Tuttolibri, 9 dicembre 2023
Il mistero dei cosmetici
miriam massoneDi Beatrice Mautino vorresti averne una versione lillipuziana, da tenere nella borsetta, a portata di shopping: la scienziata che si auto-definisce «divagatrice», poetizzando sul suo ruolo di divulgatrice, dispensa consigli come il Grillo Parlante ma con il tono carezzevole da Fata turchina. I suoi libri sui cosmetici, sempre in testa alle classifiche, sono saggi, manuali, guide, con la grafica pop e gli schemi didascalici, divertenti da consultare. Dal 2015 Mautino prende per mano i lettori e fa orienteering nel reparto dei prodotti di bellezza, con quella sabauda pacatezza – è di Ivrea, nel Torinese – che non ti fa sentire mai sgridata ma compresa: insomma, non è colpa nostra se pensiamo davvero che un fondotinta possa toglierci 10 anni, ma terminate le 280 pagine de La scienza dei cosmetici (editore Gribaudo) non ci cascheremo più.Se le dici che è la versione femminile di Dario Brassanini (con il quale ha anche lavorato) non si offende, anzi: «Mi lusinga: io ho raccolto la sfida di un’amica che mi suggerì proprio di imitarlo, ma nel campo della cosmesi». L’obiettivo del suo bestseller è dichiarato: «Non potendo costruire davvero la mia profumeria ideale ho pensato di farne una virtuale nella quale trovare finalmente i prodotti organizzati con razionalità».Si narra che sia stata proprio la frustrante ricerca di un trucco tra le corsie del supermercato a farle venire l’idea di un libro su questo tema...«È così. Tutto è cominciato nel 2016: avevo già scritto un testo sull’alimentazione e l’agricoltura. Ero ossessionata dalle etichette e avevo notato che, mentre sui cibi ormai c’erano molte più informazioni, sui cosmetici restavano troppe lacune».Quelli erano gli anni dei «non contiene» e dei «senza»...«Gli alimenti erano tutti “senza olio di palma”, e i trucchi “senza parabeni"».Cosa la turbava in particolare?«Mi sentivo persa, non sapevo cosa comprare. La scelta era incredibile ma organizzata male, ogni marca proponeva lo stesso cosmetico ma con narrazioni completamente differenti».Com’è andata a finire?«Sono uscita acquistando tantissime creme e trucchi e senza aver risolto nulla. Così ho deciso di mettermi a studiare».Scuola di trucco?«No, io ho una formazione scientifica ma non sono una cosmetologa e questo mi ha aiutata, perché non sono direttamente coinvolta e riesco ad essere più obiettiva, a mettermi davvero nei panni della consumatrice spaesata».Ci sveli, allora, i tre pilasti a cui aggrapparci per non naufragare in un mare di creme e rossetti..«Il primo mantra è questo: il prezzo non è sinonimo di qualità. Le grandi griffe delegano circa la metà della produzione a ditte “terziste”, cioè aziende che hanno nomi sconosciuti ai più e che fabbricano i trucchi un po’ per tutti, per i marchi low cost ma anche per le maison dell’alta moda. Per altro la maggior parte si trova in Italia, concentrata soprattutto nella zona attorno a Crema (ironia della sorte) e serve un terzo del mercato mondiale».Dunque perché una crema, con la minuscola, al supermercato costa 2 euro e se “griffata”, invece, 200?«Incidono il posizionamento della griffe sul mercato, la sua fama, il packaging. Per i cosmetici non vale il detto “più costa, meglio è"».Il secondo dogma...«Eccolo: non affidatevi alla lista degli ingredienti, non è sufficiente per capire se un prodotto è valido, come succede invece in altri settori. Bisognerebbe, infatti, conoscerne quantità e dosaggio. È come leggere gli ingredienti di due crostate: in entrambe ci sono farina burro zucchero e uova, ma poi una è buona e l’altra no».Con il terzo pilastro può rassicurarci almeno un po’?«Certo, è importante tenere a mente che tutti gli ingredienti autorizzati al commercio in Europa sono sicuri, mentre il consumatore molte volte ha timori infondati. Una delle domande che mi viene fatta più spesso, ad esempio, è: “Cosa può farmi male?”.Come dar torto, però, al povero e spaventato acquirente. Basta leggere cosa contiene un mascara: gomma, cellulosa, fibre di nylon, glicerolo: non le fa paura?«No, perché so che sono stati fatti tantissimi test per valutarne la sicurezza. Io non mi spavento di nulla, penso che se un trucco è in vendita vuol dire che non può nuocermi».Cosa ha scoperto di inaspettato nei suoi studi sui cosmetici?«La figura del colorista, esiste solo in questo settore. In genere è un chimico, ma ha in dote una sensibilità particolare. Ad occhio corregge le formule, miscela i pigmenti ed è insostituibile: hanno provato a creare i colori con le macchine ma non ci sono riusciti. Molti grandi marchi hanno il proprio colorista di fiducia, di cui sono gelosissimi. Lui è quello che rende tutto un po’ magico».Lei è molto impegnata a smascherare pubblicità ingannevoli: di quale battaglia (vinta) è più fiera?«Quando ho iniziato io a scrivere non eravamo in molti, ora i divulgatori scientifici, anche sui social, sono tanti e preparati, e anche le aziende investono in progetti di comunicazione. Questa per me è già una vittoria. Quest’anno, poi, sono stata invitata al Cosmoprof di Bologna per una plenaria con le aziende cosmetiche, prima non sarebbe mai successo».Più concretamente?