Corriere della Sera, 3 dicembre 2023
I dieci minuti in cui Filippo ha ucciso Giulia
Venezia L’ultima immagine di Giulia viva è una sagoma sfocata. Lei che scappa, sapendo che quasi certamente pagherà con la vita. Filippo che la insegue, intorno nessuno a cui chiedere aiuto. Un video che dura soltanto pochi secondi diventato l’immagine più angosciante, terribile e straziante di questa storia.
Ma anche la fotografia del movente del delitto. La corsa di una ragazza di 22 anni che non può accettare d’appartenere ad altri se non a sé stessa. Perché Giulia non scappa da una morte ormai orribilmente inevitabile, ma fino all’ultimo sospiro insegue la sua libertà. La sua vita.
Filippo Turetta ha confessato davanti ai magistrati d’aver ucciso Giulia Cecchettin perché non accettava la fine della loro relazione: «Perché la mia Giulia era solo mia, e non poteva essere di nessuno». Perché per lui era inconcepibile che l’amore fosse finito e che Giulia potesse vivere le sue esperienze, le sue amicizie, lontano da lui. Giulia diventata la sua ossessione e lui sempre più possessivo.
Anche quando lei si era riavvicinata perché gli voleva bene e sperava che lui «non si facesse del male». Un bene che Filippo non accettava, perché Giulia c’era ma non sarebbe potuta mai essere «sua». Così l’ha colpita con una coltellata sotto all’orecchio sinistro. Un colpo profondo che ha raggiunto l’arteria basilare, tra il collo e la testa, senza lasciarle scampo. In una morte quasi istantanea. Forse proprio mentre fuggiva a Fossò. O forse pochi secondi dopo, quando il video mostra Filippo caricare in macchina il corpo della ragazza dopo averla spinta a terra e ripartire. Per poi, magari, fermarsi di nuovo dopo pochi metri e infierire mortalmente su di lei.
L’esame medico legale venerdì è andato avanti per 14 ore. Guido Viel, il consulente della Procura di Venezia, ha segnalato sul corpo più di venti lesioni. Alcune superficiali, altre da difesa ai palmi delle mani e alle braccia, altre ancora vicino al collo. Compresa quella mortale a forma di asola che sembra sferrata da dietro, o comunque in modo laterale, e che recide l’arteria basilare. Di certo tutto deve essere avvenuto in un lasso di tempo di 10 minuti: tra le 23.40, ora della aggressione a Fossò, e le 23.50 quando la sua auto lascia la zona industriale. Gli investigatori non escludono che Filippo possa aver inseguito e colpito Giulia con la lama proprio quando lei ha cercato disperatamente di fuggire dalla sua auto. Per poi caricare il corpo privo di sensi sui sedili posteriori. Ma la coltellata mortale potrebbe essere stata sferrata in un secondo momento.
La telefonata
Il delitto avviene tra le 23.40 e le 23.50. Alle 23.18 ci fu la chiamata del testimone al 112
Nei primi giorni della scomparsa dei due giovani, infatti, era emerso un secondo video, sempre nell’area industriale di Fossò, in cui si vede la Fiat Grande Punto di Turetta ferma in strada, con le luci dei freni accese. L’orario del filmato non è chiaro, ma potrebbe essere successivo all’aggressione delle 23.40. Giulia sarebbe stata così colpita in auto, magari con il 21enne che si volta e la ferisce a morte mentre è distesa sul sedile. Prima di essere colpita, in ogni caso, la vittima ha cercato di difendersi in tutti i modi. Prima, alle 23.18 nel parcheggio di via Aldo Moro a Vigonovo, poi dopo che – alle 23.31 – l’auto di Turetta entra nella zona industriale di Fossò, a 4 chilometri di distanza. I medici legali non avrebbero trovato segni di abusi sessuali, né di legature da «scotch» ai polsi e alla bocca.
Davanti al pm Andrea Petroni il 21enne dice di aver fatto «una cosa terribile». Parla così dell’uccisione di Giulia. Durante l’interrogatorio, però, non è sempre lucido. Quando ricostruisce le fasi più drammatiche, Filippo Turetta dice di non «capire cosa gli sia scattato in testa». Mentre lui racconta della fuga, delle notti a dormire in macchina, i carabinieri cercano riscontri alla sua versione. Quando parla delle coltellate, gli inquirenti chiedono conto ai medici legali proprio per capire se il suo racconto si possa considerare genuino o meno. Il suo legale Giovanni Caruso non chiede rinvii. Solo qualche pausa quando Turetta fa fatica a ricordare. La linea difensiva punta a un gesto improvviso, non premeditato. In alcuni momenti il 21enne avrebbe detto che non era sua intenzione uccidere Giulia ma solo trattenerla in auto.
L’autopsia colloca l’aggressione mortale quando l’auto di Turetta si trovava ancora nella zona industriale di Fossò. L’attenzione torna così sui 32 minuti trascorsi tra la segnalazione del vicino di casa di Vigonovo al 112 (alle 23.18) e le 23.50 quando la Grande Punto lascia il quartiere industriale. I carabinieri non sono intervenuti perché impegnati in due interventi: un’aggressione dopo un incidente stradale e una persona ubriaca e molesta in un bar di Chioggia. Il barista ha dichiarato alla trasmissione «Chi l’ha visto?» di aver chiamato la polizia (che per competenza gira l’intervento all’Arma) non al 112 ma «attraverso un numero fisso diretto con la centrale operativa». La chiamata parte un minuto prima di quella del vicino di casa. E quando viene segnalata l’aggressione, la pattuglia è già indirizzata su Chioggia.
Turetta rimane per 19 minuti nell’area industriale di Fossò. Il mancato intervento è oggetto adesso di un’indagine disciplinare del Comando generale. Verranno sentiti gli operatori della centrale e chi era in servizio quella sera. Sono state rispettate tutte le procedure? Perché non è comunque stata data una segnalazione via radio con il modello dell’auto? Ieri a Venezia Procura deserta con il procuratore Bruno Cherchi che ormai da una settimana ha bloccato ogni canale di comunicazione, nonostante l’altissima attenzione dei cittadini sul caso. Cherchi mercoledì dovrà comparire al Csm per un procedimento disciplinare su un caso di rapporti «opachi» con l’ex direttore dell’Istituto di medicina legale di Padova. È stata chiesta «l’incompatibilità ambientale».