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 2023  dicembre 07 Giovedì calendario

Intervista a Veronica Pivetti


Quando conclude un libro, come si sente?Malissimo.
Perché
Non ho figli, quindi i miei affetti sono loro ed è complicatissimo lasciarli andare.
Allora al “visto si stampi”…
È in assoluto uno dei momenti peggiori; in sostanza il romanzo non ti molla mai, quando lo scrivi è perennemente insieme a te.
Sempre…
A differenza della recitazione, la scrittura vive al tuo fianco; e allora mi sveglio la notte, penso, poi prendo in mano il cellulare e mi invio un sms con su scritto quello che ho in mente.
(Veronica Pivetti, nel 2012, ha scoperto un altro angolo del suo animo artistico: la scrittura. Da allora ha pubblicato cinque romanzi, l’ultimo è “Rosa”; storia (“vera, eh”) di Rosa Cruzado, operatrice sociosanitaria peruviana, con una quotidianità di pregiudizi, rapporti più o meno piacevoli, riscatto e capacità di sorridere)
Un sms?
Ho un vecchio attrezzo, non ho WhatsApp; (pausa) il mio è un rapporto viscerale con il libro che sto scrivendo, è un rapporto d’amore, per questo lasciarlo è così complicato. E poi iniziano gli interrogativi.
Quali?
Ti chiedi se piacerà, se sarà capito. Ed è normale per chi svolge un mestiere pubblico, e sei un cretino se non ti poni la questione e sei altrettanto un cretino se la questione ti limita.
Vive l’ansia da prestazione?
Da quando sono nata. E lei, no? Se mi presenta qualcuno senza l’ansia, lo sposo. E non è una minaccia.
Vive pure l’ansia dell’impostore?
Mi manca, forse perché sono un’impostora vera; (sorride) il mio secondo romanzo s’intitola Mai all’altezza ed è un po’ la sintesi della mia esistenza; alla fine tutti sono nelle stesse condizioni.
Il trionfo dell’analisi psicologica.
Sono campionessa di terapia: il mio primo libro l’ho dedicato alla depressione; alla fine scrivo romanzi solo su aspetti che mi riguardano.

Rosa 
in che modo la coinvolge?
Ho conosciuto da vicino il mondo delle operatrici sociosanitarie e Rosa esiste; RaiLibri mi aveva proposto di scrivere una favola di Natale, poi è diventato un romanzo.
Rosa è contenta.
Felicissima.
Per alcuni giovani scrittori non è necessario aver letto i classici…
In generale è meglio conoscerli, poi c’è l’effetto-Ligabue: il genio che non ha mai visto un museo, ma che scopre la sue incredibili doti artistiche.
Come si sente quando scrive?
A mio agio, però non mi definisco scrittrice, è un termine che mi intimidisce, preferisco attrice che scrive. E sono arrivata al quinto romanzo.
C’è del pudore.
Credo sia sano, e poi la mia scrittura è molto figlia del primo lavoro: non dedico 15 pagine al volo di una farfalla e non infilo riflessioni; sono più diretta, più accessibile. E poi mio nonno era Aldo Gabrielli (celebre linguista): con lui era obbligatorio usare un buon italiano, ricco di sinonimi.
Ha riletto i suoi primi libri?
La sua domanda è molto crudele.
Ce ne pentiamo.
Comunque sì, e per il primo avrei voluto chiamare la Mondadori e chiedere di correggerlo; però quel libro ha un nucleo potente ed è stato utile.
La regola recita: la vera difficoltà è nel secondo.
Infatti è meno potente.
Con il terzo si è beccata dell’erotomane.
Davvero? È una medaglia. Ma volevo scrivere un romanzo erotico-comico e ora sta procedendo per altre vie.
Diventerà un film?
Ne sarei felice; (pausa, cambia tono) tranquilli, nel caso non ci reciterò. Oramai non ne ho l’età.
Insomma, erotico-comico…
È andato benissimo.
Una donna che tratta di eros, spiazza.
Mi sono sentita dire: ‘Lei parla come un uomo’.
Risposta?
‘Non avete capito niente’; infatti alle donne è piaciuto, si sono sentite liberate; (sorride) alle presentazioni c’erano ragazzine di 15 anni e mi sentivo in colpa; mentre le ottantenni mi ringraziavano ‘quanto mi sono divertita!’.
Il lettore è donna.
È ancora così.
Gli uomini scrivono e le donne leggono.
Poniamoci delle domande sui diritti.
Soffre nei giorni della correzione di bozze?
È poco e rispettoso; la mia correttrice la adoro perché mi sopporta; (cambia tono) in realtà chiunque mi sopporta lo adoro.
E…?
Alla fine ho accettato un decimo delle indicazioni: sono prepotente. Infatti vivo con il mio barboncino.
Meglio uno Strega o un David?
Entrambi.
Scelga.
Considerato che il David non lo prenderò mai, dico lo Strega.