la Repubblica, 10 dicembre 2023
Un’offerta culturale ogni volta più debole
“Non dipende da me” e “ormai” sono le colonne d’Ercole della burocrazia. Qualunque cittadino provi ad avanzare una richiesta legittima, chiedere giustizia di un sopruso, ottenere ragione di un diritto questo si sente rispondere, dal funzionario allo sportello o dall’assessore, se riesce ad avere accesso all’assessore: non è mia responsabilità, si rivolga altrove, è così, è scritto qui vede?, è la legge, è il regolamento. Quindi so che sapete di cosa sto parlando, se pongo oggi l’ennesima rimostranza inutile e destinata al rimpallo dei “non è mia competenza”: è stato il ministero, la Regione, la giunta precedente, la destra, la sinistra, il municipio, io cosa c’entro, io eredito, io eseguo.Il tema – qui – sono i nostri figli: la loro educazione, la formazione che è l’unica ricchezza di cui potranno disporre un giorno per opporsi ai soprusi del Potere, si sa che sapere è potere: è un segreto molto ben custodito e sempre boicottato, perché l’ignoranza giova a chi comanda. Quindi. Una storia piccola, una storia qualunque. In ogni città ce n’è una simile e uguale. Questa riguarda i posti letto per gli studenti universitari che non possono pagarsi una stanza in affitto (sovente al nero, i proprietari di appartamenti preferiscono) a ottocento euro, dunque riguarda il diritto allo studio di chi non nasce in famiglie facoltose – un principio elementare di democrazia, presidente Meloni. Riguarda la cultura diffusa, la possibilità di immaginarsi un futuro anche se non sei ricco o di buon nome, se ti immagini il domani a cavallo dei tuoi talenti, dei tuoi desideri. Avrete notato che tutti, fra chi ci governa, si riempiono la bocca di impegno sull’educazione, sulle politiche giovanili, sulla cultura. Fanno post su Facebook, dicono cose nei talk in tv. Anche la violenza, naturalmente, dipende dall’educazione.Qual è la nostra idea di mondo, quindi. Cosa vogliamo costruire, quale casa per tutti. E invece, poi. Nel silenzio, sottotraccia, smantellano. Oggi tocca a Roma – la povera Roma, sebbene Capitale, la povera Roma a dispetto dei sondaggi di gradimento prodotti da enti pubblici amici, pronti a mostrare il contrario di ciò che a ciascuno è nella sua individuale esperienza evidente – che chiude, abbatte, ora quattrocento posti letto per studenti e un teatro storico, il teatro in cui negli ultimi suoi anni lavorò Eduardo De Filippo. Ne ho parlato tante volte in queste pagine, lo ripeto malinconicamente ora che “ormai”. È andata così, non c’è rimedio. Vedi, è la legge. Sì ma questa legge l’avete fatta voi, i vostri predecessori forse, non importa, potete cambiarla se volete: ministro Tajani, presidente Meloni, potete. C’era, al Foro Italico, un luogo chiamato Civis: quattrocento posti letto per studenti universitari non ricchi di famiglia, un teatro abitato dai massimi artisti del Novecento. De Filippo, Grotowski, Pina Bausch, Peter Brook. Oggi si chiama Officina Pasolini. È una storia lunga da raccontare: Tosca, Tiziana Donati, la direttriceartistica, ne ha accennato ieri su questo giornale. Un centro culturale in cui in questi ultimi anni, dal 2016, si sono formati gratuitamente 600 studenti (gratis, ripeto: per merito) e sono rimasti, molti di loro, a lavorare lì. Un centro che sviluppa competenze di teatro, musica, conoscenze multimediali. Ma.Ma a un certo punto (“non dipende da me, è andata così”) quel luogo di proprietà del Demanio è finito sotto la titolarità del ministero degli Esteri che (“ormai, è deciso”) ne farà un parcheggio per auto blu, un centro conferenze per “grandi della terra”, così c’è scritto nelle carte, i “grandi della terra”, una sede di uffici della vicina Farnesina, che fa tanto comodo. Pazienza per i ragazzi. Pazienza per gli alloggi, i dormitori e per tutti questi anni di lavoro culturale: il teatro di Eduardo De Filippo sarà abbattuto e diventerà, semmai, una sala conferenze. È uguale? Purtroppo no, amici. Non è uguale. Un teatro è un teatro. Una cosa sono i luoghi che tutti possono abitare, un’altra è quella che abiterà chi decidete voi. C’è una protesta degli studenti – un’occupazione pacifica – in corso. C’è un appello degli artisti, tanti. Un teatro è un teatro. Non si fa in un momento. Ma è stata la sinistra a mollare la presa, è stato il ministro Di Maio a fare l’accordo – dite. Va bene, ma a noi cosa importa chi è stato, di chi è la colpa. Pezzo dopo pezzo – il teatro Valle, fu la sinistra a ottenere lo sgombero, l’Angelo Mai, sono tutti ogni volta lì a tentare l’assalto – a noi che ci andavamo e che ci andiamo, cosa importa: hanno sbagliato tutti, lo scaricabarile di colpe non ci interessa, il risultato è questo.Un’offerta culturale ogni volta più debole, i letti per chi studia non sono redditizi dunque meglio un parcheggio di auto blu. È una piccola storia, una storia esemplare. Dopo hai voglia a dire i giovani, siamo con loro, curiamo la frustrazione, la rabbia. Nel silenzio, invece, state scardinando tutto. Non voglio mettere nel mucchio cose diverse: l’Angelo Mai, la Casa delle donne, Lucha y Siesta, la scuola Volontè: ma a Roma, state dando un posto a chi ha abitato e fatto grandi quei posti? A parte gli abbonati altri enti lirici, a parte i grandi eventi, bravi tutti, sì. Le piccole cose nei municipi, di nuovo bravi quelli che ci pensano. Ma il progetto complessivo. I luoghi dove i ragazzi sono o potrebbero. Ci siete, o non ci siete? Ministro Tajani, con grande fiducia nella sua idea di futuro. Magari non dipende da lei, ma lei c’è o no dalla parte dei ragazzi che prima o poi, presto, avranno anche diritto di voto? Perché questo alla fine è il solo tema, a parte le chiacchiere, il consenso. Guardi che i ragazzi votano, o almeno potrebbero. Educazione, possibilità, consenso. Dipende da voi, per fortuna o purtroppo. Non ci facciamo più ingannare dalle parole, stiamo ai fatti vi prego. Volete posti letto gratuiti per gli studenti o per le vostre auto blu, teatri e scuole o sale conferenze a pagamento per i “grandi della terra”. È tutto qui.