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 2023  dicembre 01 Venerdì calendario

Conflitti d’interesse poco interessanti

È sparito il conflitto, sono rimasti gli interessi. Tanti, a giudicare dai conflitti d’interessi che s’accendono in questa legislatura. Veri o presunti, sia detto per amor di garantismo. Ma in ogni caso delitti senza castigo, perché la disciplina brevettata alle nostre latitudini (la legge Frattini del 2004) è una non disciplina, un’arma spuntata.
L’ultimo ospite del sequel è il senatore Gasparri, presidente d’una società di cybersecurity, come ha rivelato Report su Rai Tre. Prima di lui il caso Santanchè, imprenditrice balneare promossa a ministra del Turismo (e delle spiagge), nonché al centro d’inchieste giudiziarie per i suoi molti affari. Il caso Sgarbi, l’unico finito sotto un procedimento per conflitto d’interessi, a causa dei quattrini guadagnati con mostre e conferenze; anche se qui verrebbe in gioco la libertà d’espressione, oggetto di una garanzia costituzionale. E poi il caso Lotito, presidente della Lazio e ispiratore di varie normative per finanziare il calcio. Il caso Crosetto, trasmigrato dalla guida d’aziende che fabbricano armi alla guida del ministero che gestisce gli armamenti. Il caso Renzi, parlamentare della Repubblica italiana ma retribuito in qualità di consulente dall’Arabia Saudita. Il caso Bongiorno, presidente della commissione Giustizia del Senato e al contempo avvocato in molteplici processi, anche contro i congiunti dei suoi oppositori politici (il figlio di Beppe Grillo).
Quest’ultima si è difesa argomentando che un buon avvocato è anche un buon legislatore, per la sua esperienza specifica nel campo del diritto. Sarà per questo che gli avvocati in Parlamento sono 114, quasi un quinto del totale. Ma dopotutto il punto non è ciò che facevi prima, è ciò che continui a fare adesso. E il punto è che nessuna legge impedisce alla Bongiorno, così come agli altri parlamentari, di dedicarsi al business, mentre scrivono le leggi. Lo vieterebbe, semmai, una ragione d’opportunità – categoria in declino nella patria degli opportunisti. Invece i divieti della legge Frattini valgono soltanto per chi rivesta un ruolo di governo (premier, ministri, viceministri, sottosegretari, commissari straordinari). E valgono per modo di dire, giacché la legge ne affida il rispetto all’Antitrust, senza dotarla di poteri coercitivi. Quell’autorità di garanzia, dopo i propri accertamenti, può solo inviare una segnalazione ai presidenti delle Camere, affidandosi al loro intervento. Che nel migliore dei casi consisterà in un monito, un rimbrotto, una tirata d’orecchi. Come a scuola, ma senza bocciature.
Diciamolo: questa lacuna normativa è uno scandalo, più grave degli scandali politici che lascia sopravvivere. Perché rimane incerta la distinzione tra sfera pubblica e privata, formulata da Aristotele già nel IV secolo a.C.; perché la disciplina del conflitto d’interessi rappresenta la proiezione del principio di separazione dei poteri nel campo economico e sociale; e perché senza un argine ai conflitti non c’è spazio per l’etica pubblica, di cui si nutre lo Stato di diritto. Non a caso negli Stati Uniti fu George Washington, al tempo della guerra d’indipendenza, il primo a puntare l’indice contro i pubblici ufficiali che lucravano sulla propria posizione; e quel monito è poi stato ribadito dai suoi immediati successori. Sicché negli Usa i primi scampoli di legge risalgono al 1853; una disciplina organica venne invece approvata un secolo più tardi, nel 1963, su iniziativa del presidente Kennedy.
E l’Italia? Anche dalle nostre parti i primi scandali risalgono all’età dei padri fondatori: in Assemblea costituente Finocchiaro Aprile denunziò il caso dell’onorevole Vanoni, che aveva riscosso quasi tre milioni da una banca, trattenendone per sé una parte e versando la somma residua nelle casse del proprio partito. La differenza con gli Stati Uniti è che noi ci abbiamo dormito sopra, salvo svegliarci poi di soprassalto quando un magnate delle televisioni (nel 1994) si è messo in tasca le chiavi del governo. L’ulteriore differenza è che in Italia l’imputato ha scritto la sentenza. La legge del 2004 venne approvata, infatti, dalla destra; e il suo principale effetto consistette con la promozione di Galliani alla vicepresidenza esecutiva del Milan in luogo di Berlusconi. Dopo di che la sinistra, nei suoi anni di governo, non ha mai riformato quella legge. Risultato: i conflitti d’interessi aumentano, però nessun politico li trova interessanti.