22 novembre 2023
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Biografia di Nicolás Maduro Moros
Nicolás Maduro Moros, nato a Caracas il 23 novembre 1962 (61 anni). Politico. Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela dal 19 aprile 2013. Già vicepresidente del Venezuela (2012-2013) e ministro degli Esteri (2006-2013). Presidente del Partito socialista unito del Venezuela (dal 2013).
Titoli di testa «L’unica proprietà che possiedo è mia moglie Cilia».
Vita «Figlio di una colombiana e di uno dei più noti leader sindacalisti della provincia di Caracas, Nicolás Maduro ha seguito ancora adolescente le orme del padre» [Roberta Zunini] • Il padre, tassista, muore quando lui ha 15 anni • «La politica ce l’ha nel sangue sin da ragazzo. Non si è mai laureato, ma alla scuola superiore passava per “uno dalla mano dura e dai giochi pesanti”, ricordano oggi alcuni suoi vecchi compagni. Amava il rock più della lambada, militava per la “Lega socialista” ma in pochi prendevano sul serio il suo impegno politico. Nel 1983, al tempo delle superiori, grazie al fisico possente da giocatore, peraltro scarso, di baseball, viene assunto come bodyguard disarmato del candidato presidenziale dell’epoca, il giornalista José Vicente Rangel. Stesso incarico che svolgerà poi anche per Chávez, durante la sua prima trionfale campagna presidenziale, nel 1998. I soldi, però, […] Maduro li porta guidando a casa la metro e diventando presidente del sindacato di categoria, anche se, a detta di alcuni colleghi che evidentemente non lo amano, era il macchinista “con più incidenti e assenze nel curriculum”. […] A Hugo Chávez deve tutto. Un’amicizia, la loro, che affonda le sue radici nel golpe tentato nel 1992 dall’allora tenente colonnello dei paracadutisti. Il futuro presidente venne arrestato, Maduro cominciò a fargli visita in carcere. Prima con sospetto – si trattava pur sempre di un militare –, poi da amico, sino ad arrivare a percorrere assieme a lui i gradini del Palazzo presidenziale di Miraflores» [Paolo Manzo] • «Chávez lo volle con sé tra i fondatori del Movimento V Repubblica, il partito bolivariano che nacque in quegli anni tra i giovani ufficiali dell’esercito. Con l’avvento di Chávez in politica, nel 1998 Maduro venne eletto deputato» [Omero Ciai] • «La svolta di una vita tutto sommato disordinata arriva grazie alla sua fedeltà a Chávez e, soprattutto, al fidanzamento con Cilia Flores, già presidente del Parlamento, come del resto lo stesso Maduro, […] procuratrice generale della Repubblica e pasionaria del Psuv, il Partito socialista unito del Venezuela. Accusato dall’opposizione, senza prove, di arricchimento illecito nel 2004, nell’agosto del 2006 diventa ministro degli Esteri. Ha appena 43 anni. Un record. Nella storia rimangono alcune sue celebri performance, come quando definì il controverso sottosegretario agli Esteri di Bush jr, John Negroponte, un “piccolo funzionario con la fedina penale sporca”, o come quando […] sbatté i pugni davanti ad una sbigottita assemblea dell’Organizzazione degli Stati americani per chiedere il ritorno in Honduras dell’ex presidente Manuel Zelaya, rovesciato da un golpe» [Manzo, cit.] • Gli eventi precipitarono nell’autunno del 2012, quando Hugo Chávez (1954-2013), appena confermato presidente ma sempre più provato dalla lotta contro il cancro, decise dapprima, in ottobre, di nominarlo vicepresidente, per poi, la sera dell’8 dicembre, consacrarlo pubblicamente quale suo erede politico. «Non era un arrivederci, sembrava un addio il discorso televisivo […] del presidente venezuelano. Intorno a un tavolo, nel Palazzo di Miraflores, circondato dai suoi più stretti e fedeli collaboratori, Chávez ha ammesso per la prima volta di fronte al Paese quello che ha negato e conservato nel più assoluto segreto per mesi. Il tumore […] non è stato vinto. Il presidente non è guarito nonostante tre interventi chirurgici, la chemio e la