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 2023  dicembre 08 Venerdì calendario

Omicidio della vigile Laura, massimo della pena per le due figlie e il loro amante

Per l’omicidio della vigile Laura Ziliani l’8 maggio del 2021 a Temù, nel Bresciano, la Corte d’assise ha condannato all’ergastolo le due figlie Paola e Silvia, 21 e 29 anni, e Mirto Milani, 29, fidanzato della prima e amante della seconda. La donna fu avvelenata e strangolata nella sua abitazione, poi sepolta lungo l’argine dell’Oglio che ne restituì il corpo tre mesi dopo, al passaggio di una piena. Per i tre, impassibili alla lettura del verdetto, anche sei mesi di isolamento diurno.
Brescia Impassibili. Solo la più piccola dei tre, Paola, ha tradito un accenno di sgomento dopo la lettura del dispositivo che ha inflitto al «trio criminale» il massimo della pena. Come chiesto dal pm Caty Bressanelli, la Corte d’assise di Brescia ha condannato all’ergastolo Silvia e Paola Zani (sorelle di 29 e 21 anni) e Mirto Milani, compagno della prima e amante della seconda, per l’omicidio aggravato di Laura Ziliani: la ex vigile di Temù, in Alta Valcamonica, e impiegata comunale a Roncadelle, nel bresciano, è stata uccisa nella notte tra il 7 e l’8 maggio del 2021 in quella casa di montagna in cui andava nei fine settimana per concedersi le escursioni in quota che tanto amava: «È uscita e non è più tornata» avevano detto le figlie, mentendo. E lasciando sola senza più una madre che si occupasse di lei – il padre morì travolto da una slavina nel 2012 – anche la sorella mezzana, Lucia, affetta da disabilità.
«Volevamo proteggerla, eravamo convinte che nostra madre ci volesse avvelenare tutti, che fosse diventata un mostro. Ci credevamo davvero e abbiamo sbagliato» hanno detto Silvia e Paola, durante l’interrogatorio fiume in aula, ipotizzando persino che potesse essere stato Mirto a simulare i tentativi criminali di Laura Ziliani. «Hanno più volte evocato i problemi della sorella, pensavano che ammazzare la mamma e non far sapere la verità potesse essere la cosa migliore: solo un modo per cercare di farla franca. Perché mai hanno pensato davvero al suo sostentamento» ha detto l’avvocato di parte civile che assiste Lucia, Piergiorgio Vittorini, dopo la sentenza. Per lei la Corte ha stabilito una provvisionale immediatamente esecutiva da 200 mila euro, altri 100 mila per la signora Marisa, anziana mamma di Laura Ziliani e 50 mila a ciascuno dei suoi due fratelli, Massimo e Michele, che hanno preferito allontanarsi dal Palagiustizia senza rilasciare dichiarazioni. Così come i tre difensori.
Quel fine settimana di magio, due anni fa, le ragazze avevano invitato Laura per la festa della mamma. Con una torta appositamente preparata: uno dei muffin era pieno di benzodiazepine. Una volta a letto, inerme, l’hanno raggiunta e le hanno messo le mani al collo. Poi l’hanno trasportata in auto lungo l’argine del fiume Oglio, a poche centinaia di metri da casa, per seppellirla nella buca scavata giorni prima: il corpo fu trovato tre mesi dopo.
Ci avevano già provato il 16 aprile, a uccidere Laura, con una tisana sempre alle benzodiazepine. Ma poi si erano fermati. La Corte ha riqualificato l’episodio da tentato omicidio a lesioni aggravate. Quella volta fu Mirto, a desistere. Il primo che mesi dopo l’arresto (scattò il 24 settembre 2021) crollò e alla fine, nonostante le bugie e i depistaggi, confessò l’omicidio a un compagno di cella, costringendo le ragazze a fare lo stesso dopo la chiusura indagini. «Il trio», a un certo punto, non è esistito più. Le sorelle Zani avrebbero ucciso spinte dall’odio verso una madre giudicante che non le avrebbe mai amate davvero (per le parti civili il movente invece è economico), ma quella «nuova famiglia» a tre, isolata da qualsiasi rapporto sociale e fatta di una dipendenza reciproca assoluta e ossessiva, alla fine, non ha protetto nemmeno loro.