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 2023  dicembre 01 Venerdì calendario

Le memorie di Carla Vanni

Ci sono, ovviamente, tutti. Karl Lagerfeld le disegna di persona una serie di abiti premaman: «Li ho ancora in un armadio: sono arancio, violetto, verde, panna, colori che adesso non metterei più, ma che allora mi piacevano moltissimo». Stefano Gabbana, alle prime sfilate ma già ribattezzato in atelier “signora Vanni” per la sua smania di controllo, invita a cena la signora Vanni, quella vera, nel monolocale che divide con Domenico Dolce: «Domenico preparò una pasta con le melanzane. In cucina c’era un altare alla Madonna in linea con la loro moda mediterranea». Poi arrivò il successo, e «al monolocale si sostituì presto un favoloso appartamento su tre piani, con piscina e giardino alberato per la pipì dei cani». Audrey Hepburn viene invece incrociata a una sfilata capitolina: «Era con un’amica, certamente una nobile romana, e tutto il tempo parlarono non di moda, cinema o argomenti alati, ma delle merende dei figli, bambini piccoli all’epoca, che tornavano a casa dalla scuola affamati, portandosi dietro qualche compagno: Hepburn, in particolare, non sapeva che cosa preparare per loro. Mi sembrava incredibile». Poteva mancare Berlusconi? Fa una visita alla redazione di Grazia come nuovo padrone della Mondadori e la prima domanda è: «Quanti comunisti ha nella sua redazione?». Segue un invito a cena ad Arcore con i quadri del giornale, dove il Berlusca impone il tour du propriétaire: «Dall’ingresso passammo rapidamente in una grande sala dove troneggiava uno Steinway a coda. Berlusconi si avvicinò al piano chiedendomi se io lo suonassi. Al mio no, alzò il coperchio cantando e suonando. Poi arrivammo alla cappella privata, dove, appena entrati, si buttò in ginocchio mentre i canti gregoriani invadevano l’ambiente. Incerta se inginocchiarmi o no, alla fine rimasi in piedi. Odiando i miei che, dietro di me, sentivo sghignazzare».
Chi scrive è Carla Vanni, somma sacerdotessa del giornalismo di moda italiano, direttrice di Grazia per decenni, che si racconta in un libro incantato e incantevole, Diario incompleto (Rizzoli), molto ben curato dalla nostra Egle Santolini: è magnifica anche la scelta delle fotografie. I numeri li dà la stessa Vanni: «Sessant’anni di lavoro. Due fashion week all’anno, autunno-inverno e poi primavera-estate. 120 sfilate a stagione, cioè 240 sfilate ogni anno. 240 per 60 anni uguale 14.400 sfilate? E quanti vestiti ho visto per ogni sfilata?». Già, chissà quanti. Ma in mezzo, che turbinio di incontri e scontri, mode, modi, personaggi, aneddoti, mentre i sarti diventano stilisti e s’inventa il “made in Italy” in una Milano straordinariamente spumeggiante, dove la tradizionale operosità e il culto calvinista del lavoro si sposano con una stagione di genialità forse irripetibile. Lei inizia a fare la giornalista nel 1958, nel solito modo con cui si inizia la professione: per caso. Non ha mai smesso e ha conosciuto, incontrato, intervistato tutti, e non solo nell’ambiente. Va al mare a Pantelleria da Giorgio Armani, mentre accanto villeggia Eric Clapton: Giorgio discute a lungo perché «non accettava che ci piacessero le giacche e i vestiti con gli spilloni» di Versace, Eric esce dal dammuso alla sera e si mette a suonare. Già, Versace, scoperto proprio da Vanni. La invitava a cena «fra cuscinoni e meduse», quelle del logo della maison, dicendole: «Vieni a Miami quando vuoi, ti lascio le chiavi di casa». Idem con Krizia, altra amica, che alla vigilia della sfilata chiedeva consiglio: «Quali sono gli abiti che toglieresti?».
Molte cene, anche (bei tempi, quando si andava a cena e non all’ape oppure, orrore, all’apericena). Appunto a una cena, a Roma in casa Fendi, arriva Marcello Mastroianni. «Sono seduta accanto a lui. Discussioni? Seduzioni? No. La star è affaticata e diventa un po’ nostalgica. Che cosa può sognare quest’uomo che ha tutto, questo attore incredibile? Dixit Mastroianni: sogno solo di essere a casa, e di appoggiare la testa sul seno della mia vecchia governante che sa prepararmi la buona pasta che amo». Commento: «Non avevo incontrato Mastroianni il latin lover. Meglio: avevo incontrato Marcello». Invece con Monica Vitti si va in vacanza a Positano: «con il suo immenso cappello che le faceva ombra, e che impediva alla pelle meravigliosamente bianca di diventare meno candida. Restavamo in acqua per ore. Tutti, ma non Monica: aveva troppa paura del sole. Un giorno, lasciò il cappello e tentò un bagno. Un urlo incredibile. Il perché non arrivava dal sole, ma dall’unica medusa che avremmo incontrato quell’estate».
Sono istantanee, ritratti, schizzi di un mondo di celebrità viste da vicino e raccontate senza filtri. Come Camilla Cederna, vicina di casa nel “bosco” di Appiano Gentile, una sorta di comune per soliti noti molto più chic che radical: «Io e Camilla avevamo i nostri rituali, le camminate lungo i sentieri tra le eriche che crescevano dappertutto, Camilla con i suoi grossi rulli tra i capelli per essere poi perfetta durante la giornata, e l’immancabile spicchio d’aglio mangiato ogni mattina su consiglio del medico. Abbracciandomi e alitandomi addosso mi costringeva a controllare: si sente? Era l’unico neo di quelle passeggiate bucoliche». —