il Fatto Quotidiano, 9 dicembre 2023
Le nuove taglie per lillipuziani. Un inganno
Migliaia. Sono migliaia i video su TikTok in cui ragazzi e ragazze mostrano capi di abbigliamento con taglie che potremmo definire ‘ingannevoli’. I protagonisti, arrabbiati, sono spesso i giovani della Gen Z (hanno ragione ma il problema riguarda tutti). Cosa raccontano? Di aver comprato un vestito della propria taglia ma di essersi ritrovati in una situazione inattesa perché, per una ragione o per l’altra, i jeans o la maglia avevano misure totalmente sballate. Un paio di pantaloni che restano bloccati all’altezza delle cosce, una maglia ‘cropped’ (tagliata), buona per un lillipuziano. Si tratta quasi sempre di capi prodotti dalle catene del fast fashion: le grandi case di moda fanno taglie ‘giuste’ ma chi ha un portafoglio tale da potersele permettere? Così, molti ragazzi comprano online a prezzi accessibili (la quota di abbigliamento acquistata su web cresce del +11% rispetto al 2022 secondo Osservatorio e-commerce B2c) e si ritrovano con capi da rendere. Cosa può innescare il dover fare i conti con vestiti ‘misurati’ in modo arbitrario?
“L’immagine corporea è un concetto molto delicato che si costruisce durante tutto l’arco della vita. Da un punto di vista cognitivo e della percezione emotiva, comincia a essere costruito fin da molto piccoli ma è nell’adolescenza che la capacità di adattare il proprio sentire rispetto al corpo che sta cambiando impatta sulla formazione di quella che è la percezione che abbiamo di noi stessi ogni volta che ci guardiamo allo specchio”, ci spiega Anna Ogliari, psicologa clinica dell’Irccs Ospedale San Raffaele e professoressa associata di Psicologia clinica all’Università Vita-Salute San Raffaele. Ogliari ha a che fare con ragazzi e ragazze che soffrono di difficoltà emotive, l’approccio alla moda e in particolare alle vestibilità dei capi non è secondario: “In un periodo cosi delicato come quello dell’adolescenza (anche se il processo continua per tutta la vita e le fasi di passaggio più delicate, nel caso delle donne, sono l’adolescenza, l’inizio della vita adulta, la menopausa…), l’imbattersi in taglie che rimandano a una fisicità idealizzata può essere problematico. È come se nel confronto tra immagine reale e immagine ideale ci fosse sempre un “di meno”, una discrepanza, e questo può portare a un aumento dei pensieri rimuginativi che riguardano proprio l’accettazione dell’immagine corporea. A una sorta di ricorrenza del pensiero: non sono abbastanza magra, non sono abbastanza bella o bello, perché sappiamo che questi pensieri ricorrono sia nei maschi che nelle femmine”. Basta entrare su TikTok, digitare l’hashtag #zarasizing (Zara è un nome, ma non certo l’unico brand nel mirino social: Shein, Mango, H&M, il temibile Temu…) e vedere una marea di video che mostrano abiti impossibili da indossare, che fanno apparire un “di meno” nel confronto tra immagine reale e ideale.
Qualcosa che possono fare gli adulti, le persone di riferimento, c’è: “Tutti nella vita ci scontriamo con un’immagine corporea che potrebbe non essere piacevole rispetto ai nostri standard, per qualcuno può diventare un vero e proprio meccanismo ossessivo. Ai ragazzi dobbiamo insegnare che seguire la moda è bello perché ti fa sentire più piacevole, più accettato e nessuno di noi è immune da questo meccanismo, non solo in termini di accettazione della propria immagine, ma anche in termini di sviluppo di un pezzo di identità. Da queste premesse, la strada dovrebbe essere aiutarli a capire cosa davvero desiderano e come possono manifestare il loro desiderio anche indossando dei capi che li rendano unici, espressivi del loro modo di sentire, senza adeguarsi a qualcosa”. E il sistema moda prima o poi si curerà di tutto questo? Nella serie televisiva The Good Place, ambientata in paradiso, c’è un negozio che si chiama Everything Fits, “Tutto ti sta bene”, tutto si adatta al tuo corpo. Non è questo che chiediamo. Semplicemente, che un pantalone della taglia che abbiamo sempre portato sia esattamente di quella taglia, non un’enorme tenda a forma di jeans né un coriandolo di stoffa. Che già di stimoli per sentici “di meno” rispetto alla nostra percezione corporea e alla nostra identità ce ne sono fin troppi. Abbiamo contattato il gruppo Inditex (Zara): “Confermiamo il nostro impegno per creare un range di modelli che incontri le esigenze di clienti, società e tutti gli stakeholders”, la loro nota. Il nostro auspicio è che la moda sia inclusiva, non solo nelle dichiarazioni delle aziende, ma anche sugli scaffali.