Corriere della Sera, 3 dicembre 2023
Nel nome del padre
Nella tradizione iconografica occidentale, il «padre» per eccellenza, San Giuseppe, sta sempre facendo altro. Sta lavorando, per esempio, oppure – più spesso – come ci ha ricordato anche papa Francesco, confessando di amare una statuina di Giuseppe dormiente e di tenerla sempre accanto a sé sul comodino. Il sonno di Giuseppe nasconde insospettabili profondità psicoanalitiche: è dormendo che apprende il suo destino di padre putativo del figlio di Dio. È come se la figura paterna fosse costantemente fuori fuoco nella meravigliosa fabbrica della vita: dalla Madonna della Seggiola di Raffaello fino al maestoso Maternità di Gaetano Previati, la storia dell’arte è una storia di madri. Con qualche rara eccezione sei e settecentesca: Guido Reni e Giambattista Tiepolo su tutti.
E dove sono i padri? Se lo sono chiesto in tanti negli ultimi decenni. Psicoanalisti come Donald Winnicott e, per ultimo, lo scrittore Emanuele Trevi, che nel suo bellissimo La casa del mago rievoca la figura di Mario Trevi, psicoanalista junghiano e padre magico. Elemento complicato, spesso visto come un corpo estraneo nella perfetta simbiosi «madre e figlio», al papà sono toccati perlopiù ruoli spinosi, se guardiamo i miti e l’arte. Lot e le figlie (episodio biblico raffigurato in maniera superba da Guido Reni, ancora lui) rappresenta l’incesto. L’ebbrezza di Noè, per esempio, nel quadro di Giovanni Bellini oggi custodito a Besançon, è la sublimazione di un sentimento potentissimo, quello dei figli che si vergognano del padre, scoperto in un momento di ubriachezza.
Ma la profondità psicoanalitica più stringente la troviamo nell’episodio biblico di Abramo che sceglie di sacrificare Isacco come adamantina prova di obbedienza a Dio. Ed è proprio su questo tema che, con la consueta intelligenza colta, Monsignor Davide Milani, Prevosto di Lecco e presidente dell’Associazione Culturale Madonna del Rosario, ha scelto di incentrare l’appuntamento natalizio di Un Capolavoro per Lecco, portando sulle rive del lago lombardo un disegno poco conosciuto, ma straordinario, di Michelangelo Buonarroti, eseguito nella piena maturità dell’artista, intorno al 1530.
Uno schizzo a matita nera, un foglio apparso un’unica volta in mostra dopo il restauro del 2017, l’opera autografa prende le mosse dai precedenti rinascimentali, per esempio il Sacrificio scolpito da Donatello per l’opera del Duomo di Firenze. Ma Michelangelo va oltre e drammatizza la scena con il sapiente uso della torsione dei corpi e il faccia a faccia con l’angelo, uno sguardo fermo che immobilizza il padre pronto a sacrificare il figlio.
Nell’arte e nei miti
San Giuseppe dorme, Lot possiede le figlie. La storia dell’arte esalta soprattutto le madri
Nella ricorrenza sacra che celebra la maternità, il Natale, Milani dunque sceglie di accendere un faro sulla figura del padre, ricordandoci che questa pesa tanto quella della madre, che i figli non sono «cosa per mamme», ma che appartengono anche agli uomini. Uomini oggi come non mai chiamati a dare il buon esempio ai figli maschi, uomini chiamati a educare con la forza di un’autorità da ridisegnare al di fuori di certi solchi stratificati di machismo e di cultura patriarcale.
Eppure il disegno di Michelangelo ci restituisce un’altra riflessione, più sottile. Se Giuseppe dorme e Abramo non esita a immolare il figlio per ribadire la sua obbedienza a Dio, concludiamo che la figura paterna – per come ci è stata tramandata – è essenzialmente simbolica (entrambi in fondo sono padri putativi) e dunque alleggerita dal peso di tante responsabilità. Come se finora ci fossimo accontentati di una idealizzazione del padre, che sta lassù nell’alto dei cieli e questo basta. Nelle preghiere come nella vita di tutti i giorni. In verità di padri c’è bisogno, eccome.
Non solo per alleviare il compito delle madri, ma anche per ricostruire un’identità maschile che si dibatte tra una nuova (ormai irrinunciabile) consapevolezza del ruolo delle donne e un’antica affermazione di potere. La violenza e i femminicidi purtroppo nascono anche da questa contraddizione ancora aperta e sanguinante. Vogliamo dei padri liberi, predisposti all’ascolto, inclini a tenere in braccio i figli e finalmente, svegli.
Lo schizzo
Corpi in torsione e sguardi che cambiano il corso della storia: la grandezza dell’artista