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 2023  dicembre 01 Venerdì calendario

Intervista a Elly Schlein

Elly Schlein è in partenza per l’Abruzzo, dov’è in corso un piccolo miracolo. Il centrosinistra correrà unito contro la destra del presidente di Regione Marco Marsilio: «Ci siamo noi, i 5 stelle, Azione, l’alleanza Verdi Sinistra, i Socialisti. C’è anche Abruzzo vivo». Tutti insieme per l’ex rettore dell’università di Teramo Luciano D’Amico: «È ancora lunga fino al 10 marzo – dice la segretaria dem– ma si comincia». E chissà, un palco che mostri l’opposizione finalmente unita magari arriverà. Nel frattempo, Schlein ha in testa due cose: il contrasto a una politica economica che, secondo il Pd, colpisce la parte più fragile della società; e la piazza travolgente del 25 novembre, che ha dato la sveglia alla politica sulla necessità di contrastare la violenza di genere.
Ha definito l’addio al mercato tutelato una “tassa Meloni” sulle famiglie. Ma la legge che stabilisce la fine di quel regime l’ha votata il suo partito insieme a quelli che sostenevano il governo Draghi. Avete cambiato idea?
«È un argomento che non sta in piedi. Chiediamo da tempo la proroga del mercato tutelato luce e gas che coinvolge 10 milioni di utenze e che rischia di far aumentare di colpo il costo delle bollette a 5 milioni di famiglie».
Fratelli d’Italia è stato l’unico partito a votare contro, quando si trattò di decidere.
«Ma da quel voto è cambiato il mondo! Diciamo da un anno che è necessaria una proroga perché nel frattempo ci sono stati la guerra criminale di Putin in Ucraina, la crisi energetica, il caro benzina, il rialzo dell’inflazione. I partiti di maggioranza avevano presentato emendamenti che il governo ha fatto ritirare, confermando di non volere la proroga e anzi facendo partire le aste».
Perché abbiamo incassato la rata del Pnrr che chiedeva come requisito la liberalizzazione dell’energia. Difficile tornare indietro.
«Hanno rinegoziato il Pnrr su tante cose, sono venuti ad agosto a dircelo, e su questo non potevano farlo? O non volevano?».
Perché secondo lei?
«Perché non stanno dalla parte dei cittadini, ma delle società energetiche. Stanno distruggendo uno strumento di mercato che ha protetto i consumatori, rendendoli meno esposti alle fluttuazioni del prezzo del gas. Il passaggio costerà miliardi di euro in più, ci saranno aumenti medi del 34 per cento. La crisi energetica dovrebbe averci insegnato quanto siamo fragili. C’erano tutti gli elementi per chiedere anche questa modifica e per negoziarla a Bruxelles».
Le do una notizia: è d’accordo con Matteo Salvini.
«Salvini si è svegliato dopo la nostra conferenza stampa, mi chiedo dove fosse il giorno prima quando il Consiglio dei ministri è andato dritto».
Nessuna possibile convergenza?
«Possono votare i nostri emendamenti alla manovra per estendere il mercato tutelato ancora un anno».
Si aspettava modifiche al Pnrr sugli asili nido da un governo che mette al centro la famiglia?
«Questo smaschera la vera natura di un governo che si muove contro le donne. Contro i bambini e le bambine. I posti in più negli asili sono stati tagliati da 264mila a 150mila. In più, è stato ridotto il fondo nazionale sui bambini da 0 a 6 anni, che è quello che paga gli educatori e le educatrici».
I costi erano diventati esorbitanti per via del rialzo dei prezzi dei materiali, ha detto Meloni.
«Fatemi capire, è successo solo per i cantieri dei nidi? Non ho visto tagli di queste proporzioni su nessun altro settore».
Le politiche per la famiglia non si esauriscono con gli asili nido.
