ItaliaOggi, 2 dicembre 2023
Le gole profonde tedesche
Il trenta giugno, Papa Francesco ha ricevuto in udienza Stella Morris, con i due figli, Gabriel e Max, la moglie del giornalista Julian Assange, sempre in carcere a Londra, per aver rivelato i crimini di guerra commessi dagli Stati Uniti in Iraq e Afghanistan.
La sala stampa del Vaticano ha diffuso un comunicato, ma la notizia mi era sfuggita, evidentemente non è stata data con il risalto che meritava. Il pontefice nel marzo del ’21, scrisse una lettera personale a Assange, il cui contenuto è rimasto riservato.
Assange, 53 anni, fondatore dell’organizzazione Wikileaks, si trova in carcere dal 2019, dopo aver trascorso sette anni da rifugiato all’ambasciata dell’Ecuador a Londra. Il giornalista rimane in cella anche se sono cadute le accuse pretestuose di stupro in Svezia. Nel 2021, una giudice inglese negò l’estradizione negli Stati Uniti, dove Assange rischia di scontare 175 anni per aver rivelato segreti vitali per la sicurezza del paese. Ma l’anno scorso, l’allora ministra degli interni Priti Patel, ha dato il via libera all’estradizione.
Assange è un whistlerblower, termine di ambigua traduzione, letteralmente sarebbe chi fischia, è un informatore, una spia, ma in gergo è chi rivela segreti, notizie scomode a fin di bene, sulla sua azienda che truffa i consumatori, o sull’attività di un governo, se è necessario non rispetta il contratto che lo obbliga al silenzio sulla società da cui dipende. Ai whistlerblower nel mondo ha dedicato un supplemento la rivista Das Parlament, che mi viene inviata in omaggio dal Bundestag. Com’è la situazione in Germania? I tedeschi hanno la reputazione di essere degli spioni. Nella scomparsa Ddr, la Stasi, il servizio segreto responsabile del controllo interno, aveva mezzo milione di informatori, che spiavano tutti e tutto, e negli archivi custodiva cinque milioni di dossier sui cittadini, quasi uno per famiglia su 17 milioni di abitanti. All’ovest era legittimo, e lo è oggi in tutto il paese, denunciare i vicini per evasione fiscale (e si riceve un premio), o se gettano l’immondizia nel bidone sbagliato, o chiamare la polizia se si parcheggia male.
Ma il whistlerblower rivela segreti importanti, non i peccati dei cittadini, e in Germania rischiano, scrive Bernhard Wegener, anche se non come negli Usa Assange e Edward Snowden. Rudolf Augstein, il direttore e fondatore dello Spiegel, il 5 novembre avrebbe compiuto cento anni, nel 1962 fu arrestato insieme con buona parte della redazione, su ordine del ministro della difesa, Franz Josef Strauss, per aver rivelato i piani di riarmo della Germania. Augstein rimase in carcere per quasi tre mesi. I tedeschi protestarono per strada contro il governo in nome della libertà di stampa. Strauss fu costretto a dimettersi.
Nel 1963, Werner Pätsch, un agente del Verfassungsschutz, uno dei tre servizi tedeschi, responsabile della sicurezza interna, rivelò che su incarico della Cia, si controllavano illegalmente telefoni e posta dei cittadini. Diversi superiori di Pätsch avevano fatto parte delle SS e della Gestapo, e i servizi segreti di Bonn erano controllati dalla Cia.
Il ministro Hermann Höcherl sostenne che i servizi segreti non possono sempre lavorare tenendo in mano la Costituzione. Pätsch rischiava un anno senza condizionale. La Corte federale invece giudicò che la Costituzione va sempre rispettata. Finì con un compromesso con poco rispetto per la giustizia: Pätsch fu condannato a quattro mesi ma con la condizionale.
La legge consente al governo di imporre il silenzio stampa, ma per un tempo molto breve, per non compromettere un’azione della polizia o dell’esercito. Come avvenne il 13 novembre del ’77, quando le forze speciali intervennero per liberare gli ostaggi nell’aereo della Lufthansa dirottato dai terroristi a Mogadiscio. Un silenzio stampa prolungato provocherebbe la diffusione di allarmi infondati e di false notizie.
Oggi, l’Italia si è adeguata alle norme dell’Unione europea. Ma la legge, è poco chiara: si può denunciare un comportamento illecito di un’azienda, o di un superiore, purché non si metta in pericolo la sicurezza nazionale. E ai dipendenti è proibito fare commenti o rilasciare interviste sulle loro aziende, pubbliche o private, pena il licenziamento.