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 2023  dicembre 10 Domenica calendario

Intervista a Filippo Ascione

Tra adesso e chissà. Tra fisico e quantistico. Fantasia e Oscar. Vita e morte intrecciate oltre ogni sospetto. Tra Fellini e Rol. Lì in mezzo c’è Filippo Ascione, per Fellini stesso “Filippicchio”, suo assistente in Ginger e Fred e poi sceneggiatore; lui è testimone di una stagione di sperimentazione oltre ogni altrove; testimone di incontri, previsioni, supposizioni da verificare e verifiche complicate da supporre. “Chi è stato Rol? Un sensitivo straordinario. Con lui l’imprevedibile si tramutava in realtà. E Fellini lo raggiungeva a Torino per trovare risposte alle sue ricerche; ma c’è un territorio che non ho mai voluto frequentare: quello dell’aldilà. E l’ho evitato pure quando parlavo con Rol: lui poteva rivelarti il giorno e l’ora esatta della tua morte e c’è stato chi lo ha voluto sapere e chi no; Kennedy lo chiese”.
Fellini è morto trent’anni fa e di recente Rol è stato protagonista di un film-documentario di Anselma Dell’Olio.
Quando ha visto JFK?
Un anno prima del suo omicidio è andato a Torino, perché Rol non si spostava. Ovviamente ne rimase turbato, tanto da non parlare nei giorni successivi.
Lei ha chiesto la data?
Né io né Federico (Fellini).
Rol ci giocava o era sempre serio?
Dipendeva dal contesto; magari materializzava degli oggetti; (sorride) Piero Angela lo accusava di non aver inventato nulla, che in India erano pratiche comuni. E in parte aveva ragione.
Soltanto che…
Gli altri utilizzavano dei trucchi, ed ero in grado di scoprirlo, con Rol non me ne sono mai accorto; comunque uno degli aspetti più interessanti è il suo rapporto con Einstein, rapporto mai chiarito da nessuno.
Cioè?
Ogni tanto Fellini chiedeva e Rol parlava di un carteggio tra lui e lo scienziato, carteggio tenuto all’interno di una cartellina verde.
C’era un carteggio?
Rol aveva tenuto rapporti pure con Mussolini e Hitler; Hitler chiese a Mussolini di imprigionarlo perché si era rifiutato di raggiungerlo in Germania: per due giorni fu rinchiuso e una volta liberato il duce lo ha ricevuto in Palazzo Venezia. Alla fine di quell’incontro ha buttato lì una data.
Che data?
Della morte di Mussolini, senza specificare allo stesso Mussolini il significato. Di quel dialogo ci sono testimoni.
Comunque non sopportava Piero Angela.
Mi chiamava e ripeteva: ‘Se lo incontra gli spieghi che non sono un ciarlatano’.
Vi davate del lei?
Sempre, mentre con Fellini del “tu”; l’ultimo argomento che Federico ha voluto affrontare è stato l’aldilà: l’ossessione degli ultimi dieci anni.
Da ragazzo si aspettava di intraprendere un percorso del genere?
Mio padre era medico, aveva un fratello malato di mente, e da ragazzino leggevo i suoi testi di psichiatria pur non essendo psichiatra; tra questi libri ce n’erano alcuni di Jung dedicati alla Sincronicità. Quando ho incontrato Fellini, a un certo punto, abbiamo parlato di queste letture ed è nata l’amicizia; (cambia tono) il mondo della magia l’ho scoperto con lui.
Era totalmente digiuno?
Preparato solo sulla carta e sempre grazie a Jung; Federico era bravissimo con i Ching, ogni mattina si leggeva per sé e per gli amici (le tre monetine cinesi). I Ching sono fantastici per rivelare tracce del futuro.
Rol li utilizzava?
No, era uno scienziato della mente, un esperto di fisica quantistica.
Ha mai avuto paura?
