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 2023  dicembre 07 Giovedì calendario

Biografia di Euridice

«Era l’ardua miniera delle anime. Correvano nel buio come vene d’argento, silenziose... Avanti l’uomo nel mantello azzurro, agile, con lo sguardo volto innanzi muto e impaziente... i due che taciturni lo seguivano. Il dio dei viaggi e del lontano annunzio... e, affidata alla sua mano sinistra, come in pegno: lei. Lei così amata che più pianto trasse da una lira che mai da donne in lutto... E quando a un tratto il dio la trattenne e con voce di dolore pronunciò le parole: Si è voltato-, lei non comprese e disse piano: Chi?». In quella che resta una delle più belle poesie di Rainer Maria Rilke – Iosif Brodskij la definirà «la più grande opera del secolo» – si narra di Orfeo, Hermes ed Euridice. Die Sogeliebte, “Lei così amata”, appunto. Pare che Rilke fosse stato ispirato dalla copia romana di un bassorilievo greco del V secolo a.C., che si trova al Museo nazionale di Napoli e raffigura il dio e la coppia, intenta a scambiarsi un ultimo, fatale sguardo. La poesia sarà stupendamente tradotta da Giaime Pintor, che verrà poi dilaniato da una mina tedesca e scomparirà a soli ventiquattro anni nel 1943.
TRAVOLGENTE
Il mito (o la favola) immortale di Orfeo ed Euridice ha incantato innumerevoli autori fra cui Virgilio, Ovidio, Poliziano, Cocteau, Pavese, Marguerite Yourcenar, Bufalino, Marina Cvetaeva. Per non parlare dei compositori come Monteverdi, Gluck, Offenbach, Stravinskij. Racchiude molti dei sentimenti più profondi dell’animo umano: l’amore travolgente e il dolore della perdita, la solitudine e la risoluzione disperata, la fedeltà alla memoria e il coraggio folle, la voluttà della sfida e l’abilità incantatrice, il trionfo inimmaginabile e l’inspiegabile resa finale.
Orfeo è un musico, suo padre è il re di Tracia – o forse il dio Apollo – sua madre è la musa Calliope. É stato Apollo a regalargli la lira, mentre le muse gli hanno insegnato a suonarla. Diviene la personificazione del canto, “l’artista” per eccellenza, in cui tutti gli altri si identificano. È anche “uno sciamano” capace di incantare umani e animali, nonché il fondatore dell’orfismo (che si richiama al dualismo fra corpo mortale e anima immortale). Viene accostato ad Apollo e a Dioniso, ma alla fine diverrà «il trasgressore dell’ordine cosmico». Cosa che pagherà a carissimo prezzo, morendo per mano delle Menadi. Che lo faranno a pezzi.
LA FUGA
Euridice è una ninfa bellissima. Di lei si innamora Orfeo, che la sposa. Un giorno, la fanciulla è costretta alla fuga per sottrarsi alle mire del pastore Aristeo e viene morsa da un serpente nell’erba. Il veleno la uccide. Pazzo di dolore, il marito suona musiche meravigliose e dolenti, accompagnate da parole così belle che tutti ne sono commossi. L’unica cosa che può fare, gli dicono, è andare nell’Ade e tentare di convincere il signore dei morti e la sua sposa, Persefone. «Ade è un luogo e un dio. È il regno dei morti ed è il dio dei morti... All’Ade si giunge guidati da Hermes, il dio dei passaggi... Scendere e risalire dall’Ade è l’esperienza estrema che suggella iperboliche avventure. È privilegio dei più grandi fra gli eroi», scrive nella prefazione a Orfeo. Variazioni sul mito Maria Grazia Ciani.
È un luogo nel quale quasi mai si va, se non si è morti, e dal quale non si ritorna, se non forse in sogno. Eppure Orfeo scende nell’oltretomba; impietosisce Caronte, le Erinni, Cerbero. E riesce ad arrivare in presenza dei sovrani. Ancora una volta canta, suona, commuove, convince. Potrà riportare con sé l’amata ma a una condizione. Lui andrà avanti, lei accompagnata da Hermes lo seguirà. E Orfeo non dovrà girarsi finché non giungeranno alla luce del sole, altrimenti la perderà per sempre. È stata Persefone, pare, a chiedere ad Ade di inserire la clausola. A quel punto sembra che il musico abbia vinto, che il suo amore e il suo talento abbiano sconfitto la morte, superando i limiti imposti agli umani. Ma non è così. Dopo tanto patire, dopo tanto cammino, Orfeo si volta indietro. Si chiama respicere. E «la così amata» torna nel mondo delle ombre.
IL FATO
Secondo alcuni, si tratta di un errore di tempistica: il musico è convinto di essere fuori e si gira troppo presto. Secondo altri, non resiste alla tentazione di accertarsi che la sposa lo segua. In realtà, il punto è che il mito greco non prevede accadimenti fuori dalle leggi degli dei e del Fato, per cui viene usato un escamotage per ripristinare l’ordine consueto. Invece, secondo Rilke, Euridice appartiene ormai a un altro mondo, è sprofondata nell’oblio e non percepisce ciò che accade. Per cui sarebbe una forzatura, una crudeltà restituirla ai vivi. Mentre Cocteau, Pavese, Bufalino credono che il gesto sia voluto, crudelmente calcolato. A Orfeo non interessa più della moglie, solo del canto. «Ho cercato me stesso. Non si cerca che questo». Meglio che lei sia «morta per sempre», così potrà essere di ispirazione per le sue poesie e la sua musica. Addirittura, Buzzati trova che sia tutto vano: «Anche se tu non ti volterai indietro, non servirebbe lo stesso».
Nessuna spiegazione, però, appare del tutto convincente. E noi continuiamo a chiederci: perché Orfeo si è voltato?