il Fatto Quotidiano, 7 dicembre 2023
Intervista a Edy Rama
Alla base del “modello Albania” a cui Giorgia Meloni tiene molto – tanto da stupirsi che la sinistra non lo appoggi – c’è la riorganizzazione della gestione migranti e del diritto di asilo in Europa. L’idea di fondo di questa revisione è “l’esternalizzazione” delle frontiere, tramite diversi meccanismi che possono toccare in profondità regole consolidate.
A partire da oggi, si apre quella che il gruppo Left, la Sinistra nel Parlamento europeo, ha definito una settimana che potrebbe porre fine al diritto di asilo come lo conosciamo. Oggi, infatti, comincia l’ultimo giro di “trilogo” sul Patto Ue sulla migrazione e l’asilo. La Commissione ha avanzato le sue proposte di revisione delle procedure di ingresso dei migranti nell’Unione europea e intende riformare il famigerato Trattato di Dublino. Il Consiglio, con le sintonie che su questo tema si sono avute tra Giorgia Meloni, Viktor Orbán e la stessa presidente Ursula von der Leyen, lo scorso 8 giugno ha dato un’indicazione molto restrittiva. Ora tocca al Parlamento che risente dello spostamento a destra dei Popolari – mesi fa proprio il loro capo, Manfred Weber, aveva certificato l’adesione del Ppe all’idea dei “muri” contro i migranti – e in cui Socialisti e Verdi, coinvolti nella guida dell’Assemblea, sembrano andare a rimorchio.
Il trilogo che inizia oggi potrebbe avere un secondo step nel weekend del 16-17 dicembre con l’obiettivo di raggiungere un accordo prima del Coreper (il Consiglio dei rappresentanti permanenti presso la Ue) del 20 dicembre. Da quanto si apprende dal gruppo dei socialisti, S&D, l’approccio è quello di limitare i danni con l’obiettivo comunque di “arrivare a un accordo”. Chi segue il dossier pensa che non si riuscirà a spuntare molto e che alla fine l’idea di garantire il patto S&D, Ppe e Renew (i liberali) avrà la meglio.
A favorire l’esternalizzazione delle frontiere sarà la nuova “procedura di frontiera” che il Consiglio rende “obbligatoria” e che non permette alle persone soggette alla procedura di asilo alla frontiera a entrare nel territorio dello Stato membro. Gli Stati dunque bloccheranno tutti i richiedenti asilo e questo condurrà alla costruzione di centri di detenzione. “Lo scopo delle procedure di frontiera – scrive Left in un documento redatto prima dell’accordo tra Italia e Albania – è proprio quello di trattenere le persone alla frontiera ed espellerle tramite procedure accelerate”. Con ciò “generando detenzioni di massa in luoghi come le isole greche, le Isole Canarie o Lampedusa in Italia”. E ora Albania.
Questo si aggiunge all’altro tema cruciale, la definizione di “Paese terzo sicuro” in cui rimandare i migranti indesiderati. Il Parlamento chiede garanzie più forti per considerare un Paese terzo “sicuro”, mentre il Consiglio ritiene sia sufficiente l’esistenza di un accordo tra la Ue e il Paese terzo. La combinazione tra procedura di frontiera e “Paese terzo sicuro” diventa la chiave per consentire di svuotare il diritto di asilo così come è strutturato attualmente. E questo, di fatto, produce quella “esternalizzazione” delle frontiere europee con conseguente riduzione del diritto di asilo e della libertà di movimento.
Sulla riforma del Trattato di Dublino il punto cruciale non sarà la riforma del punto chiave di quell’accordo, cioè la domanda di asilo nel Paese di approdo, ma la gestione della “solidarietà” tra i vari Paesi. L’approccio è quello della ricollocazione e/o compensazione: uno scambio tra i Paesi più esposti, come l’Italia, all’arrivo di migranti economici che possono chiedere una ricollocazione in Paesi europei non esposti fino a 30 mila persone e ricevere, in caso di rifiuto, compensazioni economiche fino a 20 mila euro a migrante. Ma la riforma rivede anche i movimenti secondari e questo, secondo Left, si tradurrà in un ulteriore inasprimento delle condizioni per i migranti che va ad aggiungersi ai punti precedenti.