radioterapia. E ora, appena due mesi dopo la sua rielezione, la situazione è grave. Tanto grave che il presidente è rientrato da Cuba soltanto per designare un successore in diretta tv, per chiedere “con il cuore” ai suoi militanti di appoggiare un suo delfino, strozzando sul nascere le lotte intestine che potrebbero scoppiare nel movimento chavista se lui dovesse abbandonare la scena senza aver fatto testamento. Così l’ha fatto, da grande leader populista qual è, ed è tornato al Cimeq, l’ospedale dell’Avana. […] “La mia opinione ferma – ha detto –, piena, come la luna piena, irrevocabile, assoluta, è che, se io non fossi in grado di svolgere le mie funzioni e fosse necessario convocare nuove elezioni, voi dovreste eleggere Nicolás Maduro come presidente”. Mentre Chávez parlava, alla sua sinistra Maduro aveva l’aria sconvolta, quasi impaurita. A un certo punto Chávez stava addirittura per passare a Maduro la spada di Bolívar (bastone del comando in Venezuela), ma si è fermato tra gli sguardi attoniti degli altri presenti. Era troppo. Sarebbero diventate simbolicamente dimissioni in diretta e in anticipo» [Ciai, cit.] • «Perché lui e non altri? Probabilmente per la sua lealtà a Chávez, che lo ha portato, tra i pochi del suo gabinetto, a essere informato puntualmente sull’evoluzione della malattia dell’amico Hugo. […] Nicolás il politico ma anche l’amico e, soprattutto, l’uomo che gestisce i cubani della security a Caracas e dintorni. Insomma, “el hombre” giusto a cui consegnare il Paese del dopo Chávez» [Manzo, cit.] • Assunta ad interim la presidenza alla morte di Chávez (5 marzo 2013), alle elezioni presidenziali del successivo 14 aprile, nonostante l’autorevole investitura, Maduro prevalse di stretta misura sul riformista Henrique Capriles Radonski, ottenendo il 50,66% di consensi a fronte del 49,07% dell’avversario (con una partecipazione al voto pari al 79,68% degli aventi diritto), tra non poche denunce di brogli e contestazioni. «Nel primo discorso al Paese, Maduro è apparso incerto. La sua è una vittoria con un sapore di bocciatura che pochi si aspettavano. Secondo i primi calcoli, nelle cinque settimane che sono trascorse dalla scomparsa di Chávez il nuovo leader avrebbe “bruciato” quasi un milione di voti» [Rocco Cotroneo] • Una volta proclamato presidente a tutti gli effetti, Maduro assunse immediatamente un atteggiamento autocratico, avocando a sé il potere legislativo, dapprima in formale ossequio alla costituzione vigente grazie all’acquiescenza dell’Assemblea nazionale dominata dalla sua stessa coalizione, poi, all’indomani della schiacciante sconfitta subita alle elezioni legislative del 6 dicembre 2015 (in cui la coalizione d’opposizione ottenne ben 109 seggi sui 167 totali), esautorando di fatto la nuova Assemblea nazionale in favore del Tribunale supremo di giustizia, opportunamente infiltrato dal regime, e traendo quindi da questo la legittimazione del suo potere sempre più autoritario. La crisi istituzionale si esasperò dopo che, il 21 ottobre 2016, il Consiglio nazionale elettorale (anch’esso ritenuto colluso con il regime) ebbe annullato l’indizione del referendum richiesto dall’opposizione per revocare l’elezione di Maduro: in seguito alle tensioni innescate dalle proteste parlamentari e popolari, prontamente represse, il 30 marzo 2017 il Tribunale supremo di giustizia esautorò l’Assemblea nazionale, spogliandola anche formalmente del potere legislativo per assumerlo esso stesso a tempo indeterminato, e revocando contestualmente l’immunità parlamentare. Il tentativo di colpo di Stato fallì grazie al coraggioso intervento del procuratore generale Luisa Ortega Díaz, che l’indomani denunciò sulla televisione di Stato l’incostituzionalità del provvedimento: di fronte a tale inatteso smacco, Maduro ordinò al Tribunale supremo di giustizia di rivedere la propria decisione, e il 1° aprile i poteri dell’Assemblea nazionale furono