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 2023  novembre 14 Martedì calendario

Biografia di Eugenia Roccella (Eugenia Maria R.)

Eugenia Roccella (Eugenia Maria R.), nata a Bologna il 15 novembre 1953 (70 anni). Politico. Attivista. Giornalista, già editorialista di Avvenire, il Giornale, Il Foglio. Già portavoce del Family Day, insieme all’ex segretario generale della Cisl Savino Pezzotta (maggio 2007) • «Una teo-con» (Marco Damilano) • «Sobria nel vestiario e negli atteggiamenti» (Roberto Gressi) • «Una ex femminista pronta a rinnegare le battaglie di gioventù, per tuffarsi nel conservatorismo più radicale» (Rolling Stones) • Eletta alla Camera nel 2008 (Forza Italia, poi Popolo della Libertà) e nel 2013 (Pdl, poi Nuovo Centrodestra, Area Popolare, IdeA, Scelta Civica). Già sottosegretario al Lavoro, alla Salute e alle Politiche sociali (2008-09) poi alla Salute (2009-11) nel Berlusconi VI. Rieletta alla Camera per la terza volta nell’ottobre 2022 (stavolta con Fratelli d’Italia), Giorgia Meloni l’ha voluta ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità • «È diventata immediatamente la ministra di cui più si è detto per definire “di destra, conservatore e reazionario” questo governo. Si è aggiunto omofoba, razzista, pericolosa. Un ospite tv, che forse ora verrà querelato, ha detto perfino che vuole far fare i figli solo “ai bianchi”» (Annalena Benini) • «Si è schierata contro tutti i diritti civili. È contro la pillola abortiva, contro le unioni civili, contro il reato di omofobia, contro l’eutanasia e il suicidio assistito, contro il divorzio breve, contro la procreazione assistita, contro la gestazione per altri» (Flavia Amabile) • Gli LGBT la contestano duramentente. Le Famiglie Arcobaleno: «La sua nomina a ministro è una dichiarazione di guerra contro di noi, ora temiamo per i nostri figli». Ivan Scalfarotto, senatore di Italia Viva: «Saremo fermissimi perché si eviti qualsiasi tentazione di una deriva polacca o ungherese». Il circolo Mario Mieli: «Se è arrivato il momento di combattere siamo pronti alla guerra e alle barricate» • Lei non si scompone: «Sono di destra, e allora?». E spiega: «Hanno la necessità di rappresentarmi come arcigna, punitiva: soprattutto in quanto cattolica, che è il vero aspetto non sopportato. Non possono correre il rischio, in un dialogo, di scoprire cose differenti. La radice dell’intolleranza nasce dalla necessità di negare l’altro».
Titoli di testa «L’ho conosciuta negli anni Settanta, quando faceva le battaglie con i Radicali. Tra l’altro, lei era molto più politicizzata di me» (Emma Bonino).
