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 2023  dicembre 05 Martedì calendario

L’ultimo podcast di Barbero

Pane, amore e meraviglia. Più pop di così non si può. Sono questi i tre temi che Alessandro Barbero, 64 anni, professore ordinario di Storia medievale all’Università del Piemonte Orientale, ha scelto per la registrazione eccezionalmente pubblica del suo podcast ieri sera nell’auditorium del grattacielo di Intesa Sanpaolo a Torino. Ad introdurlo c’è Mario Calabresi, fondatore e direttore di Chora media che ha avuto l’idea di Chiedilo a Barbero, questo contenuto audio che lanciato a maggio scorso ha raccolto 5 milioni di ascoltatori: «Arrivano domande da ogni dove, anche da Cina e Australia, e lui grazie alla mediazione dell’autore Davide Savelli risponde a tutti. È diventato quasi un gioco, una sfida a capire cosa interessi al pubblico e a provare a rispondere sul tema».
Barbero chiarisce subito che la sua «non è una conferenza, ma la registrazione di tre puntate del podcast» e che «la platea in questo caso sta come dietro al buco della serratura». Svela poi come nascono i contenuti: «Savelli raccoglie centinaia di domande a settimana e ne seleziona quattro o cinque che abbiano un filo conduttore e un potenziale titolo». Ecco come si è arrivati al film di Luigi Comencini del 1953: «Di recente sono arrivate molte questioni sul pane e sull’amore, al che abbiamo pensato alla fantasia, che però non suscita grandi interrogativi storici, a differenza della meraviglia».
Si comincia con la curiosità dell’origine del pane. «Non la so – ammette Barbero -, come per la scrittura non c’è un inventore preciso o un posto solo. Quest’ultima è nata nel Mediterraneo come in Cina, per esempio. Il pane risulta più antico della scrittura e non ce n’è testimonianza scritta. Gli scavi archeologici però ci vengono incontro, seppur in modo sempre provvisorio. Si associa così la lavorazione della farina all’agricoltura dei cereali. Il problema è che sono stati trovati resti di briciole di pane bruciate di 10mila anni prima di Cristo pure nel deserto, in Giordania, dunque molto lontano dalla coltivazione. Anche lì evidentemente si era capito che con i semi di piante selvatiche si poteva macinare e produrre pane. Così come in Australia hanno trovato delle pietre da macinazione di 30mila anni fa, anche se non è sicuro servissero per quello».
Il pane come cibo, spiega il professore, nasce nel Neolitico e si inizia a vedere in alcune opere d’arte egizie. C’è chi poi chiede dell’importanza del fornaio: «È il successore del mugnaio, che appare nel Medioevo col suo mulino vicino ai corsi d’acqua per macinare i cereali. Una figura centrale, perché da lui passa tutto il paese. In gran parte si usava il frumento per fare il pane bianco e la segale per il nero. Una divisione europea che dura tuttora, mentre in origine prevaleva l’orzo per la sua resistenza, così come il farro in epoca romana». E il pane senza sale? «"Come sa di sale lo pane altrui”, dice l’avo di Dante, Cacciaguida, prevedendone l’esilio. Secondo me ai toscani è sempre piaciuto senza sale, il resto sono leggende. Come quella che sarebbe stata una risposta alla tassa sul sale».
L’argomento amore viene introdotto dalla traduzione che ne faceva Elsa Morante: la domanda «Hai mangiato?». A Barbero ricorda una novella del Boccaccio in cui il marito tradito a un certo punto chiede agli amanti: «Avete già mangiato?». Gli domandano poi delle corti d’amore: «Erano giochi di società legati alla poesia stilnovista e prima ancora ai trovatori provenzali. L’idea che mi sono fatto è che ci si sia sempre innamorati come oggi e che ci sia sempre stato un legame tra lato fisico e sentimentale. Il matrimonio pero è stato un’altra cosa, almeno nel mondo antico e medievale, cioe un’unione di interessi». E il simbolo del cuore dov’è nato? «Dall’arte egizia, ci sarebbe pure un geroglifico somigliante, e dalla forma della pianta estinta del silfio, che sarebbe stata afrodisiaca. Nel Medioevo il cuore entra nelle miniature, anche se a forma di pera. Nel Quattrocento infine arriva sulle carte da gioco».
Manca solo la meraviglia. «"Stupor mundi” come venne definito da un monaco inglese Federico II di Svevia, o quella per le architetture di chi faceva i pellegrinaggi a Gerusalemme e a Roma, o ancora quella per le sette meraviglie del mondo, in cui mancava il Colosseo perché venne costruito dopo la scrittura della lista». Finale da favole: «Vennero raccolte da Perrault o dai fratelli Grimm secoli dopo, ma cosa si raccontava ai bambini nel Medioevo? Ci sono poche fonti, ma da sempre in spiaggia i ragazzini costruiscono castelli e questo permette di immaginare in qualche modo il passato. Le fate invece le ha inventate e tramandate il Medioevo, ma non erano giochi da bambini».—