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 2023  dicembre 07 Giovedì calendario

Intervista a Giuseppe Conte

Un’azione coordinata in Parlamento. La prima dell’opposizione unita. Giuseppe Conte è convinto che quei cartelli sventolati insieme nell’aula della Camera – “Non in nostro nome” – dopo l’affossamento della legge sul salario minimo così come l’avevano pensata Movimento 5 stelle, Azione e Pd, sia solo l’inizio di un nuovo percorso.
È il punto di partenza di un cammino comune?
«Sono orgoglioso che le opposizioni abbiano condiviso questa storica battaglia del Movimento: abbiamo piantato il seme dell’alternativa al governo Meloni».
Ma non avete vinto la battaglia sul salario.
«Questo seme sta crescendo nel Paese. La stragrande maggioranza degli elettori è favorevole al salario minimo, compresi quelli di centrodestra».
Crede che per la maggioranza quest’affossamento sarà un boomerang?
«Sono convinto che il governo ne pagherà le conseguenze. Sta esagerando con piroette e prese in giro».
Meloni ha un’altra idea: agganciare i salari alla contrattazione collettiva.
«Ha solo finto di assecondare la discussione per poi emarginare il Parlamento, come ha fatto con la manovra di Bilancio. Una blindatura mai vista».
Se l’avesse fatto lei?
«Non avrebbero potuto dirmi niente di peggio di quel che mi dissero quando ero a Chigi: mi diedero anche del dittatore, ma capisco che per alcuni di loro non sia un insulto. È una battuta eh!».
Prese in giro anche sul Pnrr?
«Si sono astenuti 5 volte in Europa, hanno detto che avevo portato troppi soldi, ora la premier si è vantata di aver ottenuto 21 miliardi in più. Per poi scoprire che sono 2,9 esclusivamente legati a Repower Eu. Lei come le chiamerebbe?».
Ripensamenti?
«Il problema del Pnrr è attuarlo. Siamo indietro su tutto».
Perché?
«Il primo errore è stato trasferire la cabina di regia a Palazzo Chigi in corso d’opera, in preda a un delirio di accentramento e controllo».
Tra le revisioni del Pnrr, c’è quella degli asili nido.
«Un taglio di 100 mila posti. Doloroso. Come dolorosi sono i tagli per i comuni e le periferie. Il primo governo guidato da una donna, che straparla di sostegno alla natalità, sabota misure a favore delle donne. Non solo i nidi, anche l’aumento dell’Iva sui prodotti per la prima infanzia e gli assorbenti».
E voi cosa proponete?
«Portare il congedo di maternità obbligatorio da cinque a otto mesi. E rafforzare il congedo parentale paritario, perché crescere i propri figli è un diritto-dovere di entrambi i genitori».
Non è d’accordo con Vannacci.
«All’ideologia di Vannacci che spinge le figlie a non fallire mai altrimenti falliranno, preferisco le sagge parole di un padre distrutto dal dolore, Gino Cecchettin, che ci esorta a insegnare ai nostri figli i valori del sacrificio, dell’impegno e dell’accettazione anche dei fallimenti».
Lei cosa insegna a suo figlio?
«A impegnarsi sempre, ma gli dico anche che nella vita dovrà affrontare momenti di sconforto, rifiuti e fallimenti, e dal modo in cui li accetterà si misurerà la sua qualità di uomo».
Bastano le leggi antiviolenza? O bisogna lavorare dal punto di vista culturale?
«Intanto noi proponiamo anche di portare il reddito di libertà introdotto dal mio governo da 400 a 1.200 euro. Ogni donna deve essere libera di lasciare il suo carnefice. Poi certo, ci sono modelli culturali superati, serve un lavoro educativo che riguardi genitori, docenti, ma anche i punti di riferimento che hanno i ragazzi: influencer, youtuber, tiktoker. Non è solo con le lezioni frontali che risolveremo le cose».
Torniamo all’economia. Teme che la discussione su Patto di stabilità prefiguri un ritorno dell’austerity in Europa?
«Giorgia Meloni si è lamentata dicendo che è facile fare manovre quando ci sono risorse, ma noi quelle risorse le abbiamo generate. Con lei il Pil è fermo allo zero virgola. Non accettiamo vittimismi da chi ha trovato 209 miliardi portati da noi sul tavolo e non sa come spenderli».