restaurati, sebbene solo formalmente. Dopo nuove proteste e almeno 29 morti, il 1° maggio 2017 il presidente annunciò la convocazione di un’Assemblea costituente incaricata di riformare la costituzione vigente, con l’evidente obiettivo di esautorare definitivamente l’Assemblea nazionale. Ne risultò una lunga sequela di esecrazioni da parte della comunità internazionale e, soprattutto, un crescendo di manifestazioni di protesta, ferocemente represse dal regime con oltre centosessanta morti, almeno quindicimila feriti e circa cinquemila arresti. Il 16 luglio 2017 si tenne un referendum, indetto dall’Assemblea nazionale e considerato illegittimo dal regime, cui parteciparono oltre 7,5 milioni di venezuelani, esprimendo con quasi il 99% dei voti la loro contrarietà all’istituzione dell’Assemblea costituente e il loro desiderio di mantenere e consolidare la costituzione vigente; ciononostante, due settimane dopo, il 30 luglio, si svolsero come previsto le elezioni dell’Assemblea costituente, che secondo i dati ufficiali avrebbero visto la partecipazione di poco più di otto milioni di elettori, pari al 41,53% degli aventi diritto (dato fortemente contestato dall’opposizione e da osservatori internazionali, che hanno invece stimato un’affluenza compresa tra l’11 e il 21 per cento). Il nuovo organismo si è quindi insediato ufficialmente il 4 agosto 2017: tra i suoi primi atti, la deposizione, deliberata l’indomani stesso, del procuratore generale Luisa Ortega Díaz, la quale fu quindi costretta ad abbandonare il Paese insieme alla famiglia per evitare arresto e ritorsioni. Ormai dittatore conclamato, Maduro, dopo aver bandito quasi tutti i suoi oppositori, è stato confermato alle elezioni presidenziali del 20 maggio 2018 con il 67,84% dei consensi, a fronte però di una partecipazione al voto ufficialmente computata in 9,4 milioni di elettori, pari ad appena il 46,07% degli aventi diritto (dato drasticamente ridotto dagli osservatori indipendenti), peraltro nell’ambito di consultazioni giudicate irregolari da quasi tutta la comunità internazionale. «Di certo c’è che, durante tutta la giornata di domenica 20 maggio, la maggior parte dei seggi sono rimasti desolatamente vuoti, mentre file enormi si creavano solo ai cosiddetti “punti rossi”, elogiati pubblicamente da Maduro e collocati a poche centinaia di metri dai punti di votazione. Qui chi mostrava il tesserino biometrico “Carnet de la Patria” otteneva in cambio del voto derrate alimentari, oltre alla promessa di un bonus pari a 10 milioni di bolivares, circa 9 euro al cambio parallelo. […] Il problema della fame, infatti, è oggi prioritario per la stragrande maggioranza dei venezuelani; secondo le statistiche Onu, vive in povertà l’87% delle persone […] La stragrande maggioranza dei venezuelani non ha dunque accolto l’invito di Maduro ad accorrere ai seggi. Un gesto politico ancor più significativo data la pressione del regime, che, oltre a minacciare gli assenteisti di tagliare loro i sussidi alimentari di Stato, ha anche tentato di intimidire col licenziamento i dipendenti pubblici» [Manzo, cit.] • «Quando Nicolás Maduro spiegò durante una trasmissione a reti unificate che la soluzione alla crisi economica del Venezuela è nell’allevamento di galline, lui ci credeva veramente. Il presidente venezuelano sostiene di avere un orto urbano e un pollaio che cura personalmente insieme alla moglie. Così sono immuni dalla mancanza di alimenti e dall’aumento dei prezzi. È un uomo “spirituale” e feticista, che vive circondato da talismani. Aveva cercato di trasformare il progetto della rivoluzione bolivariana in una religione politica con l’idealizzazione di Hugo Chávez. Ma la magia è svanita davanti alla cruda realtà del Paese» [Miranda, Origami] • Sempre più impopolare in patria come all’estero, il 4 agosto 2018, a Caracas, durante le celebrazioni dell’81° anniversario dell’istituzione della Guardia nazionale