Corriere della Sera, 3 dicembre 2023
Milei come Trump
Javier Milei è presidente dell’Argentina da pochi giorni ma è orma da qualche anno una delle persone più conosciute e discusse del suo Paese. Il primo contatto con il pubblico è stato quello con gli spettatori di una trasmissione televisiva che ha goduto di una certa popolarità; e da quando le sue ambizioni politiche sono ormai confessate pubblicamente, il suo motto preferito è: «Non sono venuto per guidare agnelli, ma per risvegliare leoni». Il suo obiettivo è evidentemente quello di giovare alla propria reputazione con mosse clamorose. Dichiara di volere ridurre il potere dello Stato ma aumentare quello dell’autorità presidenziale e sembra essere convinto che questo avverrebbe se il peso argentino venisse convertito nel dollaro americano. Tuttavia gli economisti e i sociologi del suo Paese gli hanno spiegato quali effetti negativi avrebbe l’adozione della moneta americana su tutti i prezzi del mercato nazionale.
Lo stato delle cose è ulteriormente aggravato dalle condizioni politiche e sociali dell’Argentina. In un recente articolo pubblicato sul sito Wired leggo che Milei si presenta come «vincitore a sorpresa delle primarie argentine, ha sconfitto sia i sondaggi che lo davano al 20%, sia le due storiche formazioni politiche che hanno vinto le ultime tre elezioni: la Destra di Juntos por el cambio e i peronisti di Union por la Patria. Il suo partito si chiama La Libertad Avanza e la sua politica propone uno Stato dal ruolo ridotto, limitato unicamente alla sicurezza, all’istruzione di base e alla giustizia». Sono parole che sintetizzano il programma politico del nuovo presidente dell’Argentina e che forse non dispiacerebbero a Donald Trump.