La Stampa, 8 dicembre 2023
Putin sta vincendo
L’Occidente è arrivato al capolinea della sua attuale strategia sulla guerra in Ucraina, in atto sin dall’inizio dell’invasione russa su larga scala quasi due anni fa. È stata una strategia mirata a evitare che l’Ucraina perdesse la guerra, ma mai fino al punto di farla vincere (se per vincere si intende la liberazione di tutti i territori occupati dalla Russia, o perlomeno il ritorno allo status quo pre-24 febbraio 2022). A parole, i leader occidentali parlano di un sostegno a Kyiv “per tutto il tempo necessario”, ma nei fatti gli aiuti militari all’Ucraina, per quanto efficaci nel permettere all’Ucraina di difendersi, sono stati spesso troppo pochi e sono arrivati al fronte troppo tardi, dai dibattiti infiniti sui carri Leopard l’anno scorso, a quelli sui sistemi missilistici statunitensi ATACAMS, oppure l’attuale diatriba sui missili a lungo raggio tedeschi Taurus. Per dare un parametro concreto: ad oggi l’Europa intera ha fornito all’Ucraina circa 300mila munizioni, ossia quanto mandato dalla sola Corea del Sud a Kyiv, e più o meno quanto dato dalla Corea del Nord (notoriamente tra gli Stati più sanzionati al mondo) a Mosca. Quella europea non è esattamente una cifra impressionante, trattandosi di 27 Stati tra i più ricchi al mondo, schierati a sostegno dell’indipendenza di uno Stato sul loro stesso continente.Se si mantenesse lo stesso livello di sostegno militare visto negli ultimi due anni, però, non solo sarebbe improbabile una nuova controffensiva ucraina con possibilità di successo superiori alla precedente, ma aumenterebbe al tempo stesso pure il rischio che la Russia torni all’offensiva. Eppure, anche questi tiepidi livelli di sostegno sono adesso in dubbio. L’amministrazione Biden ancora non è riuscita a far approvare al Congresso un nuovo pacchetto finanziario di 100 miliardi di dollari, di cui circa 60 destinati a Kyiv; mentre in Europa, il premier ungherese Viktor Orbán, noto filorusso, ora minaccia di bloccare l’apertura dei negoziati per l’adesione dell’Ucraina all’Unione europea, così come un nuovo pacchetto di 50 miliardi di euro in aiuti economici e 20 miliardi in assistenza militare.C’è chi pensa che da questa “stanchezza” possa uscire qualcosa di buono, ossia un negoziato che porti a un compromesso tra Kyiv e Mosca, magari mandando a casa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Come spesso accade, sono opinioni che non tengono conto che, così come si è in due a ballare il tango, allo stesso serve l’accordo tra due parti per arrivare a un compromesso in un conflitto. E a questa soluzione il presidente russo Vladimir Putin non pensa proprio. Avendo riarticolato la sua narrazione nazionale della guerra da una bizzarra crociata contro i nazisti ucraini a una nuova guerra patriottica contro l’Occidente, Putin ha bisogno di uno stato di conflitto perpetuo per sorreggersi. Se dovesse finire la guerra, il regime sarebbe chiamato a fare i conti con centinaia di migliaia di morti, un’economia indebolita e un contratto sociale in frantumi. È un lusso che Putin, oltretutto a una manciata di mesi dalle presidenziali russe, non può permettersi. Credere che ci sarà un compromesso a breve è lunare.Diverso lo scenario tra un anno. Se Putin dovesse vincere la sua scommessa sul ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, sarebbe poi possibile che voglia ricompensare l’alleato con l’apparenza di un accordo. Ci ritroveremmo dunque con un’intesa tra Vladimir e The Donald, sopra la testa degli ucraini, così come di tutti gli europei. Naturalmente, per Putin, questo sarebbe soltanto una pausa temporanea: la guerra perpetua contro l’Occidente non può certo fermarsi. Il tempo necessario di riarmarsi e poi proseguirebbe la rincorsa dell’obiettivo rimasto invariato sin dall’inizio della guerra: il controllo di Kyiv. Ma con Trump alla Casa Bianca, perché non proseguire poi con la successiva casella, cioè la Moldavia e poi, magari, avventurarsi in territorio Nato, nei Baltici.È uno scenario fosco, e non necessariamente si realizzerà. Sono mille le variabili in gioco; e la più incerta è proprio quel che accadrà sull’altra sponda dell’Atlantico. Perché, mentre l’America può eventualmente scegliere di voltarsi dall’altra parte abbandonando l’Europa alla sua sorte, gli europei, Italia inclusa, questo lusso non ce l’hanno. Questo è il nostro continente, e la sicurezza dell’Ucraina, per non parlare di quella dei Paesi dell’est membri della Nato e dell’Ue, rimarrà parte integrante della nostra sicurezza in un’ Europa in cui la Russia purtroppo continuerà a rappresentare una minaccia. Parlare del rischio è doveroso, non perché questo scenario sia il più probabile, ma perché è quantomeno plausibile. Mitigarne le nefaste conseguenze assumendoci maggiore responsabilità per la sicurezza europea, a partire dalla difesa, dall’allargamento, e dalla riforma del funzionamento dell’Ue, inclusi i suoi processi decisionali e le sue risorse, è quantomeno un atto di responsabilità.