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 2023  dicembre 02 Sabato calendario

Le immigrate imparano ad andare in bici per conquistare la libertà

Pensate che sia facile, imparare la bici a cinquant’anni? Non è facile, e serve anche un grande spiegamento di forze, compresa la polizia locale. Ma adesso, «io mi sento libera come un uccello con le ali aperte… E posso andare dove voglio!». Houria, originaria del Marocco, è stata la prima a iscriversi al corso per imparare a pedalare, e con lei altre cinque donne straniere, ora cicliste abbastanza provette. D’ora in avanti, possono scorrazzare a piacere nella bassa emiliana, e in effetti una cosa del genere non poteva che succedere in Emilia Romagna.
Dunque, c’era un progetto per le pari opportunità della Regione, preso al volo dall’Unione Terre di Castelli, che aggrega otto Comuni della provincia di Modena. Dovete pensare che da queste parti andare in bici è cosa naturale e anzi innata, ma non per chi arriva da alcuni Paesi, e qui di stranieri ce ne sono tanti. «Il 14-15 per cento della popolazione», dice Emilia Muratori, sindaca di Vignola e presidente dell’Unione. «Soprattutto maghrebini, che lavorano nelle aziende meccaniche e metalmeccaniche, e alimentari». Operai e tecnici perlopiù, e ormai stanziali, con famiglie e bambini da portare a scuola. Mogli spesso casalinghe, o in cerca di lavoro, o badanti come Houria, legate agli orari degli autobus e dei treni, ma ora definitivamente libere: «Posso andare a fare la spesa, a portare e riprendere i bambini all’asilo e a scuola. E all’inizio è stato difficile, restare in equilibrio lì sopra… Però ho imparato, e adesso sono molto contenta», spiega Fatima, che ha 42 anni.
Perché se in famiglia c’è un’automobile, la usa il marito per andare in fabbrica. La moglie, a piedi (pochissime hanno la patente, poi). Dice Ilaria Businaro, che è responsabile dei Servizi alla comunità dell’Unione, che non è stato semplice, organizzare sei giorni di corso e trovare i volontari disponibili a dare una mano. E anche le partecipanti, si sono preparati i volantini, cartacei e social (“Vuoi imparare ad andare in bicicletta? Una pedalata alla volta”), e il passaparola ha funzionato, le donne sono infine arrivate. Fin troppo, visto che erano almeno il doppio del previsto. Poi, secondo volantinaggio: “Il Centro stranieri e il Centro per le famiglie organizzano un corso di bici per donne straniere. Ti va di aiutarci?”. E sono arrivate le volontarie.
Ma per fare una cosa seria, servivano anche altre forze. E sono arrivati la Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta), conDiana e Daniela. E il Pedale Vignolese, che ha tenuto in custodia le bici nella sua sede. Le bici sono del Comune di Vignola, che le ha recuperate tra quelle abbandonate, e rimesse in funzione, e affidate al volontario Paolo per la manutenzione. Chi altri? La Polizia locale, che ha fatto corsi sul codice della strada, spiegando anche l’importanza del seggiolino e del caschetto per i bambini. Beh, allafine sono servite venti persone per mettere in sella sei studentesse di bici.
Infine, il corso si è tenuto nel parco Europa, su cui si affacciano molte cose: gli orti per gli anziani, l’emporio solidale, il centro diur no per i ragazzi disabili, lo skate park. Le case popolari (tutte in ristrutturazione), la Protezione civile, la polizia locale (e anche le sedi della Società pesca sportiva, e i boy scout). «La bici è uno strumento di autonomia e di libertà», dice la sindaca. Di indipendenza, come nel dopoguerra, da queste parti le donne che lavoravano nei campi, o facevano le cernitrici della frutta, si spostavano sempre in bicicletta. Oggi questo è il distretto dell’automotive, più che della frutta, e le italiane viaggiano in auto. Le straniere no – per ora – quindi sono ben contente di poter «cercare un lavoro, e andare al mercato, o a trovare un’amica», dice Fatima, che ha 53 anni e qualche incertezza ancora, nella pedalata.
Mariana, romena, va benissimo, e bisogna dire che il corso glielo ha suggerito il datore di lavoro. «A me la bici l’ha regalata il figlio della signora che seguivo. Purtroppo è morta, lui ha voluto darmela a tutti i costi come ricordo. Ma non sapevo usarla», dice Houria. Dunque, se passate da Vignola o da Spilamberto, da Guiglia e da Marano sul Panaro (o da Castelvetro di Modena, da Castelnuovo Rangone, Savignano, Zocca), e incrociate una di queste nuove cicliste, primo: abbiate pazienza di fronte a eventuali incertezze alla guida. Secondo: considerate che arrivano adesso a pedalare in libertà, come le prime donne di fine ‘800, a cavallo del loro rivoluzionario velocipede (e rivoluzionarie anche loro, visto che il mezzo era spesso considerato strumento del diavolo).
Nel 1896 Susan B. Anthony, avvocata americana per i diritti civili, scrisse che «la bici ha fatto per l’emancipazione della donna più di ogni altra cosa al mondo. Dà alle donne la sensazione di libertà e di completa autonomia». Infatti in alcuni Paesi è tuttora vietata. Intanto a Vignola si pensa ai prossimi corsi di primavera. Dodici altre donne lo avrebbero voluto fare, ma non c’erano abbastanza biciclette per tutte. E non vedono l’ora.