bolivariana, il presidente è scampato a un attentato condotto con l’uso di droni armati di esplosivo, rivendicato da un gruppo di militari dissidenti, cui sono seguite nuove misure repressive; secondo alcuni commentatori l’attacco sarebbe invece stato falsamente organizzato dallo stesso Maduro per giustificare un ulteriore inasprimento della dittatura. Poche settimane dopo, nel tentativo di arginare il crescente dissenso dovuto anzitutto alle disperate condizioni della popolazione, Maduro ha varato un controverso programma di riforme economiche e finanziarie. «“El paquete del hambre”, ovvero “il pacchetto della fame”. Così hanno battezzato le misure economiche introdotte dal presidente Nicolás Maduro a fine agosto. i 27 milioni di venezuelani che resistono in quello che sino a vent’anni fa era il Paese più ricco del Sudamerica (oltre 5 milioni d persone sono già fuggite), e ancor oggi possiede le maggiori riserve petrolifere certificate. Dopo aver cercato di controllare per un ventennio i prezzi di ogni bene, compresa la moneta, centrando il solo obiettivo che tali politiche storicamente centrano, ovvero un florido mercato nero, rendere introvabili beni sui mercati legali e la moneta senza valore, ora Maduro ha deciso di aumentare il prezzo del gasolio di un milione e 400 mila per cento […] e quello della benzina del 700 mila per cento, eliminando 5 zeri dal bolivar: moneta passata per decreto da “forte” a “sovrana”, nella folle speranza che cambiare nome possa fermare un’inflazione annua al milione per cento (fonte Fmi). In altre parole: un pollo che, pochi giorni fa, costava 14 milioni di bolivares “forti”, con il nuovo conio ne vale “solo” 140. Nulla cambia, però. Soprattutto, Maduro ha moltiplicato per legge di 35 volte lo stipendio che, da settembre, i datori di lavoro del settore privato hanno dovuto pagare ai dipendenti. Una decisione che ha costretto a chiudere 140 mila piccole imprese. Maduro, in cambio di denari, costrinse gli ultimi imprenditori rimasti in Venezuela a iscriversi al cosiddetto “carnet della patria”: il bancomat con cui il regime offre cibo in cambio del voto. Chi non lo ha fatto, è stato espropriato [Manzo, cit.] • Nel 2018 lancia il petro, o petromoneda, una criptovaluta sviluppata dal governo. Si tratta della prima moneta digitale di stato • Il 23 gennaio 2019 Juan Guaidó, Presidente dell’Assemblea Nazionale, ha dichiarato illegittimo il mandato di Maduro e si è autoproclamato Presidente della Repubblica Bolivariana. Il rivale di Maduro è stato riconosciuto come presidente ad interim dal presidente statunitense, Donald Trump, e dai governi di Francia, Regno Unito, Canada, Brasile, Colombia, Paraguay, Argentina, Perù, Ecuador, Cile, Guatemala e Costa Rica. Al contrario Russia, Cina, Messico, Cuba, Bolivia, Uruguay, Turchia, Nicaragua ed El Salvador continuano a riconoscere Maduro come presidente legittimo. Tra questi ultimi Paesi, il Messico, in associazione con l’Uruguay, ha subordinato la permanenza al potere di Maduro all’inizio di un percorso di mediazione tra i due pretendenti alla presidenza destinato a culminare in un nuovo voto al termine di un processo democratico, offrendosi per un tentativo di mediazione in maniera analoga a quanto fatto dalla Santa Sede e da Papa Francesco. Maduro s’era detto pronto a dialogare con le opposizioni aprendo alla possibilità di nuove elezioni parlamentari anticipate ma Guaidò si è opposto a ogni tentativo di mediazione, rifiutando anche di incontrare Maduro • Per tre anni il Venezuela ha avuto quindi due presidenti. Tuttavia mentre Maduro manteneva il consenso di una parte del Paese Guaidò lo ha perso. «Ha tentato più volte di destituire Maduro, fallendo sistematicamente, e questo è probabilmente uno dei fattori che hanno contribuito a indebolirlo. Il politologo venezuelano Daniel Varnagy ha detto ad Associated Press che Guaidó “aveva promesso di porre fine all’usurpazione [di Maduro], di