Corriere della Sera, 10 dicembre 2023
L’Europa entra nell’età adulta e può riempire il vuoto Usa
Mi è stato chiesto un giudizio sulla politica estera americana nell’epoca di Biden. Ma mentre cominciavo a riflettere sull’argomento il pensiero andava ai miei primi incontri con la diplomazia degli Stati Uniti. Accadde in Austria, negli anni Cinquanta del Novecento, in piena Guerra Fredda, a Salisburgo, dove i governi di Londra e Washington avevano acquistato la villa di un simpatico barone austriaco e ne avevano fatto un luogo di incontri politico-culturali per un gruppo di studiosi, giornalisti e diplomatici che venivano da molti Paesi che erano uniti dall’esistenza di un avversario comune: l’Unio-ne Sovietica e i suoi satelliti. Mentre l’Unione Europea era ancora in fasce, la Russia era un potenziale nemico, Washington l’indiscussa capitale politica dell’Occi-dente. Molte cose sono cambiate. L’Unione Sovietica è scomparsa, la Nato esiste ancora, ma sembra essere diventata una palestra dove si fanno occasionali esercitazioni militari in un clima quasi sportivo. Il fatto che un Paese tradizionalmente neutrale come la Svezia abbia deciso di farne parte, dimostra che la Nato della Guerra Fredda sta scomparendo e sopravvive con altre occupazioni molto più pacifiche. Privati della Guerra Fredda, gli ame-ricani conservano i loro rapporti con i vecchi amici ma sono anche alla ricerca di nuove amicizie. Il mon-do per il loro segretario di Stato è alquanto diverso. Durante la Guerra Fredda veniva ricevuto ovunque come il rappresentate di un Paese da cui dipendeva la pace di tre continenti. Oggi è accolto con un calore che varia dal grado di utilità che il suo inter-locutore spera di trarre dal loro rapporto. Supponia-mo che occorra fare affari con i Paesi dell’Africa o dell’America Latina. In altri tempi, sarebbe stato indispensabile ricercare il consenso, l’approvazione preliminare di Washin-gton, ovvero della potenza egemone fra gli Stati occidentali. Oggi non è più così, né la diplomazia statunitense riesce a dia-logare su più tavoli con la medesima efficacia di allora. In questo progres-sivo vuoto di autorevolezza vi sarebbe spazio per l’Europa. Quest’ultima tuttavia dovrebbe superare la propria protratta crisi adolescenziale e ricordar-si, finalmente, di aver rag-giunto l’età della ragione e delle decisioni adulte.