14 ottobre 2023
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Biografia di Giovanni Rana
Giovanni Rana, nato a Cologna Veneta (Verona) il 15 ottobre 1937 (86 anni). Fondatore del Pastificio Rana, oggi nelle mani del figlio Gian Luca • «Il Re Sole del tortellino, il John Wayne dei ravioli, lo zar della pasta fresca» (Roberto Gervaso) • Un miliardo di fatturato. Quattromila dipendenti, inclusi decine di assaggiatori. Sul mercato in 66 Paesi. Filiali in Gran Bretagna, Francia, Germania e Stati Uniti, ma la sede centrale del suo impero è sempre a San Giovanni Lupatoto. «L’azienda è cresciuta intorno alla casa di famiglia: una casa-fabbrica, una vita avvitata anche fisicamente intorno all’idea del lavoro» (Luca Telese). Ogni ora dai suoi stabilimenti escono 200 quintali di pasta fresca, tra tortellini, fettuccine e gnocchi • I suoi tortellini: 180 tipi di ripieni. Ci sono quelli classici (prosciutto, ricotta e spinaci) e quelli esotici (con la feta greca, con la paella spagnola, con l’aragosta per il mercato americano). Una volta ne sfornò uno al cioccolato, creato da un esperto cioccolataio, da gustare come dessert. «Tra un po’ ci rifilerà anche lo speck&banana o il pesce persico&genepì...» (Luciana Littizzetto) • Famosissimo da quando decise di pubblicizzare in televisione comparendo direttamente negli spot. A un certo punto, secondo un sondaggio, era il personaggio pubblico più riconoscibile dagli italiani dopo il Papa • «Ti faresti raccontare cento volte del suo incontro con John Travolta, a New York, “quando semo andà con Clinton” alla festa della comunità italiana. “E allora Travolta mi ha detto: ‘Io la conosco, lei è Johnny Tortellino’”» (Michele Farina) • È cavaliere del lavoro e dottore honoris causa • «È estroverso, curioso, generoso, alle sette del mattino è già a bottega e alle otto di sera ancora allo scagno. Quello che non fa lui lo fa il figlio Gian Luca. Quello che non fa Gian Luca, lo fa lui, Giovanni. Insieme prendono le grandi decisioni e insieme fanno i grandi fatturati. Senza di loro, noi, inibiti ormai ai piaceri della carne, non ci consoleremmo con quelli della gola» (Gervaso) • È vero che a tavola non s’invecchia? «Se si sa mangiare, no». Non s’invecchia, ma s’ingrassa. «A chi lo dice! Il cibo è un orgasmo» (Gervaso).
Titoli di coda Mai stato in un fast food. «Peso cento chili, ma sono cento chili di qualità, non di ketchup e di hamburger come gli americani: qua (si batte la pancia) c’è prosciutto crudo, parmigiano, Valpolicella... Già è brutto ingrassare, ma ingrassare con le patatine è una tragedia: un essere umano, è meglio se si spara» (Francesco Battistini).
