la Repubblica, 3 dicembre 2023
Alla Cop28 la svolta nucleare In 22 firmano, dubbi dell’Italia
DUBAI – Ventidue Paesi, tra cui Usa, Gran Bretagna e Francia, hanno firmato alla Cop28 una dichiarazione per triplicare l’energia nucleare entro il 2050 (rispetto al 2020) in modo da raggiungere gli obiettivi di zero emissioni nette. Si tratta di una vera e propria alleanza che coinvolge soprattutto stati dove sono oggi già attive le centrali atomiche, ma anche di altri che intendono puntare su una elettricità prodotta grazie alla fissione. A firmare anche Canada, Repubblica Ceca, Bulgaria, Finlandia, Ghana, Ungheria, Giappone, Corea del Sud, Moldavia, Mongolia, Marocco, Olanda, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Ucraina e Emirati Arabi.
Un annuncio che sembra diretto soprattutto alle istituzioni finanziarie e agli azionisti: per mantenere il modello nucleare attuale, sposando l’idea dell’atomica come “energia pulita”, servono tempi lunghi e un mare di fondi. Eppure, sostiene l’inviato speciale americano per il clima John Kerry, «non è possibile arrivare a zero emissioni nel 2050 senza il nucleare», o come ricorda il presidente francese Emmanuel Macron è una «soluzione indispensabile». Ecco allora che l’alleanza lanciata dal palcoscenico di Dubai appare come una prima piattaforma globale di chiamata per una raccolta fondi. L’Italia non ha firmato, forse perché l’opzione nucleare è ancora un tabù dopo la messa al bando e lo spegnimento delle sue centrali. Nonostante i plausi di Lega e Forza Italia alla spinta internazionale sull’atomo, Giorgia Meloni da Dubai fa capire che per il nucleare la porta può restare aperta, ma per via di tempi e costi non è quella prioritaria. Anzi, meglio aspettare la fusione, dice: «Su queste questioni bisogna essere pragmatici e non ideologici: io non ho preclusioni su nessuna tecnologia che possa essere sicura e aiutarci a diversificare la nostra produzione energetica. Se ci sono evidenze del fatto che sipossa avere un risultato positivo sono sempre disposta a parlarne, ma credo piuttosto che la grande sfida italiana sia il tema della fusione nucleare, che potrebbe essere la soluzione domani di tutti i problemi energetici. Su questa tecnologia l’Italia è più avanti di altri, dobbiamopensare in grande».
Parole che ricalcano un concetto: per ora quella del nucleare per il nostro Paese non è la soluzione da percorrere secondo la visione di Meloni (ma non dei suoi alleati). Altrimenti forse, così come ha fatto per i biocarburanti, citati a più riprese dalla premier, avrebbe introdotto il tema nel suo discorso nella plenaria “high level” davanti ai capi di stato a Dubai.
Lì la presidente del Consiglio ha preferito specificare altro, rispolverando i suoi cavalli di battaglia: fare pressione affinché i bio-fuelsvengano accettati come soluzione verde, salvando così i forti comparti della produzione italiana di biocarburanti e di quei motori a combustione termica che saranno vietati dal 2035. Così come ha ribadito l’impegno per una cooperazione tra pari con l’Africa, l’idea che il clima sia al centro del G7 a guida italiana, oppure ufficializzato il finanziamento da 300 milioni per il Fondo Green Climate destinato a mitigazione e adattamento. Poi, oltre a rilanciare la centralità di un’Italia «hub delle energie pulite» (ma non era del gas?), parlando di una decarbonizzazione che deve essere fatta «in modo pragmatico, cioè con un approccio tecnologicamente neutro, libero da inutili radicalismi», è tornata a invocare la necessità di neutralità tecnologica.
Tradotto, significa puntare su ogni tecnologia possibile, anche quelle criticate su cattura e stoccaggio di CO2, oppure sugli stessi biocarburanti che non convincono l’Europa. Ma così come per l’idea di implementare il nucleare, questi concetti non rispondono a una domanda: è possibile, a cominciare da qui, dagli Emirati del petrolio, ragionare concretamente sull’uscita dal principale nemico del clima, ovvero le fonti fossili? Repubblicalo ha chiesto direttamente alla premier. Per Meloni l’addio al fossile «è un obiettivo che dobbiamo continuare a centrare, chiaramente lo dobbiamo fare mentre produciamo altre fonti energetiche. Trovo giusto che la Cop sia qui (in uno stato produttore di petrolio, ndr ) perché se non coinvolgi anche queste nazioni,, alla fine non ci arriverai mai. Gli obiettivi sono chiari per tutti, anche per le nazioni che dovrebbero essere più rigide da questo punto di vista, ma è la tempistica chiaramente che deve essere sostenibile: la sostenibilità climatica, ecologica ed economica devono camminare insieme, altrimenti andremo dritti verso la deindustrializzazione».