Solo una volta, con Fellini; (pausa) una brutta esperienza durata quasi un anno: perseguitati da fenomeni paranormali, le nostre vite private devastate, fino a quando Rol ci ha liberati.
Gli incontri con Rol erano tutti e solo dedicati agli esprimenti?
Non ce ne sono stati molti, ogni due o tre anni, sempre prima di girare un film gli chiedeva se era il caso o meno; lo sentivo spesso al telefono, soprattutto dopo la morte della moglie.
A quale film ha detto di “no”?
A uno prodotto da De Laurentiis sull’aldilà; (cambia voce) Federico inizia a girarlo e si ammala, entra in ospedale, gli danno un mese di vita; si salva solo perché un suo vecchio amico, medico generico, lo va a trovare e capisce che il problema era una semplice allergia a un farmaco. Poi tramite Dino Buzzati conosce Rol e gli consiglia di mollare il film. Finiscono in causa e Fellini perde tutto.
Quando lo ha conosciuto?
Intorno al 1983.
Anni di condivisione.
Insieme alla sua segretaria sono stato l’ultimo a vederlo; poi è andato dall’amante storica, con la quale stava dal 1957: si è infilato una mozzarella in bocca ed è entrato in coma.
Maurizio Tedesco ha raccontato al Fatto di una donna che viveva in via Po, a Roma.
Quella era un’altra ancora.
Più appassionato di donne o di magia?
Viaggiava poco, si muoveva solo se c’era un sensitivo o una sensitiva da incontrare; una volta, ai tempi dell’Unione Sovietica, venne invitato a Mosca da Gorbaciov. Federico rispose “va bene”, ma a patto di conoscere una famosa sensitiva, emarginata dai comunisti.
E… ?
Ci riuscì.
Quindi Rol era solo uno degli aspetti?
Certo, all’interno del suo percorso ce n’erano altri: dalla cartomante all’LSD.
L’assunzione di LSD è stata importante?
Quando ha affrontato un percorso con il dottor Emilio Servadio e da quell’esperienza è nato Satyricon; (sorride) lui aveva il controllo totale del film, pure le locandine e la distribuzione; alla fine il produttore gli domanda: ‘Dove vuoi organizzare la prima?’ ‘A New York’. Quindi tutti si aspettavano una serata tradizionale, invece indica il Madison Square Garden. ‘Invitiamo i figli dei fiori, così lo vedono sotto LSD’. E così è stato.
Lo ha provato?
No, ho avuto un problema al cuore, non me la sono sentita.
Gli attori di Fellini erano consci di tutto questo?
Chi?
Mastroianni o la Masina.
Li teneva fuori dalla sua vita.
Nessun attore ha mai condiviso questo tratto di strada?
La sua vita privata era composta da sensitivi, maghe, prostitute e commesse con delle tette enormi.
Le tabaccaia di Amarcord.
Tutto il cinema conosceva lui, lui non conosceva nessuno. Non andava a serate, prime o feste. Alle nove era a letto.
Con lei usciva.
Solo perché avevamo questa sensibilità in comune.
Ciò l’ha isolata?
Ne sono stato contento.
Allora lei aveva due vite: una con Fellini e una senza.
Pure Federico specificava: ‘La mia esistenza si divide tra prima e dopo Rol’.
Fellini com’era con Rol?
Ne aveva timore.
Per il potere smisurato.
Rappresentava ciò che Fellini avrebbe voluto essere. Lo ripeteva: ‘Il mio sogno non era il cinema ma diventare mago’.
Fellini possedeva poteri?
Li abbiamo tutti, la differenza è tra chi entra in sintonia e chi no.
Fellini ha iniziato a sentirsi male alla cerimonia degli Oscar.
Era certo gli portasse male; la prima volta che è andato a Los Angeles è stato per La strada. Un giorno esce per una passeggiata, ma senza documenti. Da lì si è convinto che la città e la premiazione fossero negativi per lui.
Alla fine non ha avuto tutti i torti.
