la Repubblica, 10 dicembre 2023
Il ritorno di Michael Stipe
Sarà uno show, sì, ma non un concerto. Michael Stipe torna sulla scena con una mostra, la prima grande retrospettiva dei suoi lavori da artista visivo aprirà all’Ica di Milano il 12 dicembre. La racconta nell’intervista in uscita sul nuovo numero diRobinson dove annuncia anche – finalmente – che sta lavorando al suo album di esordio come solista, dopo i singoli lanciati in Rete a sorpresa negli ultimi anni. Prima però c’èI have lost and I have been lost but for now I’m flying high – il titolo potrebbe essere quello di una sua canzone – dove l’ex frontman dei R.E.M. esporrà (fino al 16 marzo 2024) un centinaio di opere. Non ci sono solo le fotografie che abbiamo imparato a conoscere nei suoi libri – il quarto, Even the birds gave pause, sempre pubblicato da Damiani, è in uscita in questi giorni – ma anche sculture, gessi, inchiostri su china, legni trattati con la tecnica del woodburning, acrilici, cappelli, video, una performance audio. Non cantata, però, ma qualche altra sorpresa non mancherà. «Le sculture in mostra rappresentano un omaggio agli artisti che hanno contribuito a formare e a plasmare il mio modo di intendere l’ispirazione e lo stupore – dice Stipe – sia esso di matrice intellettuale, materiale, oggettuale o estetica. Ma la combinazione di questi elementi deve contribuire a creare un’esperienza inclusiva per lo spettatore». Il ritratto è il punto di partenza di questo suo progetto.
«Ci sono ritratti fotografici classici, ritratti istantanei più casuali. Ci sono vasi di ceramica, ma anche copertine dei libri dedicate a figure che per me sono importanti. Mi interessa il design delle copertine. Ci lavoro su da anni».
Non mancheranno i ritratti agli amici e a chi gli è vicino nella vita di tutti i giorni, tra questi il pubblico non faticherà a riconoscere, fra gli altri, super star come Bono, Sam Taylor-Johnson, Tilda Swinton, Lana Wachowski, personaggi noti in tutto il mondo, ma che fanno parte della sfera affettiva del leader della band di Athens, Georgia, che si è sciolta nel 2011 dopo 31 anni e 90 milioni di dischi venduti. La mostra è nata quattro anni fa dall’incontro avvenuto a New York tra Stipe e ilcuratore Alberto Salvadori, che è anche uno dei fondatori dell’Ica, l’Istituto contemporaneo per le arti di Milano, spazio no profit, ispirato al modello anglosassone. «Come molti ero a conoscenza del suo lavoro fotografico – spiega lui – Ci siamo visti a New York: un amico ci ha messi in contatto. Lì Michael rappresenta una figura importante nella scena culturale, non solo per il suo passato musicale: è un collezionista e sostiene molti spazi interessanti dedicati ai nuovi artisti. In più all’epoca aveva preso in affitto The Stone, un luogo per spettacoli sperimentali a me molto caro. Abbiamo parlato per ore delle nostre passioni e così l’ho invitato a Milano, dove poi è venuto più volte. Ma il progetto ha avuto una genesi più lunga del previsto». Nel mezzo, c’è stata la pandemia e la necessità di allargare la riflessione e il campo di espressione, andando oltre la fotografia. Stipe ha spiegato tutte le sue potenzialità di artista visivo, frutto di un percorso lungo, iniziato all’università nella sua Athens, città che ancora frequenta molto e dove ha mantenuto la casa per restare vicino alle origini. Il risultato è un lavoro trasversale con più media in un allestimento che contempla anche il tema della memoria. «Parole chiave di Stipe sonogenerosità e condivisione – continua Salvadori – È legatissimo a un’idea di famiglia in senso ampio, alle radici di Athens. Le relazioni affettive hanno un valore enorme per lui. Ancora adesso gli altri componenti dei R.E.M. sono suoi grandi amici, una rarità per una band che si scioglie. Non teme di mostrare la sua fragilità e poi è un artista visivo a tutto tondo. Ha una cultura enciclopedica c he riesce a esprimere attraverso il suo lavoro con grande libertà. Nelle sue opere ci sono riferimenti all’arte classica, a Nauman, Brancusi, Marisa Merz. Pensa l’allestimento come qualcosa di simile alla scrittura. L’esperienza di autore di testi è molto evidente. In mostra ci sarà anche una traccia sonora, ma non è una nuova canzone».
Per quelle bisognerà aspettare ancora un po’, ma i tempi sono maturi. Intanto, è ora di attraversare il mondo di immagini che Stipe ha nutrito sin da quando era un timido studente che si avvicinò alla musica, ascoltando Horses di Patti Smith, poi diventata sua musa ispiratrice e amica solidale. «È un periodo caotico e disordinato quello che stiamo attraversando – afferma lui, introducendo i suoi lavori – La mia speranza è di aiutarci a raggiungere una semplicità di pensiero più chiara, calma e carica, che possa ricalibrare le nostre posizioni e idee su come procedere». Per non perdere la ragione in questi tempi bui, riascoltando magariLosing my religion.
Ci sono riferimenti all’arte classica, a Nauman, Brancusi,
Marisa Merz. L’allestimento è simile alla scrittura