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 2023  dicembre 08 Venerdì calendario

Intervista a Paolo Crepet


Lo psichiatra: «Della prima volta ricordo tutto ma non chi fosse la mia partner». «La gelosia? Un sentimento medievale che non appartiene né a me né a mia moglie»
Ascolta l’articolo7 miniNEWCrepet, andiamo subito al dunque?
«Andiamoci».
Racconti la sua prima volta.
«E chi se ne ricorda?».
Andiamo, tutti ci ricordiamo la prima volta.
«Ma anche io me la ricordo, nel senso dello svolgimento, ma non ricordo con chi».
Ma almeno era amore?
«È sempre amore per me. Difficilmente mi perdo in cose inutili. O almeno lo facevo, oggi ho 72 anni e sono serenamente sposato».
Sua moglie, Cristiana Melis, proprio sulle pagine del nostro giornale, ha confessato di non essere una delle centinaia di fan che affollano le sue conferenze da migliaia e migliaia di persone.
«Cristiana è così e io la amo anche per questo. Mi ha sempre attratto l’originalità, la persona che fa la differenza, chi non si omologa. Ma nel mio caso era una necessità».
Perché?
«Famiglia di antico casato veneziano, un avo che ha curato gli scritti di Baudelaire, un nonno artista e amico di Modigliani, un padre luminare della Medicina del Lavoro. Nulla era scontato, in casa, nulla era facile».
Una famiglia che pretendeva il massimo?
«Era il punto di partenza, mio padre non mi ha mai detto “bravo” nemmeno quando conseguii due lauree e la specializzazione in Psichiatria».
Quando ha finalmente capito che suo padre la apprezzava?
«Al suo funerale, perché me lo confidò un amico di famiglia. Capii allora che cosa è l’understatement».
E sua madre?
«Anche lei l’ho capita davvero nel giorno del suo funerale. Alla cerimonia cominciarono ad arrivare donne che non conoscevo, che addirittura non avevo mai visto».
E chi erano?
«Erano le donne che mia madre aveva aiutato nel centro anti-violenza da lei fondato e del quale io non avevo mai saputo nulla».
Perché la persona più cara al mondo le ha tenuto nascosta una cosa simile, così nobile?
«Perché c’era una sorta di patto tacito tra me e lei: mia madre non si intrometteva nelle mie scelte e io mi tenevo alla larga dalle sue. Era un rapporto di rispetto reciproco, quello che oggi manca nella maggior parte dei legami tra genitori e figli».
Oggi i genitori trattano i figli con troppa indulgenza?
«Qualche volta si mettono in ginocchio davanti a loro».
Lei si è mai inginocchiato davanti a una donna?
«Mai, anche perché lo troverei ridicolo. Al massimo mi sono fatto trovare al binario con la torta di compleanno per accoglierla mentre lei tornava da un viaggio in treno».
Che cos’altro trova ridicolo in amore?
«Trovo ridicola la genitalità fine a sé stessa. Non mi eccita mai la visione genitale tout court, cerco sempre, o meglio cercavo, un eros più profondo».
Si spieghi meglio.
«Mi eccita di più una donna vestita che una nuda».
L’essenziale è invisibile agli occhi.
«Un gioco di testa, un gioco di sguardi, un gioco. Ma non fatemi ridere, per favore».
Le è mai capitato?
«Che cosa?».
Di mettersi a ridere in una situazione vagamente erotica?
«Una volta, a New York, ormai decenni fa, ero ospite di amici. Aperitivo, discussioni intellettuali, cena. Poi ho capito che la serata stava prendendo una piega diversa».
Aria di giochi spinti?
«Si stava formando un’orgia. Sono scappato».
E perché?
«Perché mi veniva da ridere».
Vabbé, è l’America, la licenza erotica, i personaggi di Philip Roth...
«Ma guardi che io ho letteralmente girato il mondo per le mie ricerche, dunque ne ho viste di cose. Non tutti sanno che io sono stato in India a studiare i costumi delle comunità rurali. A Toronto con venti gradi sotto zero, a Chandigarh arsa dal sole alle pendici dell’Himalaya, in periferie londinesi sporche e nebbiose o in quelle ancor più pericolose di Rio de Janeiro».
Il dipinto più erotico che lei abbia mai visto?
«La Resurrezione di Piero della Francesca, che si trova a Sansepolcro. Ma ha visto che rosa che usava? Che colori, che forme, che vita».
E ce lo racconta un flirt? Una cosa innocente, un lampo d’estate.
«Millenovecentosettantasei. Una giovane infermiera di Bonn, che conobbi su un’isola greca».
C’era una canzone di Claudio Bisio e Elio e le Storie Tese, «Rapput», che parlava di amorazzi su un’isola greca.
«Era l’isola di Ios, splendido posto delle Cicladi, dove c’è un bellissimo cimitero. Ci scambiammo lì il primo bacio».
Al camposanto?
«La radice del Romanticismo è tutta lì».
Si innamorava spesso da ragazzo?
«No, sono serio. Ho sempre scelto con oculatezza gli amori, anche quelli adolescenziali. Ma c’era un problema».
Quale?
«Mi credevo figo, molto figo, molto più figo di quello che ero».
Dunque la mollavano spesso?
«Non spesso, ma è successo».
Mi racconti un addio, possibilmente originale.
«Una volta, ero giovanissimo, una delle mie fidanzate mi lasciò scrivendo sullo specchio del bagno, con il rossetto, “ça suffit”».
Cioè «basta».
«Letteralmente».
Professore, lei è geloso?
«No, decisamente no e nemmeno mia moglie lo è. Voglio essere molto chiaro su questo punto. Come purtroppo la cronaca ci riporta praticamente ogni giorno, la gelosia e il possesso possono essere all’origine di cose tremende. Per me la gelosia è un sentimento medioevale».
Lei ha una figlia, Maddalena. Quando la sua ex compagna le annunciò che sarebbe diventato padre che cosa ha provato?
«Un forte senso di incredulità, oltre che, naturalmente, una grande gioia. Come le ho raccontato, la mia famiglia aveva un’impronta molto seria, molto rigorosa. E così io mi ritrovai a fare il padre, cioè a rivestire una figura che fino a quel momento avevo analizzato come psichiatra e come figlio, dunque da due prospettive molto distanti».
Mai attratto da un uomo?
«No, mai».
Una donna che l’ha sorpresa o, meglio, che l’ha stupita?
«Uh, sì, ce l’ho. In uno dei miei numerosi soggiorni all’estero per studio, conobbi una bellissima e intelligente ragazza olandese, una che mi ha sorpreso due volte. La prima quando la vidi esibirsi sul palco come graffiante cantante rock e la seconda quando mi portò a conoscere suo padre. In soggiorno vidi una moneta antica olandese, pensai fosse un collezionista. No, suo padre era il presidente della banca dei Paesi Bassi. Il punto è che lei abitava in una camera ammobiliata e facevamo fatica a riscaldarci. Fu una grande lezione genitoriale: ai figli non si deve dare sempre la pappa pronta, qualche volta bisogna permettere loro di conquistarsi il futuro»