Ci sono state una guerra, una crisi energetica, l’inflazione.
«Ma c’è anche la codardia di una premier che si è rimangiata la norma sugli extraprofitti delle banche che noi abbiamo proposto per mesi».
Doveva andare fino in fondo?
«Certo. Il banchiere Draghi è stato più coraggioso di lei. Di cosa ha paura? Non aveva detto che non era ricattabile?».
Forse di una norma che avrebbe creato più problemi al credito che altro?
«Penso che la cosiddetta underdog, che in realtà ha incarichi politici da 25 anni, sia legata ai poteri costituiti più di quanto non voglia far credere».
Sul Mes però siete d’accordo.
«Il problema è che questo governo in Europa non dice cosa vuol fare chiaramente né sul Patto di stabilità né sul Mes. È in un angolo. Meloni dice di vivere giorno per giorno il suo ruolo. Non ha visione. Non c’è cosa peggiore che un presidente del Consiglio possa fare, in una continua alternanza tra arroganza e vittimismo».
Anche sulle migrazioni non siete così distanti. Lei ha criticato l’approccio del Pd, è per una “terza via”. Cosa pensa dell’accordo con l’Albania?
«Che fuori da ogni ideologia, e in base al puro pragmatismo, sia del tutto inefficace. Aumenta i costi in modo esorbitante e rimanda il problema senza risolverlo».
L’Italia è uscita dalla Via della Seta. Lei la giudica una scelta sbagliata ed è stato molto duro. Ma da quando è stata siglata quell’intesa, c’è stata l’aggressione russa all’Ucraina, il mondo si è diviso, la Cina sta con Putin.
«Mi sembra che Pechino non abbia fornito armi e che anzi si sia offerta di giocare un ruolo per contribuire a un negoziato di pace».
È ancora convinto che l’appoggio dell’Italia all’Ucraina e l’invio di armi sia stato sbagliato?
«Se ci fossimo mossi nella direzione di imporre un negoziato di pace non saremmo davanti a quella che l’Occidente chiama con ipocrisia “stanchezza della guerra"».
Cosa pensa che sia?
«Avevamo detto fin dall’inizio che sconfiggere la Russia era assolutamente improbabile. Adesso le democrazie occidentali scappano con l’approssimarsi delle elezioni. Perché da noi le opinioni pubbliche contano».
Le opinioni pubbliche non vanno solo assecondate. Vanno aiutate a capire.
«Se l’Italia avesse tenuto la via del dialogo e del negoziato, pur nel quadro occidentale, avremmo aiutato molto più efficacemente la popolazione ucraina».
Vede nel governo Meloni un bisogno di legittimazione da parte degli Stati Uniti?
«È mancato il coraggio e la determinazione di dialogare alla pari».
Proprio gli Stati Uniti hanno appena detto: non chiediamo il cessate il fuoco a Gaza perché significherebbe non condannare adeguatamente il massacro del 7 ottobre da parte di Hamas. Lei e il Pd chiedete il cessate il fuoco.
«Siamo di fronte a una strategia militare completamente errata che contribuirà ad alimentare l’antisemitismo in giro per il mondo».
L’antisemitismo è alla base di quell’attacco.
«Israele ha la forza tecnologica e militare per combattere Hamas senza uccidere civili e violare le convenzioni internazionali».
Cosa muoverebbe il governo Netnyahu allora?
«Vuole tutto e subito. Ma così facendo non garantirà nessuna sicurezza a Israele. E rischia di infiammare tutto il quadrante».
Vede uno scontro della maggioranza con la magistratura simile a quello vissuto ai tempi dei governi Berlusconi?
«Assolutamente sì. Unendo i puntini, la separazione delle carriere, le misure a favore dei colletti bianchi, le pagelle per i giudici, l’aumento dei membri laici del Csm, si legge il disegno: asservire la magistratura alla politica».
E voi?
«Ci batteremo senza sosta per evitarlo, spero insieme al resto dell’opposizione. Anche se non potrà esserci Italia Viva che è in trincea per favorire quel disegno».
Se Schlein e Meloni si candidassero alle Europee lo farebbe anche lei?
«No, perché noi ci candidiamo solo per i ruoli che intendiamo ricoprire. Non prendiamo in giro gli elettori nel tentativo di aumentare il consenso».