Anteprima, 14 ottobre 2023
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Biografia di Louise Glück
Louise Glück (1943-2023). Poetessa americana. Nobel per la letteratura. «[…] nata […] a New York in una famiglia di immigrati ebrei provenienti dall’Ungheria […] Il carattere più originale e riconoscibile della sua poesia sta probabilmente nella congiunzione tra l’asciuttezza e il rigore espressivo da un lato (è una poetessa, come suol dirsi, chirurgica), e la durezza dei temi e dei motivi più ricorrenti dall’altro. Sì, perché si tratta di una scrittrice con una visione assai poco edenica e compiacente dell’umano destino. Nelle sue raccolte di poesia parla anzitutto degli snodi traumatici che segnano lo sviluppo, se così si può chiamare, delle nostre vite (a partire dalla sua, che viene scrutata e analizzata senza alcun infingimento). E parla delle difficoltà dei rapporti interpersonali, delle meraviglie e insieme delle insidie dell’amore, della solitudine, degli irrigidimenti e delle falsificazioni ideologiche che intridono l’esistenza quotidiana compromettendone la possibile naturalezza. Sono versi, i suoi, scritti da qualcuno che ha conosciuto la violenza, la prevaricazione, l’ingiustizia, nella carne come nello spirito. Proprio per questo, nelle sue poesie affiorano spesso non utopici e inarrivabili orizzonti di gioia, quanto degli attimi di reale condivisione e partecipazione umana, se non forse di felicità. Per esempio ne L’iris selvatico, la sua raccolta di poesia in assoluto più apprezzata, Glück scrive: “Nel giardino, nella pioviggine/ la giovane coppia che pianta/ un solco di piselli, come se/ nessuno l’avesse mai fatto prima,/ le grandi difficoltà non fossero mai state/ affrontate e risolte” […] Si vede bene, che a fronte del dolore, della sofferenza, dell’angoscia del vivere (che per questa autrice non sono solo o tanto di natura metafisica, ma ferite sempre storicamente ed esistenzialmente connotate), ciò a cui si aspira non è qualcosa di astratto, ma di direttamente vissuto e esperito, di conquistato adesso e qui. Non è una caso che L’iris selvatico sia il resoconto poetico — quasi un poema, o meglio una sinfonia in versi — di un periodo felice trascorso dall’autrice assieme al figlio in una casa del Vermont e in particolare nel suo rigoglioso giardino (grazie alle cure della poetessa-giardiniere). È la cura del vivente che più importa, quello che ci dicono i suoi versi. Va poi aggiunto che Glück è riuscita come pochi altri poeti del nostro tempo a dialogare proficuamente con gli autori classici e in particolare con i miti antichi. Il che è senz’altro notevole, visto che si tratta di un’operazione sempre oltremodo pericolosa, in quanto a rischio di retorica e di anacronismo. E invece Glück di volta in volta sembra aver trovato nello schema-base del mito non solo un modello, ma una verifica e una certificazione per le sue intuizioni riguardo alla realtà presente della vita e più in genere dei comportamenti umani […]» [Roberto Galaverni, CdS]. Morta ieri. Aveva 80 anni.