«Sono una nostra ossessione per tre motivi. È nei primi anni di vita che devi cominciare a ridurre le diseguaglianze e a contrastare la povertà educativa; sono uno strumento insostituibile di supporto alle famiglie per la conciliazione dei tempi di vita; infine, in una società patriarcale come la nostra, sappiamo su chi grava in modo sproporzionato il carico di cura».
Secondo il World Economic Forum, sulle donne, da noi molto più che altrove.
«Vanno contro le donne anche i tagli alla sanità pubblica e la mancanza di un finanziamento adeguato del fondo per la non autosufficienza, che noi con un emendamento in manovra chiediamo di aumentare di 600 milioni. Vorrei dire a Meloni che se tagli il welfare, la sanità, i servizi educativi per l’infanzia, stai costringendo ancora di più le donne ad avere sulle spalle quel carico di cura».
Ha visto la foto che mostra la premier con la figlia appena nata, la madre, la nonna. Non è certo lei l’emblema del patriarcato.
«Il punto sono le politiche che fai, non le foto che hai. Il suo partito continua a relegare le donne a welfare vivente della nostra società. A cosa serve una premier se non lavora per l’emancipazione di tutte? A partire dalla libera scelta sui corpi».
Su questo partite da posizioni distanti. Sulla violenza però vi siete parlate e non solo una volta.
«Ho fatto diversi appelli per dire: su questo ci siamo, mettiamo da parte lo scontro, proviamo a far fare un salto in avanti al Paese. Sulla repressione della violenza sulle donne abbiamo lavorato insieme e siamo riusciti a migliore un testo che è stato approvato all’unanimità. Ora serve la prevenzione».
Cosa significa in concreto?
«Anzitutto la formazione di operatrici e operatori delle forze dell’ordine, dei tribunali, della pubblica amministrazione. Non deve accadere mai più che una donna non venga presa sul serio. Che non venga fatta una valutazione adeguata del rischio che corre. Nel ddl approvato mancano le risorse. Troviamole».
Il piano Valditara per le scuole la convince?
«No. Perché bisogna rendere obbligatoria l’educazione all’affettività e al rispetto delle differenze in tutti i cicli scolastici coinvolgendo le competenze imprescindibili dei centri antiviolenza».
Su cos’altro bisogna lavorare?
«Sull’emancipazione economica. Solo l’autonomia può liberarti dal ricatto e dalla violenza. Quindi più risorse per il reddito di libertà che ha questo scopo, ma interviene dopo. E soprattutto, un serio contrasto alla precarietà del lavoro femminile. Dobbiamo fare come in Spagna, dove un tavolo tra governo, imprese e sindacati ha costruito una riforma che limita drasticamente i contratti precari. E dobbiamo ottenere il salario minimo».
Avete unito l’opposizione su questo, ma pare una battaglia persa.
«Dobbiamo tenerla viva con la mobilitazione nel Paese, abbiamo già raccolto più di 500mila firme. Oltre il 70% degli italiani è favorevole. Ci sono anche gli elettori di Meloni».
L’emendamento del governo ha affossato la vostra proposta.
«Stanno colpendo le prerogative dell’opposizione impedendo di votare una proposta unitaria con un trucco. Ma noi faremo in modo che un voto ci sia. Devono prendersi questa responsabilità davanti al Paese. Vedo un incomprensibile accanimento contro le fasce più deboli della società».
Lei era in piazza a Roma il 25 novembre. Ha sbagliato la destra a non esserci?
«Non faccio polemica con chi non c’era. Sono andata in piazza molto spesso per il 25 novembre, non avevo mai visto tanta partecipazione».
Dovuta a cosa?
«Alla rabbia e alla frustrazione di larga parte del Paese, che è stato scosso dagli ultimi femminicidi e in particolare da quello di Giulia Cecchettin. Questa violenza così efferata e strutturale scuote nel profondo la nostra società, per questo credo ci sia una grande responsabilità delle istituzioni e della politica. Dobbiamo rispondere a quella rabbia».
È fiduciosa che si possa fare in modo bipartisan?
«Se non lo fossi non avrei cominciato».
