La Stampa, 10 dicembre 2023
Macra, storia di un albero
C’era una volta un paese così minuscolo da non arrivare a 50 abitanti. Con una manciata di case. I suoi tetti lastricati di pietre raccontano il passare del tempo in montagna. Dove tutto è più faticoso e lontano dalle comodità. Macra – così si chiama – è uno dei comuni più piccoli non solo della provincia di Cuneo, ma di tutta Italia. Incastonato nella valle Maira, una terra che si è reinventata dal punto di vista turistico, diventando il luogo del cuore dei villeggianti stranieri. Un polmone verde, quasi selvaggio.
Macra è un puntino nel paesaggio da cartolina. E, quando la neve lo abbraccia, in quel silenzio la realtà si confonde con la fiaba. Così è facile abbandonarsi ai sogni. Come quello degli abitanti della microcomunità e del suo sindaco: offrire l’albero di Natale al Papa. È il settembre 2015 e Valerio Carsetti – raccogliendo l’appello di un gruppo di parrocchiani – si rivolge a padre Federico Lombardi (originario della vicina Dronero), che è il portavoce del Santo Padre. La candidatura è ben accetta e, certo, è già una bella notizia. Tuttavia bisognerà attendere il 2025, perché arrivi finalmente il sospirato turno.
La fortuna, però, è dalla parte del paesino cuneese. All’inizio del 2016, infatti, il Vaticano chiede a Macra di anticipare la donazione di due anni. Cioè al Natale 2023. Al sindaco Carsetti non sembra vero: «Regalare l’albero di Natale a Papa Francesco è un’opportunità per il paese, che può farsi conoscere da nuove famiglie e così combattere lo spopolamento in montagna. Ma è anche il simbolo della nostra comunità, che vuole donare se stessa, dimostrarsi vicina al Pontefice».
Dal dire al fare, c’è di mezzo la ricerca dell’albero giusto. Che non è cosa semplice, perché dev’essere alto, bello, dai rami folti. Nello stesso tempo, non si vuole sfregiare la natura, abbattendo una pianta qualsiasi. Ed ecco che si chiamano a raccolta gli esperti forestali, perché siano loro – i “saggi” – a indicare la scelta, rispettando sia l’ambiente sia le raccomandazioni del governatorato del Vaticano.
Cerca e ricerca, tutti si danno da fare. In prima linea il parroco, don Graziano Einaudi, che è uomo di montagna. E racconta: «Mi sono affiancato al sindaco per trovare l’abete giusto. Abbiamo girato per giorni, senza fortuna. Poi si è deciso di andare ad Albaretto, che è il posto più bello della zona». Il luogo del cuore per generazioni di abitanti, quello che da giugno si riempie di voci e di animali al pascolo e dove, una volta, si saliva a coltivare, per la presenza dell’acqua. Un piccolo paradiso, insomma. Ed è lì che don Graziano vede l’albero giusto: «Ce ne avevano indicato uno, ma era troppo piccolo. Ho alzato, però, gli occhi e, poco più in là, ho visto l’abete che stavamo cercando. Era l’ultima scelta, perché scadeva il tempo, ed è stata quella definitiva: un albero straordinario, alto quasi 30 metri e di buona struttura». Che il proprietario del terreno mette a disposizione. Proprio da quella borgata, a fine Ottocento, tanti boscaioli emigrarono in America, per realizzare le traversine della ferrovia del West con il legno delle sequoie.
Così il sindaco annuncia al paese che «si può fare». Non resta che trovare la quadra per tagliare, trasportare a valle, portare a Roma e addobbare il dono per il Papa. Il costo c’è, e per le casse di un piccolo Comune non è da poco. Ma le istituzioni si alleano (Regione e Provincia in testa), la società di trasporti speciali promette di offrire la trasferta per quel carico che eccezionale lo è davvero. Interviene qualche sponsor, fondazioni, aziende. Si organizza il volo con l’elicottero (uno “Sky Crane”, gru del cielo, con le spese coperte dal ministero dell’Interno), per imbragare in verticale l’albero da 6,5 tonnellate e calarlo da Macra alla bassa valle.
L’abete deve arrivare in piazza San Pietro entro il 21 novembre. In tempo per essere installato e addobbato. Già, la decorazione. Non le consuete palline colorate, ma una “tela” fatta di 7 mila stelle alpine, coltivate ed essiccate nel vivaio Edelweiss di Villar San Costanzo, dono del titolare, Livio Piumatto.
Alla partenza per Roma di quel camion lungo 22 metri ci sono tutti. Anche il presidente della Regione, Alberto Cirio: «Per il Piemonte è un onore, un messaggio di pace e speranza che vogliamo lanciare». E in tanti salutano il Tir, mentre passa a Dronero, Caraglio, Busca, Villafalletto, Savigliano, Marene, Cherasco, Cinzano. E all’autostrada Cuneo-Asti. Un viaggio a 60 km all’ora, fino in piazza San Pietro. L’abete arriva dopo ore, ed è ancora buio: è il 23 novembre. Poi viene abbellito con le stelle alpine, che sembrano una nevicata. Quella che – nelle stesse ore – sta scendendo su Macra.
Ma il sogno, per essere esaudito del tutto, prevede di poter vedere dal vivo l’albero del Papa, quando verrà acceso nel più importante e simbolico – insieme alla basilica della Natività in Terra Santa – dei luoghi religiosi dove si celebra il Natale. Così dal paese organizzano il magico viaggio: due bus, tanti in auto, altri in treno. Cittadini da soli, con le famiglie, sindaci della valle in fascia tricolore. Ieri mattina si sono ritrovati tutti nell’aula “Paolo VI”, con i presidenti della Regione Alberto Cirio e della Provincia Luca Robaldo, perché una delegazione deve offrire simbolicamente al Santo Padre il dono dell’albero. Come Rieti presenta il suo Presepe. Cirio consegna a Papa Francesco la letterina scritta per lui dagli allievi delle scuole della valle Maira. Ed è ai bambini bisognosi che la Caritas darà i giocattoli ricavati dal legno dell’albero, quando sarà finita la fiaba.
Livio, il “papà” delle stelle alpine, riesce a porgere a Bergoglio un quadro: «L’ho preparato la scorsa notte: una nevicata di stelle alpine sul Monviso. Gli ho stretto la mano e gli ho detto “Cerea, Santità”. Lui mi ha sorriso. Mia figlia aveva il mio nipotino Elia in braccio e il Papa l’ha accarezzato. Un’incredibile emozione». Alle 17 di ieri l’albero di Macra si è acceso. Il sindaco della battaglia, della favola e del sogno realizzato si commuove: «Mi fermo qui anche stasera. Tornerò con mia moglie per l’Angelus». —