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 2023  dicembre 06 Mercoledì calendario

Biografia di Gigi Meroni

Gigi Meroni la “farfalla granata, il “George Best italiano”, giocava ala destra col Torino che per 300 milioni l’aveva comprato a 21 anni dal Genoa. Volava letteralmente tra gli avversari, tutte le sue giocate erano sempre finalizzate a qualcosa di geniale, mai un inutile dribbling (l’apostrofo è per omaggiare l’autore dei Taccuini: si può scrivere anche così, ogni Sara si metta l’anima in pace). Poche partite in Nazionale, anche per via dei suoi comportamenti bizzarri, capelli lunghi e barba incolta, sempre al volante di una vecchia Fiat Balilla, targata Como 157777, oggi al museo del Grande Torino di Grugliasco. E poi, culmine del suo atteggiamento a dir poco anticonformista, Meroni conviveva con una donna sposata, anche se in attesa dell’annullamento del matrimonio da parte della Sacra Rota: la legge sull’adulterio, art. 559 del codice penale, verrà abrogata soltanto nel 1968, il divorzio introdotto nel dicembre ’70. A Como, dov’era nato nel ’43, il suo primo lavoro era stato “disegnatore di cravatte di seta”: lui aveva poi trasferito nei quadri un ragguardevole spirito artistico, fuori dagli schemi, come il comportamento estroso e imprevedibile in campo. La Juventus di Gianni Agnelli (che in fatto di campioni sapeva il fatto suo) aveva offerto 750 milioni per averlo in bianconero. Meroni rinunciò al trasferimento per la gioia di tifosi e compagni di squadra, che ne fecero un leader. Con Nestor Combin, argentino naturalizzato francese, Meroni formò una coppia di attaccanti formidabile. E tutti gli appassionati granata ricordano un 4-0 inflitto ai “gobbi” nel derby, con tripletta di Combin dedicata all’amico Meroni una settimana dopo la morte. Sì, perché Gigi morì la sera del 15 ottobre 1967. Dopo una bella vittoria al Filadelfia per 4-2 contro la Sampdoria, si accorse di aver dimenticato le chiavi della mansarda dove abitava, attraversò Corso Re Umberto a piedi, fermandosi al centro per far scorrere il traffico. Per evitare un’auto che sopraggiungeva fece come un saltello all’indietro. Fu travolto prima dalla Fiat 124 del diciannovenne Tilly Romero (tifoso del Torino e destinato anni dopo a diventarne il presidente) e dopo, sbalzato sull’altra corsia, da una Lancia Appia. Morì la sera stessa all’ospedale Mauriziano. Ai funerali c’erano ventimila persone in lacrime, l’Arcidiocesi voleva impedire la cerimonia religiosa perché Gigi era notoriamente un “pubblico peccatore”, ma don Francesco Ferraudo, sacerdote del club granata, la celebrò lo stesso. Prima del derby un elicottero inondò il Comunale di fiori sulla fascia destra del terreno di gioco, il settore dove svolazzava la farfalla granata. Meroni giocò sette derby contro la Juve e non ne vinse nessuno. La partita della settimana successiva alla sua morte, oltre alla tripletta di Combin registrò il quarto gol di Alberto Carelli, maglia numero 7. Non a caso, quella di Gigi.