La piazza di Roma è stata anche accusata di non aver condannato gli stupri e i femminicidi del 7 ottobre in Israele.
«Solo chi non ci è stato può darne una lettura di questo tipo. Era una piazza di popolo, di generazioni diverse, di donne che dicono: ora basta! Una piazza contro la violenza di genere verso tutte le donne, in ogni parte del mondo».
Le nuove generazioni sembrano tanto arrabbiate quanto consapevoli.
«Penso ci sia una consapevolezza nuova, ma vediamo nei dolorosi fatti di cronaca che la cultura dello stupro sta attecchendo anche tra i ragazzi. Dobbiamo sradicare la cultura tossica del patriarcato e della sopraffazione che esiste e resiste. E devono farlo soprattutto gli uomini, mettendosi in discussione profondamente davanti a un dato che è strutturale, non episodico».
Come prima leader del Pd sente una responsabilità in più su questo?
«Assolutamente sì. Stiamo lavorando per la parità anche dentro il partito».
Che non ha portato molte donne in Parlamento.
«Sono felice che da quando ci sono siano state elette due segretarie regionali, Caterina Conti in Friuli e Silvia Roggiani in Lombardia. Io non nego che il sessismo sia annidato anche a sinistra. Una ragazza mi ha raccontato di quando ha preso la parola a un incontro e le è stato chiesto: di chi sei figlia? Mi ha acceso un ricordo, è successo anche a me. Succede ancora, di chiedere a una donna che si vede avanzare a che uomo appartenga».
La preoccupa un ministro dei Trasporti che precetta e svilisce il ruolo del sindacato, dicendo cose come: Landini voleva farsi il ponte lungo.
«Questa destra ha bisogno ogni giorno di un nemico per nascondere la sua incapacità. A volte questo nemico diventa il sindacato e no, non è accettabile mettere in discussione il diritto costituzionale allo sciopero».
Cosa pensa delle parole di Crosetto sulla magistratura?
«Che un ministro non si può permettere di evocare complotti se non ha elementi in mano. Se ne ha, li mostri al Parlamento e alle autorità preposte. Sennò deve ritirare le sue affermazioni. Non è possibile vivere in uno stato di emergenza immaginaria permanente».
A proposito di “emergenze”, Piantedosi dice che il modello Albania sui migranti si può replicare.
«Quell’accordo a mio avviso viola il diritto internazionale e la Costituzione. La Convenzione di Ginevra e la Cedu impediscono quelli che di fatto diventano respingimenti collettivi. E la Costituzione garantisce allo straniero che si vede negare la libertà fondamentali il diritto di chiedere asilo nel territorio della Repubblica. Noi abbiamo da subito detto che come accordo internazionale doveva passare dal Parlamento, ci hanno attaccato con la solita violenza per poi fare inversione a U».
Sostengono sia un atto di buona volontà.
«Se la destra pensa che sia un atto di buona volontà rispettare la Costituzione sta nel posto sbagliato. Comunque, si tratta di un accordo crudele, non si capisce dove si deciderà chi andrà in Albania e chi no: sulle navi? E come fanno a stabilire l’età dei minori? Intendono far fare avanti indietro a persone in condizioni di estrema vulnerabilità, scampate a un naufragio? Mi ricorda la disumanità di quando assegnano per ragioni politiche alle navi che salvano vite in mare il porto più distane possibile, in Regioni che non governano».
Hanno cambiato le norme sui minori non accompagnati, ma secondo Piantedosi non andranno nei Cpr.
«Hanno scritto un decreto orrido, l’ennesima prova di un governo che si accanisce contro le bambine e i bambini. Che non è opportuno stiano non solo nei Cpr, ma nemmeno nei centri di accoglienza per adulti. C’era la legge Zampa che tutelava i minori migranti non accompagnati: hanno deciso di smantellarla. Sono scelte fatte in violazione dei diritti fondamentali, inumane e pure inefficaci per la gestione del fenomeno». —