questo era un viaggio importante, il mio viaggio».