La Lettura, 3 dicembre 2023
Riposizonare le date della storia
Fissare la storia attraverso le date. È la nostra abitudine da sempre, per ricordare fatti ed eventi che hanno caratterizzato il passato. Fissarle fa parte del nostro patrimonio, della nostra cultura e scandisce i tempi della nostra memoria, anche nel nostro piccolo e modesto ambito di ricordi individuali. Le date, allora, le ricordiamo o proviamo a farlo. Basandoci su alcune di esse, che consideriamo fondamentali, che pensiamo marchino lo sviluppo del nostro tempo, della nostra società, del nostro quotidiano collettivo. Ma quelle date che adoperiamo per consuetudine a partire dai banchi di scuola – date di scoperte, di guerre, di eventi basilari – bastano a definire con nettezza i momenti qualificanti del passato, in un mondo sempre più globalizzato, nel quale gli intrecci e le sovrapposizioni sono infinite?
Patrick Boucheron, nome di grido nel contemporaneo Pantheon degli storici francesi, tenta nel libro Le date che fanno la storia (traduzione di Alessandro Manna, Laterza, pp. 468, e 25) di rispondere a questa domanda. Lo fa con un piglio sicuramente originale, giustapponendo ben trenta date, comprese in dieci percorsi narrativi che fanno da fil rouge che accompagna il lettore in questa sequenza di date-avvenimento che hanno rappresentato, dal suo punto di vista, momenti catalizzanti per la storia dell’uomo.
La scelta delle date fatta da Boucheron ha un carattere singolare, spesso spiazzante. L’ambito cronologico è vastissimo e copre circa ventimila anni, dalla grotta di Lascaux fino alla liberazione di Nelson Mandela, l’11 febbraio 1990. Però, la prospettiva adoperata dall’autore non è d’antan, una pedissequa e monotona ripetizione di date che brillano nei recessi della storia, ritinteggiate con una patina di modernità che le ravvivi un po’. No, la scelta è intrigante, a partire dalla definizione degli anni Zero. Boucheron comincia da qui per misurare il corso del tempo, in una maniera che non è, come si sa, uguale ovunque, perché spesso l’anno Zero, la data d’avvio di un’epoca, cambia a seconda delle culture, delle fasi e delle religioni. Ad esempio, l’era cristiana comincia con la nascita di Gesù, il tempo islamico inizia con il passaggio del profeta Maometto dalla città di Mecca a quella di Medina. Ci sembrano scelte scontate, oggi. Sfugge invece che anch’esse sono state frutto di decisioni che si sono sedimentate nel tempo.
Chi sa, infatti, che il calendario cristiano per indicare lo Zero ha esitato a lungo tra il momento della Natività e quello della Passione? Momenti tra i quali scorrono ben trentatré anni, una soluzione che se fosse adottata oggi cambierebbe totalmente la fisionomia del nostro calendario occidentale, in cui, ironizza l’autore, «gli eventi rimarrebbero gli stessi ma risulterebbero spostati di trentatré anni», e il XIX secolo diventerebbe un secolo rivoluzionario, inglobando il 1848 e il 1917, mentre «il XX secolo dell’era della Passione comincerebbe con il crollo di Wall Street e l’arrivo al potere di Hitler». Senza contare quanto difficile sia il calcolo della Passione: «Il Concilio di Nicea del 325 definì il carattere ciclico e lunare della data della Pasqua, la quale divenne per forza di cose una data mobile del calendario cristiano, che era solare». Pertanto, la Crocifissione fissa certamente un tempo nuovo ma non poteva fungere da riferimento cronologico. Insomma, non poteva far data. E allora, spiega Boucheron, si ricorse ad altro, a partire dalle vicende di un oscuro monaco, Dionigi il Piccolo, che, su richiesta di Papa Giovanni I, nel 525, assunse come riferimento di inizio dell’era cristiana non una data mobile, quella della Pasqua, ma una fissa, «anche se del tutto fittizia e sdoppiata, situata tra l’Incarnazione (25 marzo) e la nascita (25 dicembre) di Cristo». La consuetudine poi di far cominciare l’anno il 1° gennaio è acquisizione relativamente recente, del XVI secolo.
Le date scelte da Boucheron, si diceva, possono apparire spiazzanti ma, se si segue il suo ragionamento, questa sensazione svanisce. Prendiamo ad esempio il percorso dedicato alla «Traversata dei sogni», che ha un sottotitolo significativo, «per inventare nuovi mondi» cioè momenti di svolta decisivi: qui si rende plausibile il contatto tra la conquista del Polo Sud, nel 1911, «quando comincia il tempo del mondo finito», e il viaggio di Colombo del 1492, «una data feticcio orgogliosamente piantata tra Medioevo e modernità». E, fin qui, niente di strano, se non il ribaltamento della cadenza cronologica. Ci aspetteremmo allora, nel parlare di traversate e di sogni, una data che segua questa falsariga – un altro viaggio, che so, l’inizio dell’esplorazione dello spazio – ma, in modo inaspettato, ecco comparire la Donazione di Costantino, con una data ballerina che si allarga a ventaglio, con una forbice cronologica che va dal 315 al 1440 e una spiegazione tutt’altro che ingenua: «Paradossale data di un evento che non ha mai avuto luogo, ma le cui ripercussioni furono tali da far nascere un nuovo mondo», perché fu un «vero e proprio spettro che si aggirò per l’Europa medievale, il sogno fatto un giorno da Costantino di fondarvi un impero cristiano», che diventa, per Boucheron, l’ossessione del potere della Chiesa sulla Terra; e «per costruire un nuovo mondo era necessario sbarazzarsi di questa ossessione», liberandosi del documento che attestava questo potere, la Donazione di Costantino, il più celebre dei falsi medievali costruito dalla cancelleria pontificia in età franca e smascherato dall’umanista Lorenzo Valla.
L’itinerario di Boucheron viaggia tra alcune date ineludibili nel nostro tradizionale patrimonio di cronologie (Hiroshima, 6 agosto 1945; la peste nera, 1347; la distruzione di Pompei, 79 d.C.) accompagnate tuttavia da altre insolite, sconosciute ai più ma essenziali per il riflesso globale che ebbero. Come la battaglia di Talas del 751, dal respiro grandioso ed effettivo – niente a che vedere con la nostra battaglia di Poitiers, di qualche decennio prima, a confronto quasi una scaramuccia —, una battaglia che fu scontro tra la civiltà cinese da un lato e islamica dall’altro, avvenuta in una delle regioni crocevia del pianeta d’allora, al centro dell’Asia, l’area della Transoxiana, cioè al di là del fiume Oxus, l’odierno Amu Darya. Oppure il sacco e la distruzione causata dalle truppe anglofrancesi del palazzo d’estate di Pechino, tra il 6 e il 18 ottobre 1860, evento che sancisce l’inizio del «secolo dell’umiliazione cinese» e dell’imperialismo globale britannico.
Ogni data proposta da Boucheron è un’inaspettata porta d’accesso a storie spesso sorprendenti, perché, come suggerisce, con tono compiaciuto l’autore, «la storia è anche, e soprattutto, l’arte di riservare delle sorprese».