la Repubblica, 10 dicembre 2023
Intervista a Tosca
È reduce da un entusiasmante tour in Argentina e Paraguay. Senza nulla togliere al suo talento, e alla sua fama fa un certo effetto pensare a teatri gremiti in Paraguay. Bello da scoprire, ma grazie a quali meccanismi Tosca gode di questa considerazione in un Paese così remoto? «Ah non lo so, dirò di più, il teatro era stracolmo, solo al 20 per cento di italiani, altri magari lo erano ma di quarta generazione, che neanche sapevano la lingua. Il fatto è che lì sono appassionati e non sono vittime dei numeri, magari c’è ancora la curiosità, ma questo succede spesso quando sono fuori dal nostro Paese».
Tosca è sempre orgogliosa, ha il piglio della guerriera, le sue cose funzionano a meraviglia, dal vivo è seguitissima, amata, gli altri artisti collaborano sempre con piacere alle sue iniziative. Insomma, sembra l’esponente perfetta per spiegare quello strano fenomeno per cui il mondo della musica in Italia sembra spaccato in due, da una parte il mercato, chiassoso, ripetitivo, fatto di tormentoni e streaming selvaggi, in parte sconosciuto al grande pubblico, poi la musica “vera” quella che ha una storia, che si suona e si canta, che punta alla qualità, che riempie le sale da concerto.
La sente questa spaccatura?
«Sì, a volte sembra di giocare in un campionato a parte, ma quando vai dritta e giochi il tuo di campionato non te ne rendi conto, non guardi. A volte mi fermo a riflettere, non tanto per me, mi dicono spesso meriteresti di più, ma io ho fatto scelte diverse, parlo una lingua che non mi permette di andare in certi salotti e in certi luoghi, e a me va bene così, sono contenta di quello che ho. Il problema è per i giovani, nel senso che non esistono più luoghi di formazione, di incontro, i club soprattutto, tutto ciò che permette di formarsi si è spento».
E dov’è l’errore?
«Credo che ci sia un equivoco tra musica e intrattenimento. Oggi è diventato tutto quasi solo intrattenimento, e chi cerca altro non sa dove farlo, è un equivoco pericoloso perché l’intattenimento deve mantenere audience, sponsor, la telecamera ha un obiettivo preciso, tarato su certe cose. Un tempo se volevi sperimentare c’erano momenti di condivisione che ti permettevano di capire, provare, giocare. Io e Giorgia siamo cresciute in un locale che si chiamava Classico, mi ricordo che c’erano sempre artisti che passavano, Samuele Bersani, Vinicio Capossela, poi c’è stato ilLocale dove sono cresciuti Silvestri, Gazzè, Fabi, Tiromancino e tanti altri, oggi questi luoghi non esistono. E non si vive di solo pop. Personalmene non ho nulla contro il pop, lo ascolto, mi diverte, mi piace, ma non può esistere una sola cosa. Bisogna ricreare dei luoghi di formazione».
Per la verità lei un luogo di formazione l’ha creato, ed è l’Officina Pasolini, ma ora ci sono delle preoccupazioni?
«Succede che per un pasticcio della ex giunta regionale, dopo dieci anni di attività la nostra sede, con lo storico teatro De Filippo e con annessi altri spazi, verrà traslocata in uno spazio ridotto e al momento ancora tutto da verificare. E, ancora più grave, allo steso tempo viene dismessa la storica residenza universitaria per 400 posti letto nel totale silenzio delle istituzioni e percui gli studenti si stanno mobilitando. Ora è partito anche un appello a cui stanno patecipando molti artisti rivolto al ministro Tajani e al presidente della regione Rocca, sperando che tutte queste voci, compresa la mia, vengano ascoltate».
Speriamo proprio di sì. Tosca la guerriera è sempre in azione?
«A dirla tutta mi sarei anche rotta le scatole a dire sempre le stesse cose, ma bisogna creare spazi per le nuove generazioni, perché i nuovi artisti devono essere aiutati, abbiamo il dovere di non accettare l’esistente.
Tra di noi facciamo sempre una battuta: se oggi ci fosse un nuovo De Gregori farebbe fatica a uscire. Non voglio fare San Francesco, dico solo proviamo a insegnare condivisione, e non competizione. È un sistema dopato, se parli di gavetta ti guardano come una matta, e invecedobbiano accendere i fari su quest’altro campionato, c’è tanta gente brava».
Però nel frattempo, nel suo mondo di musica reale, avrà un anno di rara intensità.
«Sì, andrò in tour negli Stati Uniti, e poi sarò artista resident all’Auditorium di Roma, a cominciare dal primo dell’anno, con un concerto che si chiama Unico,un modo di ripassare la mia storia, diviso in tre atti, il primo è “romana”, il secondo “sto core mio” ovvero “notturno napoletano per Murolo”, con tutte canzoni della tradizione che a suo tempo furono scelte con Renzo Arbore, e poiMorabeza, il mio ultimo spettacolo. Poi ci sarà D’altro canto,un progranma radiofonico dove faccio da padrona di casa in un salotto musicale con ospiti a tema e ci saranno Peppe Barra, Raiz, Serena Rossi, Rocco Papaleo, Stefano Fresi e tanti altri. E altre cose ancora.
Insomma gli impegni non mancano.
Sono felice ma penso che oggi si investa troppo su materiale facilmente deperibile, e invece l’arte è un bene che cresce e che fa crescere, per sempre».