Per anni, ogni anno, ha rifiutato l’Oscar alla Carriera, fino a quando il presidente della Repubblica lo ha pregato di partecipare per risollevare la nomea del Paese, funestata dall’inchiesta di Mani Pulite. In quel caso pure la moglie intervenne per convincerlo.
Fellini era altro.
Dopo averlo conosciuto non ho più amato il cinema classico; lui era unico.
Esempio.
Per Coppola solo Fellini poteva permettersi certe cose.
Nel pratico?
La sceneggiatura dei film le scrivevamo la mattina in macchina, nel percorso da piazza del Popolo a Cinecittà.
Quindi l’ok del produttore arrivava senza sceneggiatura iniziale…
Certo. E alcuni dialoghi li scrivevamo a film finito, in fase di doppiaggio, il momento che amava maggiormente; (sorride) durante il doppiaggio di Ginger e Fred, nella saletta accanto, lavoravano su Miranda di Tinto Brass. Federico entra. Vede Serena Grandi nuda sullo schermo. E si fissa. ‘Sono tette puntate sull’umanità’.
Gli attori non erano preoccupati di cosa avrebbero detto con il doppiaggio?
C’era la fila di attori che sognavano di lavorarci; Woody Allen insisteva: ‘Dammi un ruolo, va bene pure quello dell’armadio’; oltre ad Allen, De Niro, Nicholson e altri grandi.
Non ha mai ceduto.
Quando arrivavano a Roma, e insistevano per incontralo, mi chiedeva di sostituirlo, di portarli a cena. Lui nel frattempo si faceva i cacchi suoi.
E Coppola?
Una volta riesco a organizzare una cena tra lui e Federico; ma Federico all’ultimo momento cede: ‘Non mi va, poi so che mi rompo i coglioni; sicuro mi chiede di 8 e 1/2 ma non ricordo neanche di averlo girato. E poi questi mi chiedono di inquadrature specifiche’.
Risultato?
Fellini ci ha spedito Giulietta (Masina); in questi casi inviava una letterina più o meno standard: ‘Caro Francis, ho mia sorella che sta male e sono dovuto andare da lei’.
Tipo “ieri è morta nonna” alle interrogazioni liceali.
Anche con Bernstein ha spedito me e Giulietta e sempre con la letterina in mano.
Mentre Fellini?
Se n’era andato da una delle sue amiche; (pausa) praticava il sesso tao indiano, con una resistenza bestiale. Di ore.
Per tornare alla magia: il paradosso è che quando si pensa a certe esperienze c’è sempre qualcosa di oscuro, buio.
Infatti Fellini da tutti era soprannominato “Il Faro”: illuminava quello che era giusto illuminare e quello che era nascosto.
Un pensiero felice legato a Fellini.
Lui che mi dice: ‘Lo sai che non ho mai visto l’alba a Cinecittà?’. Cinecittà per lui era casa. E allora siamo saliti in macchina, siamo andati; ci siamo seduti fuori dallo Studio 5 e abbiamo aspettato il sorgere del sole.
Il mondo del cinema come ha trattato queste vostre esperienze?
Era ed è spiritualmente ateo; ci hanno derubricato un po’ a mitomani.
Mitomani, ma maestri.
Come sosteneva Scola, Fellini insegnava cinema anche senza parlarne direttamente; in casa Federico non aveva nulla che riguardasse i suoi film, ma solo libri di letteratura, in particolare quelli di Simenon.
Simenon è stato un famoso donnaiolo.
Infatti lo invidiava moltissimo, avrebbe voluto essere come lui.
E lei chi è?
(Si ferma, cambia tono di voce) Prima di rispondere è meglio se bevo un amaro; (lo ordina, lo sorseggia)
Quindi?
È una domanda molto intima e sono timidissimo; è una questione che negli ultimi tempi mi sto ponendo.
E… ?
Mi identifico in quello che ancora deve venire; mi piace identificarmi in tutto ciò che non conosco.