Vita Figlia di Franco R., siciliano, fondatore dell’Unione goliardica italiana, poi del Partito radicale e della pittrice femminista Wanda Raheli. I due si sono conosciuti a Bologna. Quando nasce la piccola Eugenia, si rendono conto di non essere tagliati per fare i genitori. «Erano troppi occupati a vivere» (Nicoletta Taliacos, Foglio 28/1/2023). «Mio padre era una persona di grandissima intelligenza e generosità, ma anche infantile, innocente e bugiardo. Un uomo molto affascinante, anche umanamente: uno a cui piaceva mangiare, uscire, stare con gli amici. Si spendeva molto per gli altri, conversava subito con tutti». Che rapporto c’era tra voi? «Complicato. Stava molto poco in casa. Era poco padre. Anche mia madre era poco madre. Tutti e due erano poco genitori e molto figli» (Barbara Romano, Libero 15/2/2009) • In una notte di primavera del 1954, Franco Roccella piomba inaspettato da Bologna nella casa paterna a Riesi, provincia di Caltanissetta. In braccio, la figlioletta di sei mesi. La affida alla sorella maggiore Sarina, rimasta zitella, felicissima di quel dono. «Questo voleva sembrare: un dono più che un abbandono. “Se non proprio un regalo, un prestito a lungo termine. Io rimasi. Mio padre il giorno dopo salutò e se ne andò, per riprendere la lunga fuga che è stata la sua vita, con i suoi eterni ritorni siciliani”» (Tiliacos) • «Così sono cresciuta in Sicilia, affidata a mia zia e a un amatissimo nonno, i miei genitori non erano in grado di occuparsi di una bimba. Sono venuta a vivere con loro a Roma a cinque anni. Prima di cedermi ai “miscredenti”, mia zia mi fece battezzare. Poi io chiesi a mia mamma di fare la comunione e la cresima». E come reagirono i “miscredenti”? «Mia madre ne parlò con mio padre. Attimo di silenzio. Lui, da tipico siciliano, rispose: “Va bene, essere cattolica per una donna non è male”. Quando mi fu chiesto di indicare una madrina, scelsi Liliana Pannella, la sorella di Marco» Pannella ricorda che la teneva spesso sulle ginocchia da ragazzina. «Ah sì? Le nostre famiglie si frequentavano molto. Ricordo i Natali in casa Pannella a mangiare il tacchino con le castagne. La mamma di Marco era francese, cucinava molto bene» (Romano) • Eugenia ricorda con affetto la vita dei suoi nella capitale: gli ideali liberali, liberisti e libertari, il Partito radicale, un piccolo ma rilevantissimo terzo incomodo tra democristiani e comunisti… Lei ascolta «le discussioni nel gruppo ristretto degli ex goliardi, che commentavano la politica italiana ed estera, parlavano di letteratura, estetica, di qualunque argomento, sprizzando intelligenza e anticonformismo da tutti i pori» (Tiliacos) e ne rimane incantata • Proprio suo padre è stato tra i fondatori del Partito radicale. Pannella lo ha sempre considerato il suo maestro. Cosa ricorda lei di lui? «Marco era bellissimo e sempre alla ricerca di finanziamenti». Suo padre con lei era più radicale o più siciliano? «Non era per niente radicale con me in tema di diritti civili. Sono diventata femminista anche per questo» (Romano) • «Fin da piccolina mia madre mi portava ai congressi radicali, molto bohémien, dove c’erano quattro gatti» • Eugenia si tuffa nella politica. Conosce Tullio De Mauro, Gino Giugni, Adele Cambria, Dacia Maraini, Stefano Rodotà, Pier Paolo Pasolini. Si batte per l’emancipazione del suo sesso. «Noi donne eravamo costrette a portare il grembiule col fiocco, siamo riuscite a togliercelo solo al Tasso […]. Da allora abbiamo indiziato a indossare solo scialli e gonnellone a fiori». I radicali raccontano che lei era «più assatanata della Bonino» e mimava anche lei con le mani il simbolo della vagina. «Quello era il simbolo femminista, non c’era nulla di volgare. Noi siamo stati vicini ai radicali, ma il femminismo è un’altra cosa. Qualunque radicale le dirà che il Movimento per la liberazione della donna era un movimento di pazze invasate. Io non andavo per niente d’accordo con le donne radicali, compresa la Bonino». Aveva 15 anni nel ‘68. Come l’ha vissuto? «Ero nel movimento studentesco. Ma