Anteprima, 10 ottobre 2023
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Biografia di Andrea Branzi
Andrea Branzi (1938-2023). Architetto. Era docente al Politecnico di Milano. Nel 1966, ha fondato, con Massimo Morozzi, Paolo Deganello e Gilberto Corretti, Archizoom Associati. Lo studio è stato la fucina del pensiero del design radicale. «I primi progetti di design del gruppo volevano “rivalutare la stupidità, la volgarità come un linguaggio artistico proprio, libero dall’intelligenza e dall’eleganza del capitalismo” come il divano Safari del 1967, in finta pelle di leopardo o la Mies del 1970 in vacchetta – tutto il contrario cioè del raffinato design scandinavo da aeroporto. Le tavole di No Stop City pubblicate su “Casabella” nel 1970-71 criticavano la metropoli e la sua espansione illimitata con un linguaggio “non figurativo” rappresentandola come un infinito spazio interno. L’intensificazione del lavoro di designer e lo scioglimento del gruppo hanno portato Branzi a Milano, con la moglie Nicoletta e le figlie, vivendo a lungo in via Solferino in una casa arredata insieme e popolata da molti animali domestici in forma di arazzo, scultura, disegno. Nel 1982 è con Morozzi tra i fondatori della Domus Academy che dirige per circa dieci anni, producendo progetti e soprattutto pubblicazioni spesso tradotte come La casa calda. Esperienze del Nuovo Design Italiano (1984), con la prefazione di Arata Isozaki perché era un grande amante della cultura giapponese anche a tavola. Dopo aver vinto un paio di compassi d’oro e collaborato con vari gruppi, fra cui Memphis e Alchimia, diretto il mensile Modo, è tornato in solitaria alla concezione di progetti radicali sempre rigorosamente privi di architettura come Agronica, una grande visione integrativa fra città e campagna subito acquisita dal Centre Pompidou negli anni Novanta. Era l’ultimo ancora in vita a comparire nella storica copertina di Domus 869 del 2004 voluta dall’allora direttore Stefano Boeri per raccogliere gli alfieri del design italiano (gli altri erano Sottsass, Mari, Mendini, Magistretti). Instancabile fino alla fine aveva appena fatto una mostra a Firenze» [Orazi, Foglio].