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 2023  dicembre 08 Venerdì calendario

L’altra Scala di Meloni alla mensa dei poveri


MILANO – Quest’anno si cambia e si torna nazionalpopolari: non gli ori e gli stucchi della Scala come nel 2022, appena eletta presidente del Consiglio e accompagnata dall’ex compagno Andrea Giambruno, ma le renne di plastica e i bimbetti vestiti da Babbo Natale nel padiglione uno del Portello. Niente velluti e abiti da sera disegnati apposta per la prima del Don Carlo, ma le strette di mano ai profughi, i selfie con i senzatetto, gli abbracci con gli orfani ucraini dagli sguardi diafani; un intermezzo ostentatamente sociale tra due eventi più politici nelle vesti della capo del governo che porta il “suo” regalo di Natale a due regioni amiche di centrodestra, la Lombardia e il Piemonte, cioè il patto di coesione e svariati centinaia di milioni (di fondi europei). E quindi per Giorgia Meloni ieri era stata apparecchiata la festa di un’altra Milano, quella molto meno solvibile e appariscente invitata al grande pranzo solidale offerto da Fondazione Fiera e Progetto Arca, onlus che si occupa di grave emarginazione. Una “contro-Scala” forse per marcare una distanza dall’evento ufficiale, anche se un po’ diversa dai soliti e meritori pasti solidali: niente tavolate spartane in periferia e niente pentoloni; ma lucine, piatti in porcellana perfettamente allineati, tovaglie d’organza, bicchiere in cristallo e pranzo stellato per accogliere più che altro lei, il presidente del Senato, il sindaco, l’arcivescovo, due ministri; certo sì a beneficio di oltre 500 nullatenenti increduli per la generosità sicuramente spontanea di sponsor e finanziatori di una giornata che non ha precedenti nella cosiddetta “capitale morale”, almeno in questa sede e in queste dimensioni. Nell’ex ospedale in Fiera di pandemica memoria, sterminato padiglione allestito come detto a gran festa, gli ospiti avevano gli occhi spalancati, tanti con i bambini al collo, le stampelle per sorreggersi, i cappotti un po’ lisi, «ma tanta emozione, un pranzo così nemmeno il giorno di Natale l’avrei potuto avere», diceva addirittura in lacrime la signora Bettina, rimasta senza casa dopo la perdita del lavoro e di un figlio che l’aiutava, accolta in un alloggio pubblico nella periferia di Baggio. Con la signora Bettina Meloni si è intrattenuta a lungo, quando è finito il concerto di benvenuto dell’Accademia della Scala. Tanti erano quelli che si volevano fare lo scatto abbracciati al suo golfino rosa che “Giorgia” quasi non riusciva a prender posto e ad assaggiare l’antipasto di salmone in crosta realizzato dallo chef Andrea Berton, il sartù di riso di Andrea Aprea, nonché il cappone ripieno di Cesare Battisti e la torta Mimosa con salsa di cioccolato di Enrico e Roberto Cerea. Alla fine ha preso posto, accanto al presidente di Fondazione Fiera Enrico Pazzali, davanti a due ex clochard che dormivano all’aeroporto di Linate e a una famiglia di sfrattati che oggi vivono in comunità a Mirasole. Intanto Matteo Salvini veniva intrattenuto dal presidente di Arca, Alberto Sinigallia, che gli mostrava i richiedenti asilo: «Vedi? Sono famiglie con bambini, non pericolosi criminali». Non è dato sapere se abbia afferrato il messaggio.
Prima e dopo, spazio all’affettuosa attenzione della primo ministro verso le due Regioni con le firme del patto. Al mattino sempre in fiera, al pomeriggioad Asti. Due progetti quasi fotocopia e infatti quasi fotocopia sono stati anche gli interventi della presidente del Consiglio per spiegare alle due platee di cosa si trattasse, cioè «un nuovo strumento che consente alle Regioni di fare le loro proposte e a noi di inserirle in un quadro complessivo anche in rapporto alle risorse del Pnrr».
Per Meloni un’ottima occasione per dipingersi umile statista, con frasi a effetto tipo «a me non piace annunciare cose che non ho fatto, c’è tanto lavoro nell’ombra che neanche appare...», oppure «tanti mi dicono che dovremmo comunicare di più, la gran parte del tempo che io ho lo voglio spendere a fare cose, non a fare finta di farle». Governare la Rai, avere Mediaset amica e un bel po’ di giornali fiancheggiatori non basta quindi a comunicare con dovizia l’indefesso lavoro per «ricostruire la nazione». Ad Asti ad attenderla, tenuti a debita distanza dalle forze dell’ordine, c’erano una cinquantina di contestatori della sinistra, bandiere rosse, arcobaleno e della Palestina. Dentro il teatro invece c’era il pienone istituzionale e di partito, con 400 sindaci piemontesi e i vari assessori regionali in trance agonistica da elezioni in arrivo. Il quadro della presidente infaticabile ma umana, bisognosa di visitare il mercatino di Natale in piazza «per sentirmi come tutti gli altri», si è arricchito infine con la rassicurazione sul Covid: «Sono sempre preoccupata per tutto quello che può accadere e monitoro ogni cosa», insomma per fortuna Meloni veglia su di noi tutti.