guidare una transizione e di organizzare elezioni giuste, ma nulla di tutto questo è successo”. La sensazione è che una situazione che doveva essere temporanea, quella del governo ad interim, sia diventata a un certo punto permanente, perdendo di vista l’obiettivo iniziale, cioè quello di destituire Maduro. Alla fine del 2022 Guaidò è stato rimosso da tre dei quattro partiti dell’opposizione [Il Post] • «Nicolás Maduro ha deciso di passare al contrattacco, ottenendo dalla tv statale Vtv il lancio di una serie animata che lo vede nei panni di un supereroe chiamato Super Bigote (Super Baffo), che ricorda i personaggi prodotti dagli studi Marvel o DC Comics» [Fatto] • Nel marzo 2022 il presidente Maduro ha alzato il salario minimo a 30 dollari, che per via dell’inflazione sono diventati 5,25 dollari • Nel 2020 Maduro ha chiesto alle donne di fare sei figli. Nello stesso anno i venezuelani avevano perso circa 11 chili a testa [Foscale, ItaOg] «Un pezzo di plastica con una barra magnetica e una fila di numeri in rilievo. È il valore delle carte di credito in Venezuela: praticamente nullo. L’inflazione record (234% nel 2022) e i salari ai minimi storici hanno reso i pagamenti digitali inutili. Anche perché il regime comunista di Nicolás Maduro ha fissato il limite di spesa a 1,80 euro al mese. Sufficiente per un pezzo di pane» [Merli, ItaOg] • Nel 2022, con la maggior parte dei venezuelani che ha trovato rifugio nel dollaro, Maduro tenta la de-dollarizzazione mettendo una tassa aggiuntiva sulle transazioni in valuta estera • Negli ultimi dieci anni, Amnesty International ha documentato continui abusi politicamente motivati nel Paese governato da Nicolás Maduro. Questi arresti – denuncia l’organizzazione – fanno parte di una strategia politica repressiva che si traduce in un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione venezuelana e costituiscono, quindi, crimini contro l’umanità. Gli abusi più frequenti includono: arresti senza mandato, basati sulla presunta giustificazione della flagranza; brevi periodi di sparizione forzata; imputazione di reati inesistenti o basati su giudizi discrezionali; limitazioni imposte al diritto di difesa; ricorso alla tortura o ad altri trattamenti inumani e degradanti; indebiti ritardi nelle scarcerazioni e imposizione di pene alternative alla custodia cautelare per limitare la libertà di movimento e di espressione [Rep, ottobre 2023] • Sarebbero 7,7 milioni i venezuelani fuggiti dal Paese per violazione dei diritti umani e crimini contro l’umanità • A ottobre Maduro ha firmato un accordo con gli Usa. Washington si impegna ad allentare le sanzioni su ora, gas e petrolio, e in cambio Maduro collaborerà affinché si tengano libere elezioni • Alle presidenziali che si terranno nella seconda metà del 2024 Maduro dovrebbe sfidare María Corina Machado, 56 anni, ex deputata, attivista dei diritti umani, leader di Como Venezuela. Machado ha vinto le primarie con il 93 per cento dei voti. “Dovrebbe” perché è ineleggibile in quanto è stata interdetta dai pubblici uffici per 15 anni a causa di una condanna per evasione fiscale e uso improprio del denaro ottenuto per finanziare la sua campagna (ci sono però dubbi anche sulla legittimità del provvedimento contro di lei) •
Religione Cresciuto con un’educazione cattolica, è stato però anche seguace del predicatore indiano Sai Baba (1926-2011)
Amori Un figlio – Nicolás Maduro Guerra – dalla prima moglie, da tempo introdotto nelle istituzioni venezuelane; tre figliastri dal primo matrimonio della sua seconda e attuale consorte, l’avvocato e politico Cilia Flores (conosciuta nel 1992 quando era impegnata nella difesa legale di Chávez, sposata il 15 luglio 2013), oggi membro dell’Assemblea costituente.
Titoli di coda «Ogni mattina, quando sorge il sole, un venezuelano si sveglia e sa che dovrà correre più veloce dell’inflazione. Ma sa anche che non ce la farà» [Mensurati, Rep].