Corriere della Sera, 8 dicembre 2023
Le tradite
Ilary Blasi ha raccontato di essersi appostata fuori dalla casa in cui Francesco Totti frequentava Noemi Bocchi, arrivando ad assoldare un investigatore privato per avere le prove del tradimento che ormai aveva scoperto da sola. Lo spiega nel suo documentario, Unica, che però forse dovrebbe chiamarsi Una di noi. Perché negli ultimi tempi sono tante le donne che – lontane anni luce da antichi pudori – scelgono non solo di rompere il tabù del tradimento subìto, ma di sviscerarlo pubblicamente e nel dettaglio, senza il timore di inabissarsi non solo nelle dinamiche di una coppia, ma anche nei particolari che ne hanno portato alla rottura.
Tutto viene reso pubblico. Conversazioni di WhatsApp, spostamenti sospetti, telefonate. Belén Rodriguez a Domenica In ha detto di averne fatte almeno dodici, perché tante sono state le «signorine», ha svelato, con cui l’ha tradita Stefano De Martino. Victoria Beckham, nella serie dedicata a suo marito, ha ripercorso l’anno in cui i giornali raccontavano di come lui, in Spagna, la stesse tradendo. «Se ho provato rancore nei confronti di David? Se devo essere sincera, sì», dice rispondendo all’intervistatore. Aggiungendo: «Eravamo uno contro l’altra, è stato il periodo più infelice della mia vita».
Nella prima puntata del suo podcast, Shannen Doherty ha svelato di aver scoperto che il marito la tradiva il giorno dell’operazione per il tumore al cervello. Ha voluto sapere tutti i dettagli e ha anche parlato con l’altra donna. E poi c’è Shakira, che nell’ultimo anno ha cantato a più riprese la sua rabbia per il tradimento del marito Piqué, attaccando non solo la nuova compagna ma anche gli ex suoceri e prima di lei c’era stata Beyoncé, che nel 2016 aveva dedicato un intero album, Lemonade ai tradimenti di Jay-Z. Donne di successo. E donne tradite. Ma che non lo nascondono, preferendo raccontare al mondo intero di esserlo, con l’inatteso risultato di uscirne apparentemente più forti e fiere. Come se la cronaca del tradimento diventasse la manifestazione di un nuovo potere: quello di far sentire la propria voce. Parlare, spiegare, raccontare a quante più persone possibili il proprio punto di vista.
Si è detto tanto, si è detto poco, si è detto sbagliato. E ora in tante vogliono dire la loro. «È in atto una sorta di equiparazione dei sessi», spiega il sociologo Giuseppe De Rita. «Un tempo l’uomo parlava dei suoi tradimenti al bar, ma se poi li subiva scatenava l’inferno. Nell’ultimo decennio c’è stata una convergenza nella qualità dei comportamenti e quindi uomini e donne fanno lo stesso». Con la differenza, si direbbe, che alle donne, anche a quelle pubbliche, viene spesso chiesto il contrario, cioè di stare zitte. Per il bene della famiglia, dei figli, dell’amore che un tempo c’è stato. «L’omertà non serve a proteggere niente, tantomeno la famiglia – assicura Nada Loffredi, psicologa e sessuologa —. Se è vero che non si può essere risarciti attraverso il racconto del tradimento, potrebbe però rivelarsi un meccanismo di reset».
Il tradimento è per tutti una ferita dell’anima, ma «nella mia pratica clinica le donne, sia che l’abbiano subito o perpetrato, ne fanno un’occasione per rivedere il sistema di coppia. Gli uomini sono sicuramente più omertosi e tendono, se sono loro a tradire, a banalizzare: per noi è diverso, sono cose che succedono, non era niente di grave. Ecco, non è così. Di diverso, in termini generali, c’è solo l’approccio». I retaggi del patriarcato, piaccia o no, si fanno sentire. E se da una parte queste donne note e vincenti hanno raccontato guardando dritte in camera la sofferenza provata nello scoprirsi tradite, abbassando lo sguardo sui commenti scritti sui social, in molti le colpevolizzano per averlo fatto a discapito dei figli. Colpa non del tradimento, ma loro che lo raccontano.
«La reputo una grande fesseria – prosegue Loffredi – Il peggiore dei mali per i figli è tenere dei segreti piuttosto che esplicitarli. È più condannabile una famiglia che nasconde delle verità: i bambini percepiscono il vuoto e lo riempiono con la loro fantasia». Non è di questo parere la psicologa e sessuologa Valeria Randone: «Parlare pubblicamente di un tradimento non è un segno di forza ma di fragilità: chi non è riuscito a elaborare un tradimento cerca di trarne un vantaggio secondario, che nel caso delle donne celebri che ultimamente si sono esposte è cercare empatia, solidarietà. Ma dare in pasto a tutti il proprio privato è un segno di debolezza».
Come lei la vede lo psichiatra Paolo Crepet: «Continuo ad avere un’idea piuttosto sacra del pudore: per me non è autocensura, ma impedire che una dimensione intima della nostra vita diventi social, altrimenti tutto sconfina nel voyerismo e il tentativo di guarire una ferita può trasformarsi in vendetta».