la mia prima, unica, reale militanza è stata il femminismo» (Romano) • A diciott’anni Eugenia aderisce al Movimento di liberazione della donna, e ne diventa una delle leader. Denuncia la «natura specifica dell’oppressione della donna a livello economico, psicologico e sessuale». Propone leggi per garantire l’aborto, liberalizzare gli anticoncezionali e istituire asili nido. Nel 1975, la giovane Roccella cura la prima edizione di Aborto, facciamolo da noi (scritto con Adele Faccio, Napoleone Editore), che tra le altre cose sosteneva il metodo Karman per l’interruzione di gravidanza. «Il contenuto del libro, i cui dettagli non lasciavano spazio all’immaginazione, viene descritto dalla stessa Roccella in un’intervista rilasciata all’epoca a Paola Fallaci, sorella di Oriana […] L’allora giovanissima Eugenia, “studentessa alla facoltà di lettere di Roma”, due incriminazioni a Palermo per “incitamento a delinquere” poiché in un comizio invitò le donne ad autodenunciarsi per aborto, spiegava: “II libro non vuole affatto che la singola donna si metta in bagno a farsi l’aborto da sola. oltre che da incoscienti, sarebbe una cosa impossibile. Alla singola donna vuole dare soltanto informazioni e indirizzi giusti. Indirizzi dove troverà gruppi di donne, i “Self Help”, che le praticano l’aborto secondo la tecnica moderna, sicura e indolore. La nostra proposta è solo un momento della lotta, non ci sogniamo neanche di seguitare per tutta la vita a fare gli aborti in queste condizioni”. E quindi precisava ulteriormente: “La mammana cos’è? È l’unica che abbia offerto un po’ di solidarietà alle donne. E non per arricchirsi come certi medici che noi trattiamo con molto rispetto, dimenticando che loro, ‘i dottori’, avevano i mezzi per evitare alle donne le stecche d’ombrello, i decotti e i gambi di prezzemolo, ma non li hanno mai voluti usare. Non siamo noi le mammane, ora. Noi usiamo metodi moderni e sicuri”. Paola Fallaci ricordava quindi alla giovane Roccella che nel libro si parlava di “pompe di bicicletta”, e l’intervistata ribatteva: “La pompa di bicicletta è soltanto lo strumento che può utilizzare chi non ha l’aspiratore elettrico, difficile da procurarsi e molto costoso. Non c’è nulla di stregonesco in questo, né di anti-igienico, né di agghiacciante: è un procedimento meccanico, molto più ambiguo a descriverlo che a vederlo fare. Certo, da come parli tu, sembra che una donna debba infilarsi la pompa nel corpo e mettersi furiosamente a pompare! Non è mica così”. “Ma tu lo faresti un aborto con la pompa di bicicletta?” domandava la Fallaci, al che lei replicava: “Sicuramente non lo farei con il raschiamento. E andrei da un gruppo di donne proprio per l’appoggio morale e la garanzia che mi darebbero”. “Ma non sarebbe meglio tenervi un medico vicino?” s’informava a quel punto l’intervistatrice. E la risposta di Eugenia Roccella era: “Magari! Vorrebbe dire che avremmo già vinta la battaglia per l’aborto, vorrebbe dire cioè che i medici accettano di fare aborti a basso prezzo e ad alta garanzia”» (Marco Zonetti, Dagospia) • La vita di Eugenia, però, prende una piega inaspettata. Si sposa giovanissima, a 21 anni e mezzo. Ha due figli. E, soprattutto, si trova costretta a fare da madre ai suoi genitori. Deve affrontare l’agonia di suo padre («È morto in casa, come voleva lui, e non ha mai chiesto di lasciarlo morire») e la malattia di sua madre («Era come un bebè») • «Mia madre cadde in coma per un’emorragia cerebrale causata da un aneurisma. Fu operata in Canada e rimase un paio di mesi in stato vegetativo. Poi, nel giro di due anni, recuperò moltissimo. Ed è morta vent’anni dopo». Anche per questo si è così appassionata al caso di Eluana? «Certo. Ma c’entra anche il pensiero femminista. Molti pensano alle femministe come a delle scalmanate, abortiste o paritarie. Invece, dentro a un femminismo che vuole valorizzare la differenza, ha un grande posto l’etica della cura». Quando sua madre era nelle condizioni di Eluana non l’ha mai neanche sfiorata il pensiero di porre fine alla sua