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 2023  dicembre 10 Domenica calendario

Gli 806 mila immobili dello Stato

«Gli immobili nelle mani dello Stato valgono 300 miliardi di euro, se valorizzati e ceduti potrebbero ridurre il debito pubblico». Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, con queste parole a La Stampa ha riaperto il dibattito sulle dismissioni. Cedere in blocco il patrimonio consentirebbe di abbattere del 10% il debito che ormai veleggia intorno ai 2.900 miliardi di euro.Secondo quanto emerge dall’ultimo Rapporto sugli immobili pubblicato dal Mef, le amministrazioni locali detengono la maggior parte del patrimonio immobiliare censito, circa 806 mila fabbricati e 1 milione e 400 mila terreni. Dall’analisi risulta che la gran parte del patrimonio immobiliare censito è utilizzato dalle stesse amministrazioni o dato in uso a privati. Il governo ha fissato nella Nadef il traguardo di 20 miliardi entro il 2026 da ottenere dalle privatizzazioni. Accanto alla cessione delle partecipazioni in società come Eni, Poste o Fs, al Tesoro tengono ben presente anche il capitolo che riguarda la dismissione degli immobili. Il dossier è stato ripreso in mano dal ministro Giancarlo Giorgetti e c’è la volontà di accelerare e monetizzare il più possibile anche da questo fronte.I fallimentiNegli ultimi trent’anni tutti i governi si sono misurati con annunci e tentativi – spesso andati a vuoto – di cedere in blocco caserme, palazzi, fari e quant’altro per fare cassa e ridurre il debito. Il risultato è stato quello di collezionare fallimenti, società di gestione, bandi andati deserti e richiami della Corte dei conti. Giulio Tremonti voleva vendere i fari e farne resort di lusso, Matteo Renzi invece puntava sulle caserme, Renato Brunetta presentò un maxi piano da 100 miliardi che mirava alla vendita di beni per 15-20 miliardi l’anno. Mario Monti annunciò un programma di dismissioni in grado di garantire l’1% di Pil. Tutti progetti rimasti sulla carta. Il problema è anche di gestione: gli edifici liberi che possono essere messi a gara immediatamente sono pochi, forse meno del 15% del totale, mentre il resto del patrimonio rende pochissimo perché affidato a privati a prezzi stracciati, oppure occupato da amministrazioni che potrebbero avere sede altrove.L’esecutivo del Conte I, poco prima che Matteo Salvini lo facesse cadere dal Papeete, aveva presentato un piano di dismissioni degli immobili pubblici che voleva generare introiti per le casse dello Stato per 1,2 miliardi di euro nell’arco di tre anni: 950 milioni nel 2019 e 150 milioni sia nel 2020 sia nel 2021.Quel piano non ha centrato tutti gli obiettivi, anche perché pensare di incassare subito quasi un miliardo si è rivelata un’aspirazione troppo ambiziosa.Il caso ScipL’unica grande dismissione in blocco di immobili è firmata da Giulio Tremonti e non è andata bene. La prima operazione parte nel 2001 con Scip srl (Società cartolarizzazione immobili pubblici) e il trasferimento in un fondo di 27.250 immobili residenziali e 262 immobili commerciali di proprietà di 7 enti previdenziali (Enpals, Inail, Inpdap, Inpdai, Inps, Ipost e Ipsema). Il pacchetto, valutato 5 miliardi, viene offerto al mercato per 3,8 miliardi. L’andamento dei ricavi è stato buono e ha consentito a Scip di rispettare le tempistiche previste e completare il rimborso integrale dei titoli emessi. Alla vigilia della liquidazione della società (marzo 2009), il saldo risultava pari a 1,4 miliardi di euro. Tuttavia, spiega l’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica, «l’esito complessivo di questa prima operazione è dovuto in gran parte al fatto che gli immobili coinvolti erano già stati inseriti in due precedenti programmi di dismissione». Non fu così per Scip2, un intervento avviato nel dicembre 2002 con la cessione da parte degli stessi enti previdenziali pubblici di 53.241 immobili residenziali e 9.639 immobili commerciali, per un valore di offerta pari a 7,8 miliardi. Alla fine sono rimasti invenduti immobili per 2,2 miliardi di euro e in aggiunta lo Stato ha dovuto estinguere un buco da 1,7 miliardi.Le aste del DemanioCon il piano Conte del 2019 l’Agenzia del Demanio ha giocato un ruolo da protagonista e oggi amministra un portafoglio di 43 mila beni per un valore di 62 miliardi di euro. Il Demanio pubblica bandi e mette all’asta per cittadini e investitori immobili di ogni tipo. Basta andare sul sito dell’Agenzia e si trovano annunci e foto, come fosse un’agenzia immobiliare. Nella lista online ci sono appartamenti, garage, ville, ma anche stabilimenti industriali dismessi, terreni agricoli, capannoni, ex conventi o rifugi antiaerei, posti auto e così via.Al fianco del Demanio opera Invimit, società partecipata dal ministero dell’Economia che gestisce la dismissione di immobili conferiti ai fondi.L’esperienza insegna che è impossibile vendere il patrimonio in blocco, è un’operazione lunga e complessa, anche perché spesso gli immobili non sono molto attraenti per il mercato. La via maestra per il taglio del debito – come peraltro raccomanda l’Europa – resta la crescita, unita alle riforme e al calo della spesa.