Corriere della Sera, 4 dicembre 2023
Non è obbligatorio commentare
Anche meno. Non è necessario che per qualsiasi – dico: qualsiasi – cosa si senta il bisogno irrefrenabile di dire o scrivere il social-pensiero. Può la nonna di Giulia Cecchettin decidere di presentare il suo romanzo (scritto nei mesi della clausura da Covid) in un evento organizzato prima dell’omicidio? Può in occasione di quell’evento rilasciare un’intervista? La sola risposta possibile è sì. Certo che può. E la risposta contempla anche una postilla: può, senza per questo essere giudicata, attaccata, offesa da sconosciuti che si sentono in diritto di dire la loro su ogni cosa, di spiegarle cosa è opportuno e cosa no. «Sei un mostro», «Agghiacciante», «Vergognati», «Nonna d’Italia un c...», «Famiglia Cecchettin vaf...». Carla Gatto – così si chiama questa nonna – è sott’accusa perché parla del delitto usando parole che ai mister e miss «ti dico io come devi soffrire» non piacciono. Sott’accusa per il rossetto, perché non è d’ordinanza per la nonna di una ragazza uccisa. Sott’accusa perché sorride. Ma più di tutto sott’accusa perché pubblica e presenta un romanzo «mentre la nipote non è ancora seppellita»; ancor di più perché quel libro («Emma è una ragazza del Sud») parla – udite, udite – di una giovane vittima del patriarcato: di uomini che decidono il suo destino. Carla Gatto è da sempre attenta al tema dei diritti delle donne. La presentazione del suo romanzo era prevista da tempo per la giornata contro la violenza sulle donne e proprio in omaggio a Giulia lei ha scelto di non disdirla. Sull’omicidio di sua nipote ovviamente ha detto molto più di quel che le viene contestato. Ma i mister e miss «so tutto io», si sa, sono selettivi. Prendono il suo sorriso e una sua frase e la espongono al pubblico ludibrio, come avevano già fatto con le critiche a Elena, la sorella di Giulia, anche lei presa di mira per aver fatto saltare il tavolo delle convenzioni su come vivere il lutto. Fatevene una ragione: la famiglia Cecchettin non rientra nei vostri schemi mentali. E invece siamo certi che l’avrebbe capita il grandissimo Eduardo De Filippo che tornò sul palco in teatro con il cuore spezzato, pochi giorni dopo la morte della piccola Luisella, la sua bambina adorata che aveva 10 anni. Non vi piace quel che dicono e fanno la nonna la sorella o il padre di Giulia? Andate oltre, cambiate canale, social, telegiornale, radio, strada... non è obbligatorio commentare.