agonia staccando la spina? «Assolutamente no. Tra il tenere tra le tue la mano tiepida di una persona ancora viva e quella rigida e fredda di un corpo morto c’è una differenza incolmabile: la differenza decisiva tra la vita e la morte. In quelle mani si crea un contatto di relazione». Potrebbe anche essere una suggestione. «Può darsi. Ma il professor Giuliano Dolce ha ricordato il famoso “effetto mamma” in base al quale, di fronte a voci e contatti di persone care, si attivano alcune reazioni cerebrali» (Romano) • «Nelle lunghe veglie accanto alla madre, quando ancora non sa se si sarebbe ripresa, Eugenia prega: “Pregavo qualcuno che avevo sempre sentito vicino, ma la cui presenza non accettavo, come un innamorato impresentabile di cui vergognarsi con parenti e amici. Per tanto tempo non avevo ammesso la mia fede nemmeno davanti a me stessa, anche se talvolta il dialogo con l’interlocutore segreto riprendeva, quasi inconsapevolmente, cogliendomi di sorpresa”» (Tiliacos) • «Dal 1994 collabora con la rivista di centrodestra Ideazione. La vera svolta però avviene nel 2005, con il referendum sulla fecondazione assistita “quando mi sono schierata per l’astensione: da allora sono diventata compagna di strada della Chiesa cattolica […]”. E così comincia a scrivere editoriali per Avvenire, il quotidiano della Cei. Viene scoperta dal Foglio di Giuliano Ferrara. Il resto lo fa il magistero di Benedetto XVI» (Maria Antonietta Calabrò) • Anche il suo impegno come autrice subisce un mutamento: da abortista convinta inizia a sfornare una serie di pamphlet pro vita • «Leggere le sue dichiarazioni di oggi e poi compararle con quelle degli anni Settanta può essere straniante: il confine tra la Roccella “originale”, radicale e femminista, e la doppelgänger che ne ha preso il posto, conservatrice e pro vita, diventa sfumatissimo. La stessa autrice che, nel ’75, scriveva che “a difendere il diritto all’aborto dobbiamo essere proprio noi femministe”, trent’anni dopo avrebbe dichiarato: “Quest’idea per cui la procreazione assistita sarebbe un modo per andare incontro a un desiderio naturale della donna fa parte di un armamentario esclusivamente propagandistico”» (Rolling Stones). È nata la Roccella di oggi • Lei ha tanti «fratellini» radicali nel PdL: da Quagliariello a Elio Vito, a Benedetto della Vedova, a Raffaele Perna… Come mai molti radicali a un certo si convertono sulla via di Arcore? «Perché i radicali sono cresciuti nell’anticomunismo». Chi l’ha introdotta alla corte di Re Silvio? «Io non sono in nessuna corte. Ho conosciuto Sandro Bondi, con cui è nato un rapporto di stima reciproca ed è stato lui a proporre la mia candidatura». Le è piaciuto subito il Cavaliere? «Io ho sempre votato Berlusconi, fin dall’inizio». Perché ha scelto il Family Day per la sua ridiscesa in campo? «Io non ci pensavo affatto. Mi è stato proposto chiedendo un apporto laico». Chi glielo ha proposto? «Mimmo Delle Foglie, a nome delle associazioni che hanno promosso la manifestazione. Lui è stato il paziente tessitore». Al termine della legislatura tornerà in panchina o studia da ministro, come si vocifera nel PdL? «Io ho cominciato con una militanza femminista, poi sono tornata a casa per vent’anni perché avevo due figli e persone anziane da accudire. A me la politica piace» (Romano) • Nel PdL dicono che lei sia la pupilla di Ruini. «Solo perché ho fatto il Family Day». Che tipo è monsignor Ruini? «È un grandissimo padre, una persona di rara intelligenza e acutezza, ma anche un uomo di grandissima capacità spirituale. Non è assolutamente un Richelieu. vivissima in lui l’idea di una Chiesa che va oltre la contingenza storica». Raccontano che in un colloquio riservato tra lei, Ruini e un’altra parlamentare del PdL che si batteva il petto, Ruini, guardando lei, ma rivolto all’altra abbia detto: «Signora, lei è un po’ troppo cattolica» «Non è così», ride, «ma lui è sicuramente un fautore del coinvolgimento dei laici, proprio perché le ragioni di certe scelte non sono cattoliche, ma ragioni tout court» (ibidem).
