Robinson, 3 dicembre 2023
Andrea Pazienza e il presepe
Lo sappiamo, Andrea Pazienza è tante cose tutte insieme. Autore di fumetti fatti di getto e di altri congegnati com attenzione. Autore di capolavori comici come Pertini e drammatici comePompeo. Scrittore dirompente, acquarellista, pennarellista, pittore e affrescatore. Fumettista capace di vivere appieno la vita di gruppo, di redazione, ma anche solitario, che si immerge nel foglio e lo fa vivere.Andrea è tanto, quasi tutto. Che fosse anche autore di un presepe, però, non era cosa nota e, per certi aspetti, è sorprendente. Ma fa parte delle sue diverse facce. Per esempio: artista trasgressivo e uomo legato alle tradizioni. Mariella, sua sorella, da tempo cercava il modo di costruire questo dono natalizio, trovando alla fine in Gallucci l’editore pronto a pubblicare una scatola in cui, partendo dai fogli su cui sono stampati personaggi ed elementi scenografici, si potrà costruire una natività in stile Paz.Mariella, come mai Andrea ha realizzato un presepe?«I nostri zii di San Benedetto del Tronto avevano ereditato dal nonno una fabbrica di imballaggi di cartone, un luogo molto amato da Andrea e dall’altro fratello Michele»Immagino che ci fosse grande libertà di giocare tra i cartoni.«Sì, e c’era zio Mario preoccupato che le pile non crollassero addosso. E poi, in quello che davvero sembrava uno spazio giochi, ricordo dei cani, una gabbia con una scimmia eun’auto degli anni 30 che poi venne definitivamente posteggiata lì.Quella fabbrica viene anche citata inun suo fumetto».Ti ricordi quale?«Sì, era “Una estate”. Lì si racconta il viaggio in auto verso San Benedetto quando non c’era autostrada. Andrea disegna il cartellone pubblicitario in cui c’è il nome “Di Cretico“e sotto una scatola da imballaggi».Quel cartellone esisteva davvero?«Sì. Era nei paraggi della fabbrica che ora non c’è più, così come la casa sul lungomare dov’è nato Andrea».Come si collegano però la fabbrica e il presepe?«Questi zii dovevano ogni anno pensare alle scatole natalizie. E così, per non fare la solita scritta di Buon Natale con la campanella, chiesero ad Andrea un disegno da stampare sopra. E invece lui disegnò su due fogli d’album questo lunghissimo corteo di figure in modo che girassero intorno alla scatola. Ci sono tutti: i pastori, i Re Magi, un soldato a cavallo e poi, naturalmente, i protagonisti della natività. Tutto in bianco e nero perché in bianco e nero dovevano essere stampati».Gli zii furono felici, immagino.«Felicissimi, anche se un disegno così era complicava non poco le cose. La stampa non poteva essere su un lato solo della scatola. Mi ricordo queste scatole bianche con il disegno rosso».Andrea era attaccato agli zii?«Molto. Ed era contento se glichiedevano qualcosa. Rispondeva subito facendo (come si è visto) più di quanto richiesto».Tu hai aggiunto la scenografia.«Intendiamoci, ho fatto molto poco. Il cielo stellato l’ho preso daAficionados, mentre gli sfondi con la città vengono dagli studi per una scenografia di Andrea mai utilizzata.Poi ho chiesto a Valentina Castelli di colorare digitalmente le figure che dall’altro lato rimangono in bianco e nero come nell’originale».Adesso però spiegaci in che maniera possiamo considerare Andrea non solo attaccato agli zii ma anche alla tradizione religiosa.«A modo suo lui era credente. Questo non gli impediva di fare le cose per cui lo conosciamo. E poi c’erano delle consuetudini familiari che voleva seguire. Il fatto che si sia voluto sposare in Chiesa fa parte di questo».Ovviamente ricordi la vignetta in cui Papa Wojtyla guarda il cielo con un cocktail in mano e pensa: “E se esistesse veramente?”. E poi “Mavvedi cosa vado a pensare…”.Può essere fatta da un credente?«Sì. Penso che uno come lui poteva prendere in giro anche quello in cui credeva. D’altronde aveva da una parte un’educazione cattolica che lo condizionava e insieme lo consolava, e dall’altra il suo estro, la sua energia creativa che lo portava dove sappiamo».Tutto questo aveva a che fare con un attaccamento alla famiglia, alle sue tradizioni e convenzioni?«Era legatissimo, possessivo, geloso, anche dei suoi sentimenti. Quando da San Severo andava a Bologna si fermava spesso a San Benedetto pertrovare i nonni. E, comunque, l’appuntamento del Natale era per lui fondamentale. Anche quando era sposato veniva. Da solo, ma veniva».Te lo spieghi?«Ne aveva bisogno. Aveva bisogno di ritrovarsi e di ritrovarci. Aveva un attaccamento incredibile a tutte le persone della famiglia. E arrivava a questi raduni natalizi sempre trafelato, sempre in ritardo e sempre carico di regali. Per tutti quanti.Anche per le sorelle di mia zia e le sei cugine. Ed erano tutti regali studiati.Immaginava il profumo che potesse piacere di più, oppure degli orecchini particolarissimi. E portava sempre disegni a tutti quanti. Gli piaceva proprio arrivare come Babbo Natale, pieno di pacchetti. I suoi ingressi erano sempre trionfali».In quel contesto si sentivano gli attriti che spesso aveva con il padre?«Andrea controllava la situazione, anche perché negli ultimi anni gli regalava l’abbonamento alla rivistaAironee a papà questo piaceva moltissimo. Accompagnava il regalo con uccelli bellissimi da lui disegnati.Un anno mi stupì perché regalò ai due ziiPompeo (storia autobiografica dai toni a volte molto drammatici,ndr).Come dedica aveva disegnato un sé stesso implorante che dice: “Zii! È un racconto! Solo un racconto!!”».