la Repubblica, 2 dicembre 2023
Il nucleare di Oliver Stone
Non ha timore a dichiararlo anche con una certa ironia, Oliver Stone: la voce di Nuclear now potrebbe restare a lungo voce fuori dal coro nel mondo dello showbiz americano. «Hollywood conta una fitta schiera di attivisti per l’ambiente e contro il climate change – dice in un incontro con la stampa alla vigilia della sua masterclass al Torino film festival ma al momento non mi risulta nessun attivista per il nucleare. Questa è una catena di paure che si fa fatica a spezzare», aggiunge. «Perché siamo stati educati fin dall’inizio a temere il nucleare nel nostro subconscio, e il peccato originale di Hiroshima e Nagasaki è diventato un trauma collettivo», come recita la sua voce fuoricampo nei primi minuti di Nuclear now. «Siamo degli idioti? No, beh non voglio esagerare però credo che la preoccupazione sia stata alimentata. Per esempio ero un fan delle battaglie di Jane Fonda ai tempi del Vietnam, ma ora sta sbagliando opponendosi all’energia nucleare: ha fatto su un sacco di soldi spaventando le persone».Il regista due volte premio Oscar per Platoon e Nato il quattro luglio è tornato in Italia con un minitour di presentazione del documentario in tre città (sarà ache a Bologna e a Roma, appuntamenti soldout) dopo aver portato il lavoro al festival di Venezia l’estate scorsa (il 6 dicembre passerà su La7). La sua ultima crociata è per sua stessa convinzione portatrice di un messaggio scomodo, una lotta in salita contro una storia di «disinformazione dilagante che insinua dubbi sull’affidabilità del nucleare dal punto di vista della sicurezza», dice nel docufilm. Disinformazione che politica e opinione pubblica americana hanno strumentalizzato, a suo giudizio, a vantaggio della sopravvivenza e dello sviluppo delle tecnologie per la produzione di energia da idrocarburi. Campagne finanziate in parte dagli interessi delle multinazionali del carbone e del petrolio, che avrebbero alimentato per oltre mezzo secolo la confusione tra armi nucleari e energia nucleare. E se la prende anche con gli ambientalisti di Greenpeace che «pensando di fare il bene del mondo nascondono questa verità».«Ma il cambiamento climatico ci ha costretto brutalmente a ripensare i modi in cui produciamo energia come comunità globale», dice Stone in un’ora e quaranta di documentario che ricalcano il contenuto di un libro di Joshua S.Goldstein. Ripercorre l’intera storia della ricerca scientifica del nucleare e illustra le infinite potenzialità della particella di uranio a partire dalle origini del mondo con grafici e numeri. C’è da fidarsi? «Il film ha un valore scientifico indiscutibile oltre al fatto che contiene un forte messaggio per tutti», dice Stefano Buono, il fisico e imprenditore torinese che accompagna il regista nel suo viaggio. Nel 2021 Buono ha fondato Newcleo, startup che ha raccolto in breve tempo 400 milioni (e ha tra i finanziatori Exor Ventures) per tradurre dalla carta alla realtà la nascita dei reattori nucleari di quarta generazione che utilizzano le scorie come combustibile. Ma da qualche mese è anche nella squadra di produzione esecutiva del film. «Stone ha viaggiato per due anni raccogliendo interviste e testimonianze e ha realizzato un documento molto accurato nel quale ogni dato riportato è riscontrabile anche a livello scientifico» dice Buono, che insieme al regista americano porterà Nuclear now alla Cop28 di Dubai. Il fisico di Newcleo racconta di aver conosciuto Stone un anno fa a Londra, in occasione di una proiezione del documentario, e di aver deciso di supportarne la distribuzione che stava riscontrando qualche difficoltà. «Questo è un film che deve essere visto», dice.«Ho fatto più di 21 film e 10 documentari ma credo che questo sia il più importante» dice Stone che chiude provando a regalare una visione ottimistica. «Perché io sono ottimista e dobbiamo esserlo tutti. Il nucleare non è quello che ci ucciderà e non c’è più tempo per avere paura»