la Repubblica, 7 dicembre 2023
“Ehi John”, poi cinque colpi. Una docuserie rivela gli ultimi istanti di Lennon
«Non so spiegare perché sono qui. So solo che dovevo esserci». Le parole di una fan che la notte dell’8 dicembre 1980 è rimasta di fronte al Dakota Building, a Central Park, a piangere dopo l’assassinio di John Lennon racconta tutta la disperazione di un dolore che ha trafitto intere generazioni. Quella notte ha cambiato tutto, per sempre.
Della follia dell’omicida, Mark David Chapman, all’epoca venticinquenne, e delle modalità di quell’assurdo assassinio si sapeva già molto. Ma non tutto. Murder without a trial è la nuova serie disponibile su Apple Tv+ che ricostruisce nel dettaglio la notte dell’omicidio e i giorni successivi, con la voce narrante di Kiefer Sutherland. Con il materiale raccolto grazie al Freedom of Information Act, ovvero la legge sulla libertà di informazione che prevede la declassificazione di documenti dopo un certo numero di anni, la serie diretta da Nick Holte Rob Coldstream mette insieme elementi inediti che offrono una ricostruzione dettagliata di quel tragico evento. Parlano investigatori, medici, poliziotti ma i racconti più toccanti sono quelli degli addetti alla concierge del Dakota e del personale ospedaliero che cercò di prestare soccorso a Lennon ormai agonizzante. A cominciare da Jay Hastings, il portiere del Dakota che fino a oggi non aveva mai voluto raccontare quella drammatica esperienza: «Mi passa davanti. Fa: “Mi hanno sparato”. Il sangue gli usciva dalla bocca. È crollato a terra. L’ho fatto rotolare sulla schiena e gli ho tolto gli occhiali, mettendoli sulla scrivania. E Yoko urlava: “Chiamate un’ambulanza, chiamate un’ambulanza, chiamate un’ambulanza...”». La concitazione, lo stupore, il trasporto in ospedale dove Lennon arrivò in fin di vita e trovò il disperato supporto di una incredula infermiera che era una sua fan. Non era certo l’unica: le immagini della veglia improvvisata davanti all’ingresso dell’edificio dove viveva l’ex Beatle raccontano di un’epopea interrotta all’improvviso da cinque colpi di pistola sparati dopo un interminabile appostamento. Chapman si era già avvicinato a Lennon ore prima, confondendosi con i gruppi di fan chestazionavano regolarmente di fronte all’ingresso del Dakota. Uno dei portieri lo aveva notato e gli aveva chiesto il motivo di quella sua permanenza: «Vorrei un autografo di John Lennon». Rimase lì fino al ritorno di John dallo studio di registrazione: era appena rientrato sulle scene con l’albumDouble Fantasy e, come spiegano i suoi collaboratori, era nuovamente felice. La serie offre le testimonianze, tra le tante, dell’avvocato della difesa, della psichiatra che per prima valutò Chapman, uno psicopatico che si era convinto che Lennon avesse tradito i suoi ideali, di un tassista che aveva accompagnato una coppia che doveva andare a una festa proprio al Dakota e che si trovò ad assistere casualmente all’omicidio.
«Nessuno ha mai dato una possibilità alla pace, tranne Ghandi e Martin Luther King», dice Lennon in un filmato di repertorio, «e hanno sparato a entrambi». Chapman aveva in mano una copia diDouble Fantasy. «Ehi, mister Lennon». Cinque colpi. Erano le 22.51.Poi si è scusato con i poliziotti: «Vi ho rovinato la serata».