«Ho raccontato di come l’henné fosse meno sicuro delle tinte “chimiche”. Evidentemente non era così risaputo, perché ho scatenato molte reazioni: qualche azienda si è arrabbiata, ma altre hanno iniziato a informare meglio e con più attenzione i consumatori. In un’altra occasione ho “smascherato” una cipria che, secondo il marketing, conteneva protezione solare, ma non era vero e alla fine l’azienda ha tolto il prodotto dal mercato».Ha inventato una nuova categoria di ingredienti, gli “emozionali": quali sono?«Quelli che non hanno nessun ruolo effettivo in un cosmetico, ma vengono aggiunti alle formule perché creano un certo immaginario, suscitano determinate emozioni e servono a presentare il prodotto come diverso da quello dell’anno precedente, anche se in realtà resta identico».Un esempio?«Lo shampoo con la proteina della seta o ai germi di grano o all’olio di avocado».Vuol dire che in realtà non esiste nessuna proteina della seta?«Voglio dire che la quantità è talmente poca da non avere alcun effetto reale, se non quello di innescare la curiosità. Leggi “Ecco la nuova linea di shampoo con olio di tamanu” e sei portato a comprarlo».A questo punto possiamo disilluderci. Mautino, sfatiamo i falsi miti. Il siero antirughe al veleno di vipera esiste davvero?«No, è un peptide sintetizzato in laboratorio».Il burrocacao crea dipendenza: vero o falso?«Falso, è una credenza diventata virale su TikTok. Si rifa alla parodia di una comica statunitense che nel 1993 prese in giro la campagna pubblicitaria di una nota marca di burrocacao in cui si raccoglievano testimonianze di gente che non riusciva a farne a meno».In commercio c’è un rossetto che, si dice, cambia colore con l’umore: è possibile?«No, lo cambia con il Ph. Contiene, cioè, un indicatore acido-base. Succede come con il cavolo rosso: se si fanno bollire le foglie, si otterrà un’acqua blu scuro».È vero che se si tagliano i capelli durante la luna piena poi ricrescono velocemente e più forti?«Purtroppo i capelli non si accorgono se la luna cresce o cala».Ma il meteo incide sulla piega...«Quello sì».E se stacchi un capello bianco ne ricresceranno altri sette...«Oh no, ne ricrescerà uno solo, ma sempre bianco».Lei sostiene che la “skincare”, specie quella coreana, sia ansiogena: perché?«Ha un approccio troppo medicalizzato: impone un certo ordine nell’applicare i cosmetici, il rispetto delle dosi e dei tempi come si farebbe con un antibiotico. Ti raccontano che diventi bella se segui rigidamente questa routine, esasperando il fatto di essere “ok” solo se sei all’altezza di una certa perfomance. Nel momento in cui non vedi i risultati – e non puoi vederli perché tutti i prodotti hanno un’azione temporanea – scatta la delusione e il senso di colpa: dove ho sbagliato? Ma così viene meno il piacere, che dovrebbe essere invece alla base di qualsiasi momento dedicato alla cura di sé».Ci aiuti a farci trovare preparate: quale sarà il nuovo ingrediente tormentone?«Sta tornando di moda il retinolo: in realtà non è nuovo, ma prima era indirizzato alle donne più avanti con l’età. Ora invece si reclamizza anche per le ragazze più giovani».La prima manicure della sua vita – scrive nel libro – l’ha fatta un anno fa in occasione di un matrimonio. È ricapitato?«No, mai più».È stato così traumatico?«In realtà lo smalto l’avevo messo soltanto ai piedi, perché mi fa impressione vedermi le unghie delle mani colorate. L’esperienza è stata piacevole, ma non riesco proprio a inserirla nella mia lista delle abitudini».Dopo i cosmetici, ha in cantiere un’altra famiglia di prodotti da “vivisezionare”?«Per ora no, voglio dedicarmi alla promozione de “La scienza dei cosmetici” e curare il mio podcast. Scrivere questo libro mi ha convinta a riaprire il mio canale YouTube, sul quale ho investito molto. È uno strumento che mi piace perché riesco ad esprimermi bene e il riscontro è positivo».Come mai una laureata in Biotecnologie ha deciso di diventare una scrittrice?«Non era previsto: io volevo fare la scienziata, ma mi è sempre piaciuto raccontare la scienza più che praticarla. Quando era una dottoranda in Neurobiologia mi candidavo sempre a gestire i banchetti nella notte dei ricercatori perché mi piaceva parlare con la gente. Ad un certo punto occuparmi di scienza pura mi è sembrato troppo stretto, ero iper-focalizzata sulla piccola proteina del cervello dei topi e volevo invece vedere le cose dall’alto, ampliare lo sguardo».Qual è la principale urgenza dei suoi (tanti) fan oggi?«La domanda ricorrente è: Beatrice, cosa dobbiamo comprare?»Insomma, la usano come una personal shopper…«Esatto, oppure mi chiedono cosa c’è di vero quando cominciano a circolare notizie allarmistiche, ad esempio su trucchi potenzialmente cancerogeni».A questo punto, deve svelarcelo: cosa contiene la sua trousse?«Purtroppo mi sono tornati i brufoli, perché sto attraversando un periodo stressante, dormo male e la pelle ne fa le spese, quindi ho detergente e crema specifici, una lozione da applicare sul brufolo, e poi i trucchi: il fondotinta lo uso anche io, come il mascara, l’ombretto e il rossetto».Ha eliminato qualche trucco dopo aver guardato al microscopio composizioni e ingredienti?«No, anzi. Da quando mi occupo di questo, compro molti più prodotti. Infatti, le mie finanze ne hanno risentito».Di fronte alla sua smisurata esperienza viene da pensare che lei sia stata già da bambina molto attratta da lucidalabbra e ombretti: quando ha iniziato a truccarsi?«Tutto il contrario: da piccola non ero affatto affascinata dai cosmetici. Ho iniziato a truccarmi tardissimo, a 30 anni».