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 2023  dicembre 04 Lunedì calendario

Intervista a Florinda Bolkan

Gli anni hanno addolcito il suo sorriso, senza scalfire la sua bellezza, portata con orgoglio, senza ritocchi, senza maschere. Florinda Bolkan a febbraio compirà gli anni, su Wikipedia dicono che la data di nascita è il 1941, ma sulla carta di identità c’è il 1937. Quel che è certo è che è nata a Uruburetama, cittadina al nord est del Brasile, un posto che «è ancora nella mia anima anche se manco da tanto tempo», dice.
Ride Florinda Bolkan, muovendo le mani con grazia, con il fisico asciutto e gli zigomi scolpiti, simbolo della sua bellezza androgina, seduta accanto alla sua socia e amica Anna Chigi, principessa «rock», nobile stirpe romana, che negli anni ’80 cantava Mucho Corazon. E quelle note fendono l’aria di questa giornata fredda, sotto il portico della Voltarina, la tenuta dove le due donne vivono, a Bracciano, vicino al lago, vicino a Roma. Un sodalizio che dura da più di 20 anni. «La Voltarina è la mia vita», dice Florinda arrotondando le vocali come fanno i brasiliani, rendendo le parole musica. Lo fa per ripristinare «la verità» visto che quando si parla di lei si cita sempre Marina Cicogna, scomparsa poco tempo fa. «E mi sono un po’ annoiata di questo».
Ma non è possibile togliere la Cicogna dalla biografia della Bolkan. Una coppia che per anni ha diviso cuore, casa, lavoro e jet set. La produttrice e la star, insieme fino alla rottura alla fine degli anni ’90 («non mi chieda le date che non me le ricordo...»).

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E da allora tra loro un muro di silenzio. «Non vorrei parlarne», dice Florinda. «Le sono grata per il percorso che abbiamo condiviso e il lavoro importante fatto per il Cinema». Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto; Metti, una sera a cena… Anonimo Veneziano. Un velo le appanna gli occhi ancora bellissimi, di un nero che sembra portarti negli abissi.
Una carriera nel cinema quasi per caso. «Arrivai a Roma dopo essere stata hostess della Varig, l’ex compagnia di bandiera brasiliana. Ero una delle dodici ragazze dette executive hostess, senza divisa, dovevamo assistere i passeggeri di prima classe. Erano tutti pazzi di me. L’ho fatto per almeno cinque anni. Ci scelse l’amante del presidente della Varig». Nel 1968 debutta in Candy e il suo pazzo mondo di Christian Marquand nei panni della sorella del Beatles Ringo Starr. «Fu un fiasco», ricorda. Poco dopo l’incontro fatale con Luchino Visconti che, dopo tre provini nella sua villa a Ischia, la scrittura in una piccola parte: l’attricetta mantenuta da Helmut Berger nel film La caduta degli dei (1969). «Lo adoravo, vedevo in lui mio padre che avevo perso troppo presto. Andavo a casa sua a via Salaria solo per guardarlo, respirare la sua energia, osservare la sua intelligenza. E a lui piaceva avermi intorno». E in quell’anno conosce Marina Cicogna, a Parigi, a casa di Elsa Martinelli e Willy Rizzo. Lei era appena tornata da una vacanza a casa Kennedy, anche lui vittima (pare) del fascino androgino e un po’ infantile della Bolkan. «Chissà...», ride lei lasciando l’argomento sul vago. Mentre con Ryan O’Neil ammette il flirt. «Stavo per lasciare Marina per lui». Una vita piena di amore e passioni. Per ben tre volte l’attrice stava per cedere al «Sì». La prima volta con un principe polacco, poi con il proprietario dell’editoriale Hachette, e con il re del caffè brasiliano».
«Amor che ti fa a pezzi e ti divora», sospira Florinda che declama la poesia scritta da suo padre, Pedro Soares Bulcão che fu un politico, ma anche un poeta.
Il cinema, i red carpet, sono solo un ricordo ormai, ma anche un dispiacere. «Quando si è lasciata con Marina le è stata fatta terra bruciata intorno», dice una cara amica che è a pranzo qui, alla Voltarina dove si praticano prezzi pop anche per i matrimoni. «Vogliamo che tutti godano di questa bellezza», dice Florinda che riesce a essere una star anche in jeans e sneakers.
Dicevamo: Marina Cicogna. «Basta parlare di lei, era autoritaria e sono scappata». Solo un ricordo come d’altronde lo sono i set, ormai, l’ultimo quello del film di Ginevra Elkann. Ma c’è ancora un sogno, che le diano un premio alla carriera. «Me lo sono meritato giusto?». Magari a Venezia, il luogo di tanti successi e progetti.
Attorno a lei, le signore che curano l’agriturismo e tante amiche «normali», lontane dal mondo patinato del Cinema e della mondanità. «Non mi sono mai piaciuti i salotti, io in fondo sono una donna semplice, soddisfatta della sua vita e che ha sempre fatto quello che desiderava, o almeno quasi sempre. Mi sono pagata a carissimo prezzo la libertà».
Il prezzo è stato quello di essere esclusa dai set, dai festival, dai premi, dai red carpet. «Il mio red carpet è la natura», dice indicando con le mani sottili il verde che ci circonda, le stalle dove per anni ha allevato insieme ad Anna Chigi cavalli da salto e dove adesso dimorano due fattrici e qualche asino. «Mi innamorai di questo posto cavalcando nella campagna, lo vidi e decisi che dovevo viverci», ricorda.
Libertà è la parola che più spesso affiora sulle labbra. «Libertà di amare sempre chi ho voluto». Una donna che ha precorso i tempi, a testa alta, mostrando le sue passioni senza paura. Che ha aperto strade e portoni a chi non aveva il coraggio di affrontare una società bigotta e non inclusiva. «Quel che ho fatto è sempre venuto dal mio cuore», dice ballando al ritmo della musica che suona durante questo brunch domenicale. «Non sono mai stata più felice».