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 2023  dicembre 05 Martedì calendario

Intervista a Renato Zero

Autoritratto. Si mette a nudo, Renato Zero, nel nuovo album in uscita l’8 e nella collana Mille e uno Zero che dal 22 ripercorre i momenti più iconici della sua storia musicale. Il re dei sorcini si reinventa a 73 anni con più energia che mai. «Non mi sarei mai aspettato di arrivare a questa età con i giovani che mi chiamano Maestro – sorride –. A volte è imbarazzante perché coloro che debbono fare i maestri non lo fanno».
Non dica che non le fa un po’ piacere...
«Mi fa piacere essere diventato una specie di Pronto Soccorso perché con alcune canzoni ho salvato il morale di persone che si sentivano male. Le canzoni sono come le madri di tutte le gioie, leniscono i dolori e ai ragazzi dico che se fanno tutto il possibile per passare una buona gioventù e una buona maturità, la vecchiaia sarà un viaggio meraviglioso».
Il suo prossimo tour che partirà il 2 marzo 2024 è già molto atteso: dobbiamo aspettarci scene e costumi sontuosi? O cederà al minimalismo?
«La seconda che ha detto. È ancora tutto da immaginare ma ho bisogno di sorprendermi e sto davvero pensando a un futuro più minimalista. Il clown anche senza trucco è sempre un clown e a questo giro avrò meno costumi e più canzoni».
Brani come Zero a Zero, Eccoci qui, Fortunato, La ferita o Così tenace racconta della società in cui viviamo. Ci sono battaglie che vale ancora la pena di combattere?
«Sempre. La persona, l’uomo devo essere in primo piano. Oggi non scende in piazza più nessuno. Ora che c’è bisogno stiamo a casa davanti a quel sonnifero che è la tv. Quello che offre la tv è vergognoso e ve lo dice uno che ne guarda tanta. Diamo importanza alla tv più che all’essere umano. Scendiamo in piazza anche stando muti, mettiamoci la faccia e vedrete che chi ci governa si accorgerà delle nefandezze che accadono tutti i giorni. Prendiamo coraggio, ci vuole».
Si riferisce ai femminicidi?
«Non si spiega come mai davanti alle cronache di questi giorni, non si impari la lezione. La donna paga per la rabbia di un uomo che non è riuscito a fare nulla della sua vita e sfoga la sua frustrazione».
È di questi giorni la polemica sui testi violenti di alcuni artisti rap e trap, lei che ne pensa?
«I responsabili di certi comportamenti non sono i cantanti. Forse sono figli di famiglie che li hanno resi veicolo di ciò che hanno imparato. Se in famiglia il padre dice alla madre “sei una zoccola” poi quando sei davanti a un microfono racconti quella rabbia senza la mediazione di un racconto».
La sua amica Loredana Berté sarà a Sanremo, farà il tifo?
«Faccio il tifo per tutti quelli che hanno dato un senso e una vicinanza tangibile alla mia vita. Ho perso alcuni amici e senza questi appoggi diventi più responsabile del tuo operato. Avendoti dato così tanto, ti costringono a colmare quella loro assenza, spesso precoce». Inevitabilmente il pensiero corre a Raffaella Carrà.
«Non aveva ancora 79 anni, me la sono sempre immaginata a 90 anni col plaid sulle ginocchia che cantava il suo passato e le sue esperienze»
Cosa vede nel suo futuro?
«Il mio motore è proprio quello di avere una prospettiva, una serie di opportunità e condivisioni. Finalmente ho stabilito che Renato Fiacchini e Renato Zero sono il frutto di una corresponsabilità. Zero è uno strumento, la liana che mi permette di attraversare la foresta della vita. A 73 anni mi si restringe il perimetro visivo, ho fretta, tanto che sto già pensando a cosa ci sarà dopo il disco».
In Autoritratto c’è Perennemente bianco, una canzone sul Natale.
«Ho sentito il bisogno di trattare il Natale come quando avevo una famiglia che godeva di ottima salute e l’atmosfera era di pace. Adesso tutta questa serenità è sbiadita, ci siamo arresi a chi della guerra fa strumento di ricchezza, sfruttamento e speculazione. Tutti gli uomini in tutti i luoghi del mondo vorrebbero essere padre o figlio di qualcuno per accudire o farsi accudire. Il Natale è il momento giusto per riflettere sui propri sentimenti».
Cosa le ha permesso tanto successo da così tanti anni?
«Il passaparola».