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 2023  dicembre 03 Domenica calendario

Storia della destra italiana


alle origini della destra italianaPartiti ed elettori. Paolo Macry ricostruisce il percorso che ha portato all’affermazione di Fratelli d’Italia, partendo dalla nascita della democrazia nel 1945Piero CraveriLuigi Martinati Futurismo di carta. «Immaginare l’universo con l’arte della pubblicità», Treviso, Museo nazionale, dal 1° marzo 2024 Alla fine della Seconda guerra mondiale l’Italia avviò il suo sistema democratico, dovendo coinvolgere una larga parte di elettorato amorfo, rimasto del tutto estraneo al sistema politico che veniva alla ribalta. La lotta partigiana era stata compiuta da una minoranza e la guerra civile ebbe pagine cruente da parte delle milizie della Repubblica sociale, ma anche da parte partigiana, a vittoria acquisita. All’epurazione, iniziata senza limiti e metodo, pose fine Palmiro Togliatti, ministro di Grazia e Giustizia, nel gennaio ‘46, con un’amnistia molto ampia. Le regioni meridionali, già liberate nel 1943, erano poi restate del tutto estranee a queste vicende e accolsero il così detto “vento del nord” con diffusa apatia e distacco.
È un quadro che Macry disegna con cura all’inizio del suo libro, svolgendo poi due analisi parallele, quella delle forze politiche di destra e quella del magma complesso di quella parte di elettorato con una vocazione di destra, incline al populismo e all’antipolitica, che trovò poi solo parziale riscontro nei partiti schierati a destra. Si prenda il caso dell’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini, che si presentò assai precocemente contro i partiti, la rappresentanza parlamentare, la professionalità della politica, e il suo motto era già quello che “uno vale uno”, come forma dichiarata di “antipolitica” e di populismo. L’Uomo Qualunque prese alla Costituente 30 seggi, per dissolversi l’anno dopo, quando, avvenuta la rottura di De Gasperi con i comunisti, votarono il nuovo governo, perdendo nelle elezioni dell’anno seguente quasi tutto il loro elettorato, che passò alla Democrazia Cristiana.
Era un elettorato prevalentemente meridionale e costituì la destra della DC, custodita con cura dalla “balena bianca”. I partiti propriamente di destra fecero così fatica a svolgere un ruolo determinante. Il Msi col suo retaggio neofascista rimase ai margini del sistema politico, i liberali invece che ne erano parte costituente, con la segreteria di Giovanni Malagodi si opposero al centrosinistra, rimanendo chiusi tra l’impossibile alleanza col Msi e la rottura con la maggioranza di governo.
Nel 1992 con la crisi del sistema partitico della prima Repubblica le contrapposizioni all’interno della destra restavano molteplici. Il Msi con Gianfranco Fini aveva operato un distacco dal retaggio neofascista, proponendosi come partito conservatore. Era poi emersa la Lega Nord di Umberto Bossi che nel 1992 conquistava 58 seggi alla Camera, ponendo una questione “settentrionale”, col richiedere una spesa regionale proporzionale al prelievo fiscale.
Ad unificare le forze politiche della destra sarebbe stato Berlusconi, assorbendo nel suo partito, Forza Italia, tutti i segmenti sparsi di centro destra, esclusa la Lega che al suo fianco mantenne la propria identità. Quello instaurato da Berlusconi era un sistema di alternanza di cui Macry vede bene l’elemento implicito di instabilità, nel non sopito populismo, frutto irrisolto della crisi del ’92. Berlusconi stesso ne faceva uso, promettendo una stabilità e una crescita economica che i suoi governi non realizzarono. La sinistra al governo aveva portato l’Italia nella moneta unica europea, che assicurava la stabilità monetaria con i vincoli conseguenti. Berlusconi nel 2011, dava le dimissioni, non essendo in grado di controllare le contraddizioni della sua ampia maggioranza nell’affrontare la stretta di bilancio che si rendeva necessaria. Sopravvenne allora una nuova stagione centrista, da Monti a Draghi, con la partecipazione di tutte le forze politiche e con l’opposizione a tratti della Lega e del Movimento5Stelle e permanente di Fratelli d’Italia.
L’elettorato italiano, dopo la caduta di Berlusconi del 2011, aveva raggiunto un massimo di liquidità e le forze politiche che aderivano alle maggioranze centriste, hanno perduto inesorabilmente voti. È stato il caso della Lega che nel 1918 era salita al 17%, per poi scendere sotto il 10. La parabola più vistosa è stata quella del M5S, guidato da Beppe Grillo con travolgenti campagne elettorali contro tutti e con un programma che sotto molti aspetti era assai simile storicamente a quello del movimento qualunquista. Dopo aver conseguito il 32,68 % dei voti nel 2018, assumendo poi responsabilità di governo, nel 2022 scendeva al 15 per cento.
A crescere da ultimo è stato il partito Fratelli d’Italia. Rimasto per un decennio fuori dalle maggioranze di governo, ha guidato una rinnovata coalizione alternativa di destra alla vittoria elettorale nel 1922, portando Giorgia Meloni alla presidenza del Consiglio. Ora la questione prioritaria non è quella della maggioranza di governo, ma la stabilizzazione del sistema. Tutti i problemi di governo restano da risolvere, così come le pulsioni del populismo e dell’antipolitica presenti nell’elettorato, di cui anche la destra si è servita in passato. E il M5S, all’opposizione dell’attuale maggioranza, non può dirsi di sinistra, essendo movimento animato da tipiche suggestioni di destra. Poiché non sembra esserci auspicabile alternativa all’attuale sistema alternativo, la partita, come mostra l’analisi di Macry, resta ancora del tutto aperta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Paolo Macry
La destra italiana
Laterza, pagg. 160, € 16