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 2023  dicembre 07 Giovedì calendario

È la fine dei lampioni a gas

La piazzetta su cui vivo era illuminata da lampioni a gas, che risalivano al 1888, l’anno di Jack the Ripper, che a Londra uccideva le prostitute, e ricordato invece in Germania come l’anno dei tre Kaiser, due morirono, uno anziano, il figlio giovane, e giunse Wilhelm II, accusato di aver provocato la Grande Guerra (gli storici moderni lo hanno in parte riabilitato, non fu solo colpa sua). Sotto casa mia venivano a girare i film ambientati nella Belle Époque, una scocciatura perché portavano via le auto parcheggiate. Fino al 1939, alla vigilia della guerra, i lampioni venivano accesi a mano, uno per uno, come nell’Ottocento, poi venne introdotta l’accensione automatica a distanza.

Come raccontai anni fa, mi battei per i lampioni nostalgici, che spandevano una bella luce calda, contro il comune che voleva condannarli, in nome della modernità. Insieme con i vicini, sostenemmo che la luce led stermina gli insetti di cui si nutrono gli uccellini, e quella a gas no. Ignoro se fosse vero, ma grazie ai passeri, funzionò. Inoltre, quanti milioni di euro sarebbe costato cambiare migliaia di lampioni, che durano meno di quelli ottocenteschi? Uno spreco per Berlino, che ha le casse vuote.

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Vincemmo una battaglia, gli animalisti prevalsero sugli ecologisti, ma abbiamo perduto la guerra. Noi nostalgici eravamo colpevoli di mettere in pericolo il pianeta. Un lampione a gas consuma meno energia di uno elettrico, ma produce in un anno una tonnellata e 300 chili di CO2, un lampione elettrico appena lo 0,07 di anidride carbonica. Però non si tiene conto dei costi per produrre energia elettrica in confronto al gas.
Hanno sostituito i lampioni, la piazzetta è meno storica, e comunque l’avevano già deturpata i verdi con orrende strisce bianche e parcheggi per i ciclisti. Nel 2011, i lampioni a gas a Berlino erano 44mila, e il municipio decise di sostituirli, nel 2018 sopravvivevano 30mila Gaslaterne, l’anno seguente erano 27mila, nel 2020 ne restavano 26mila, alla fine ne resteranno tremila. A Francoforte nel 2016, i lampioni storici erano cinquemila, ma progressivamente spariranno. Così avverrà a Lipsia, a Dresda e a Magonza.

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La battaglia continua nel resto della Germania. Nella città vecchia di Düsseldorf, Herr Georg Schumacher, 62 anni, leader dell’azione Initiative Düsseldorfer Gaslicht, si batte per lampioni a gas, ancor più vecchio dei miei, risale al 1850. All’inizio di settembre, il municipio ha deciso di sostituire le 13.800 Gaslaterne, ne risparmierebbe solo 220 per preservare l’ atmosfera storica nel parco cittadino. «È vero, ammette Schumacher, il gas produce più CO2, ma in totale tutti i lampioni appena lo 0,25 delle emissioni di anidride carbonica in città». Vale la pena di non rispettare la storia di Düsseldorf? Fu tra le prime in Europa a installare l’illuminazione nelle strade.
Nel 2020, ci si illuse a Berlino di aver vinto. Il municipio decise di mettere 10mila lampioni sotto il patrocinio delle Belle Arti, poi è giunta la guerra, ed è stata la fine, a causa delle sanzioni contro Putin.
Naturalmente, suona assurdo parlare di lampioni, mentre in Ucraina si muore, ma sono i verdi a sfruttare una tragedia per imporre le loro idee. Solo a Düsseldorf il cambiamento costerebbe 99 milioni di euro, che potrebbero essere investiti a scopo umanitario. Un lampione a gas ha bisogno di una manutenzione più attenta e dunque più costosa di uno a luce led, ma una lampada a gas dura molto più a lungo di una lampadina moderna. E i costi sono manipolati denunciano a Düsseldorf: la manutenzione dei vecchi lampioni non costa settemila euro all’anno, ma circa quattromila, poco più della metà.
Non solo in Germania: a Vienna, negli ultimi anni della Belle Époque, i lampioni a gas erano 45mila, ma già nel 1920 cominciò l’elettrificazione. Fu un cambio lento, a ragione dei costi: nel 1957 nella capitale erano ancora in funzione 4836 Gaslaterne. Il 27 novembre del 1962 alle 16, con una romantica cerimonia si spense l’ultimo lampione a gas. Vennero venduti come pezzi d’antiquariato, a un prezzo tra 700 e duemila scellini, e andarono a ruba. Furono esportati anche negli Usa, in Francia, e in Italia.