Vita «Ho cominciato come pistor. All’alba, in bicicletta, consegnavo il pane ai negozi, ai ristoranti, alle famiglie. Un servizio a domicilio, piacevole nella bella stagione, ma durissimo nei lunghi, gelidi, nebbiosi inverni veronesi». Quanti anni ave
va? «Tredici». Non andava a scuola? «Avevo interrotto gli studi, dopo aver frequentavo l’istituto di avviamento professionale». Se n’è mai pentito? «Avrei voluto studiare di più, imparare tante cose, ma la vita ha colmato le mie lacune» (Gervaso) • «Eravamo tre fratelli maschi e due sorelle sposate. Avevamo un forno a Cologna Veneta, il paese del mandorlato […] A vent’anni, mia madre Teresa dice a noi maschi: ragazzi, siete in tre, non potete stare tutti qua nel panificio. Io allora li ho radunati e ho fatto il mio primo cda: va bene, vi faccio un annuncio, vado a fare la pasta fresca e i tortellini. Mia mamma diceva “questo è matto”, ma io sul quadernino avevo fatto i miei conti: quando consegnavo il pane, vedevo che nei negozi c’era sempre quel chilo d’avanzi usati per i tortellini. Tortellini fatti un po’ così... Non ho mai studiato marketing, ma l’avevo capito: serviva una pasta fresca più buona. Sono andato da un anziano pastaio d’un paese qui vicino per imparare. Mio suocero mi ha dato una stalla da sistemare. Un cilindro, una taglierina e ho cominciato». Quanti soldi aveva? «Mezzo milione di lire. Son partito con tre donne che facevano a gara per venire da me: chiacchieravano, si divertivano, si prendevano mezzo chilo di tortellini e un po’ di soldi. Le pagavo in natura... Natura nel senso dei tortellini, eh? Le cose si sono messe subito bene. E m’è venuta l’idea della prima macchina con lo stampo Rana: me la feci fare da Torresani a Milano, in corso Como 11». I ragazzi, oggi, dicono che per voi era più facile partire da zero. «Le banche, è normale che facciano sempre fatica a darti i soldi. Ma una volta erano molto quadrate: adesso, se un ragazzo ha una start up e un progetto credibile, magari lo finanziano. Certo, se uno comincia con “mah, vorrei, potrei...”, non prende mai niente: ieri come oggi. Io ero andato nelle due banche del paese per avere otto milioni e non me li avevano dati. Per fortuna c’era un vecchio contadino coi soldi, esportava la frutta in Germania. Vado là e gli dico: senta, Facci, ho tanta buona volontà ma le banche... Lui mi offre un bicchiere di vino: vieni da una buona famiglia, va bene, e mi dà 5 milioni per tre anni al 3 per cento. I giovani si lamentano, ma vede che non era tanto diverso neanche allora? Le banche non mi avevano dato fiducia, il contadino sì. Fidandosi solo della mia faccia» (Battistini). «All’inizio degli anni Novanta tutti i grandi gruppi decisero che la pasta fresca era il futuro del settore alimentare. E vennero a trovarci offrendosi di comprare la mia azienda che era leader di mercato. C’erano colossi come la Kraft, la Star, un paio di volte venne anche il vecchio Pietro Barilla, che mi invitò anche a Parma a casa sua e mi fece conoscere i figli». Lei però ha rifiutato... «Un giorno ero proprio a casa di Pietro Barilla e gli chiesi perché non vendeva lui. Mi indicò un quadro appeso alla parete, raffigurava un bellissimo purosangue. “La mia azienda è come quel cavallo, le sono troppo affezionato. Io gli dissi: “Guardi, la mia azienda al confronto della sua è un asinello, ma io e mio figlio le siamo affezionati lo stesso”. Quindi la decisione fu di andare avanti. Però ci sentivamo in guerra contro dei panzer, mentre noi eravamo armati solo di uno schioppo. Allora ci mettemmo a riflettere su che cosa avevamo noi più di loro […] Alla fine ci siamo convinti che il qualcosa in più ero io: un imprenditore che aveva iniziato a produrre in un laboratorio artigianale e che poteva garantire personalmente della qualità dei suoi prodotti. Così partimmo, fu una scelta naturale» (Angelo Allegri). «Avevo una società di pubblicità che mi faceva le campagne locali sull’Arena, non bastava. Allora sono andato a Milano da Emanuele Pirella, io e Gian Luca, e mi sono trovato davanti quattro milanesi che cominciavano a