Avvenire, 1 dicembre 2023
Lettere dìamore dall’altro millennio
E adesso come ci regoliamo? Non adesso nel senso di adesso, ma da qui a cent’anni, mettiamo, quando qualcuno proverà ad allestire un librone come questo appena pubblicato dal Saggiatore: settecento pagine abbondanti e illustratissime di Lettere d’amore o, come recita il sottotitolo di “carteggi di scrittori del Novecento”. Ecco, come ci regoleremo, da qui a cent’anni, con i carteggi del XXI secolo? Ammesso e non concesso che il termine “carteggio” sia ancora in uso e che nel frattempo non si sia trovata un’altra locuzione per riferirsi alla congerie di materiali che attualmente adoperiamo per comunicare in privato: messaggi e messaggini, e-mail (in via di assottigliamento) e i famigerati “vocali” (in galoppante espansione)... Al di là del supporto adoperato per radunarli, libro o non libro che si voglia immaginare, il problema si collocherebbe alla fonte, e cioè nel recupero e nell’archiviazione dei singoli reperti. Certo, anche nel mondo di ieri non era e non è facile districarsi fra lettere, biglietti e cartoline, ma una soluzione si riusciva sempre a trovare, come dimostra appunto la robusta collezione che abbiamo sottomano, allestita attingendo principalmente – ma non esclusivamente – dal catalogo di Archinto, la casa editrice milanese che nel corso del tempo si è contraddistinta per l’attenzione al genere epistolare.
L’interrogativo sulla disponibilità e accessibilità dei documenti digitali non ha nulla di ozioso, né tanto meno di polemico. La filologia stessa si sta rapidamente evolvendo in questa direzione, con l’obiettivo di rendere evidente il processo di stratificazione e stabilizzazione del testo anche al di fuori del tradizionale ambiente analogico. Perché il punto, alla fine, è proprio questo: la tradizione. Le Lettere d’amore radunate nel volume appartengono a una serie storica più che millenaria, per la quale si possono individuare un’origine ideale e una conclusione prosaica. La prima è rappresentata dalle Eroidi di Ovidio, composte sul limitare del I secolo a.C. Sono lettere che le donne del mito indirizzano ai loro compagni, coprendo una gamma di sentimenti che vanno dalla fedeltà di Penelope per Ulisse alla gelosia di Deianira per Ercole. Vero che nelle Eroidi compare qualche mittente maschile, ma la predilezione per il femminile conferisce all’opera un tocco di contemporaneità reso ancora più sorprendente dal raffronto con quello che, al contrario, è da considerarsi il triste epilogo di una gloriosa consuetudine. Nel 1995, per chiudere la relazione con l’attrice Isabelle Adjani, il premio Oscar Daniel Day-Lewis non trova niente di meglio che inviarle un fax. Ora, a parte il fatto che molti di noi non si sono mai capacitati della decisione in sé, a suscitare interesse fu soprattutto lo strumento, che si serviva del digitale per replicare a distanza un oggetto analogico, vale a dire un foglio scritto o manoscritto il cui contenuto poteva essere di qualsiasi natura, compresa la lettera d’amore o disamore. Ma restiamo in letteratura, come suggerisce Massimo Onofri nella sua prefazione alla corposa raccolta del Saggiatore. E restiamo nell’ambito della modernità, lasciandoci guidare dalle suggestioni di Roland Barthes, per il quale la lettera d’amore è il luogo sintomatico di un «discorso amoroso» sempre minacciato dall’impossibilità di esprimere in modo autentico ciò che già è stato codificato altrove. Ne siano consapevoli o meno, gli autori e le autrici che incontriamo nell’antologia (riccamente ed elegantemente illustrata, fra l’altro) si stanno comunque misurando con quelli che Onofri definisce gli «archetipi letterari dell’epistolario d’amore». Da una parte sta Goethe con I dolori del giovane Werther, dove tutto è sincerità e passione e tormento, dall’altra stanno Le relazioni pericolose di Choderlos de Laclos, dove tutto è finzione e malizia e inganno. Tra un estremo e l’altro, annota Onofri, si dispiega l’infinità varietà di sfumature di cui danno testimonianza le Lettere d’amore proposte in questa strenna. A fianco di vicende diventate esemplari (l’innamoramento improvviso e duraturo di James Joyce per Dora Barnacle, le schermaglie metafisiche tra Franz Kafka e Milena Jesenská, il trasporto febbrile di Guillaume Apollinaire verso Louise de Coligny-Châtillon, detta Lou), emergono love stories relativamente meno note, come quella tra lo scrittore tedesco Erich Maria Remarque e la divina Marlene Dietrich e tra la statunitense – e altrimenti controllatissima – Edith Wharton e il giornalista William Morton Fullerton. Molti, e molto diversi l’uno dall’altro, gli interni domestici: il matrimonio davvero “infernale” tra August Strindberg e Harriet Bosse, quello accidentato e struggente tra Antoine e Consuelo de Saint-Exupery, il giovane D’Annunzio che scrive alla moglie Maria Hardouin, Elias Canetti alla consorte Veza (anche per il tramite del fratello Georges) e via elencando. Spesso i corrispondenti sono scrittori entrambi, come nel caso di Pierre Drieu La Rochelle e Victoria Ocampo oppure di Vladimir Majakovskij e di Elsa Triolet, russa di nascita e francese d’elezione. Proprio lei, che sarà la prima donna a vincere il Goncourt, mette nero su bianco l’irrisolvibile dissidio su cui poi si soffermerà Barthes. «A volte – confessa dunque Elja al suo Volodja – penso che quando si scrive non bisogna essere troppo sinceri: le lettere possono risultare ridicole e poco credibili. Ma ti assicuro che io non ti ho mai scritto nemmeno la più piccola parola senza aver prima verificato con me stessa la sua esattezza, se era vera, se era così. Tuttavia la parola giusta non si trova sempre, nonostante io continuo a provarci». Chissà, forse è questo il motivo per cui molti, nel dubbio, preferiscono registrare un vocale o, alla peggio, inviare un fax.