Curiosità Ha tre gatti, Donald, Oliver e Colette, e un cane zoppo, Spock • Non le dispiace sbrigare le faccende domestiche • Ha curato un Dizionario biografico delle Italiane assieme a Lucetta Scaraffia (247 ritratti femminili) • Molto amica di Roberto Formigoni • Ha cresciuto i suoi figli «con il suo latte fino allo scoccare dei 12 mesi» (Margherita De Bac) • «Molti omosessuali mi scrivono in privato per dirmi che ho ragione» • Dice che da quando sono arrivati i social il dibattito pubblico è diventato idiotissimo • «Leggere tutti i pensieri che mi vengono attribuiti, e non riconoscermi spesso in nemmeno una virgola, mi sta facendo molto riflettere sul rischio di un dibattito pubblico in cui pensieri articolati vengono semplificati fino a essere deformati in pure idiozie» • «Mi trovavo ai giardinetti e ho sentito urlare il nome ‘Eugenio’ e poi ‘Enricomaria’, e ho visto che il padrone chiamava così due cani. Questa cosa mi ha fatto riflettere. Ho pensato che in questo nostro dare i nomi ci fosse il segno di un diffuso bisogno di affettività, di famiglia, qualcosa a cui dare ascolto, e forse in qualche caso anche un segno di solitudine. Il 30 per cento delle famiglie in Italia oggi è composta da una sola persona» • «Lo Stato deve consentire alle donne di poter fare figli senza che esse debbano privarsi delle libertà, da quelle importanti come la carriera a quelle più futili come l’aperitivo» • «Se tu in politica nemmeno ascolti le persone che hai davanti, nemmeno ti sforzi di capire cosa stanno dicendo per meglio controbattere, alla fine stai facendo saltare quello che mio padre chiamava ‘il libero gioco dei convincimenti’. Cioè fai saltare la dialettica politica sulle cose vere, quelle che accadono sul serio. Questo alla lunga non può non avere conseguenze anche sulla qualità della democrazia» • «La sinistra che oggi vedo incarna invece quello cui mi oppongo e che mi fa paura: la censura del pensiero degli altri, il transumanesimo, persino certe radicalizzazioni in campo economico. Io ero di sinistra, ma oggi mi sarebbe impossibile. Sono a destra perché mi batto per quella che chiamo ‘la conservazione della condizione umana’. E dico di più: non è casuale che oggi alla guida di un governo di destra ci sia una donna, che ha saputo sviluppare le sue doti di leadership sostenendo nello stesso tempo la sua visione culturale, sociale» • Ripensando al passato dice che il movimento di Pannella ha perso politicamente ma ha stravinto sul piano della cultura diffusa, avanguardia di un pensiero irregolare che oggi è senso comune banalizzato». E aggiunge: «Tutto quello che so della politica l’ho imparato da Marco, e non l’ho più dimenticato».
Titoli di coda Torniamo agli anni Settanta. Eugenia Roccella era una leader radicale? «Stava in quel gruppo del Movimento di liberazione della donna. Non l’ho mai pensata come una leader». Era legata a Marco Pannella? «Marco era molto legato a suo padre Franco». Da quanto non la sente? «Non l’ho mai più sentita da allora». Vorrebbe dirle qualcosa? «No. Da dirle, non ho niente» (Emma Bonino).