la Repubblica, 3 dicembre 2023
Intervista a Enrico Vanzina
Enrico Vanzina è l’autore con il fratello regista Carlo, (scomparso nel 2018) di soggetto e sceneggiatura diVacanze di Natale.
Il film era una fotografia comica dell’Italia del 1983. Quanto è cambiato da allora e cosa avevate già intuito dell’oggi?
«Il film era quarant’anni avanti, c’era una linea precisa di quello che sarebbe successo. Fino ad allora c’era una antica borghesia soprattutto del Nord – perché a Roma era completamente diversa – traghettata dall’800 e che fino a quel momento puntava sull’essere, sullo studio, su come migliorarsi.
Invece a certo punto in Italia la borghesia ha pensato all’avere non più all’essere. Oggi la borghesia è in totale ritirata, si è spostata su posizioni di sinistra, tradendo il suo dna originale. Visto oggi Vacanze di Natale è stato un mattoncino del racconto di un cambiamento sociologico che fino a quel momento non era mai stato intercettato».
Le capita di vedere ancora in giro qualcuno che rimanda a quei personaggi?
«Come Sordi ha copiato gli italiani con i suoi personaggi, così gli italiani poi hanno fatto con lui. Il film diventa una ispirazione per un modo di essere, e ancora in tanti si ispirano a quei personaggi. Anche il personaggio di Guido Nicheli è un modello di un certo tipo di personaggi che esiste ancora.
Vacchi è proprio lui, portato all’esasperazione. Solo che lui era buffo e simpatico e invece questi sono un poco inquietanti».
Che rapporto ha lei con il film?
«Fortissimo, con Carlo abbiamo raccontato qualcosa di molto preciso. La commedia riprende un lato che possiamo chiamare neorealista: si tornava a raccontare la realtà, in modo anche buffo. Ero a Capri e scrissi il pezzo in cui il personaggio di Christian De Sica viene sorpreso a letto con il maestro di sci dai genitori e fa un discorso sul fluido che è quarant’anni avanti.“Papà io sono moderno”».
La genesi?
«Avevamo girato Sapore di mare e ci fu l’anteprima al cinema Empire: si rivelò un tale successo che dopo l’ultimo spettacolo, a mezzanotte, gli spettatori restarono un’ora lì fuori a parlare del film. Si fece largo Aurelio De Laurentis: “Vediamoci domani, vi devo parlare”. Ci propose un Sapore di mare ma sulla neve. Firmammo il contratto sul tovagliolo».
Del set che ricorda?
«Io andai poco a Cortina, lavoravo già a un altro film. Ma ricordo che ci fu il dramma che, essendo ottobre, non c’era la neve. E il direttore di produzione, detto “Pocaluce” perché portava occhiali scuri spessissimi, che era un ex elettricista intelligentissimo, faceva uscire il cast con dei lenzuoli che poi mettevano sullo sfondo a fare da neve».