portarmi delle storie: la nonna che viene a casa, il mattarello, la cascina... Io dico: no, no, vorrei fare un’altra roba. Loro: ma come, non le piace, guardi che avrà successo... Io faccio un ragionamento mio e vado in vena, come dicono i medici: siccome in quel periodo la gente è malfidente sulle robe industriali, secondo me funziona di più se c’è uno dietro al banco che dice “state tranquilli, ci sono io”. Non sarò un attore, però in qualche maniera lo dirò!... Pirella mi squadra come i creativi quando credono che gl’insegni il mestiere. Mi dà la mano e so che sta pensando: ma scherziamo? Gian Luca, me lo ricordo sempre, mi disse: papà, quelli si sono incazzati. Ce ne andiamo. Aspettiamo. E dopo un mese si rifanno vivi: Giovanni Rana qua, Giovanni Rana là...» • «Quando sono davanti a una telecamera seguo sempre i consigli che mi diede tanti anni fa Mike Bongiorno, un mio carissimo amico. Proprio nel periodo in cui iniziavo a fare da testimonial alla mia azienda mi disse: o sei un attore formidabile o il pubblico si accorge se reciti. Quindi l’unico segreto è essere sempre se stessi ed essere sempre sinceri. Ed era la stessa regola che seguiva anche lui, con le sue gaffe e con le sue uscite che sembravano studiate, tanto facevano parlare la gente e i giornali» (Allegri) • «Fino al ’97 mi limitavo alle scenette. Facevo il ‘garante’ e i volumi salivano a due cifre. Poi feci un’indagine: tutti pensavano fossi un attore che interpretava Giovanni Rana. Così cambiai linea. Gavino Sanna mi disse: “Per non essere creduto un attore, devi fare l’attore”. E quindi recitai con Marilyn, Stalin, Bogart. Sono arrivato al 96% di popolarità e firmo ancora autografi […]». V’inventate anche lo spot con Stalin. «Io che do la mano a Giuseppe! Ha preso un sacco di premi. È l’unico spot che non ha versato i diritti d’autore. Ho pagato gli eredi di Marylin, di Bogart, perfino un nipote di Don Camillo. La figlia della Hayworth ha voluto vedere prima lo spot e poi dare i soldi ai malati d’Alzheimer. Con Stalin, invece, solo applausi. Un giorno vado a Bologna da uno che mi fa i plantari, perché ho un piede piatto, e il suo compagno è un comunista di quelli vecchio stampo. Porca miseria, appena sa che viene Giovanni Rana invita tutti ‘sti vecchi comunisti della zona. Arrivo e... “Rana! Rana!”. Tutti col pugno alzato. Una festa. Avevo recitato con Stalin e quindi ero un compagno anch’io! Simpatici: i comunisti che mangiano i tortellini e non i bambini…» (Battistini).
Amori È vero che le piacciono le donne? «E a chi non piacciono? Senza le donne saremmo tutti finocchi. Io, quando vedo una donna che mena il sedere, m’illumino». È vero che le donne impazziscono per lei? «Forse perché faccio buoni tortellini» (Gervaso).
Amori/2 Davvero il tortellino rappresenta gastronomicamente l’ombelico di Venere? «Amo gli ombelichi femminili, adoro Venere, e non lo escludo».
Amori/3 L’ingrediente più afrodisiaco? «Il peperoncino, il pesce, le spezie. Ma noi non ne usiamo». Nel talamo o nell’alcova meglio prima di una scorpacciata di tortellini o dopo? «Se non si eccede, complice un bicchiere di vino, meglio dopo. Chi si abbuffa prima di brindare a Venere, rischia la cilecca. Il mio consiglio: prima un sonnellino; poi, la carica». Anche il vino va misurato? «Ha mai visto un ubriaco a letto?». Io non ho mai visto a letto nessuno. «Io neanche, ma lo immagino. Non è più un amante: è un pagliaccio» (Gervaso).
Denari Mai fatto finanza, non s’è nemmeno mai quotato in borsa: «Solo capannoni» • Il denaro è più facile guadagnarlo o conservarlo? «Conservarlo». Il denaro dà la felicità? «No, ma quando serve, è meglio averlo. La felicità è dentro di noi. E poi bisogna sapersi accontentare». E lei si accontenta? «La buona cucina, le belle donne, una barzelletta spiritosa aiutano ad essere più felici. O meno infelici» (Gervaso).
Politica A candidarlo ci hanno provato tutti. Lui è stato sia alle feste dell’Unità sia a quelle della Lega, ma non si è mai schierato. «I tortellini non hanno colore, sono super partes».
Religione «Adesso sto sistemando tutte le mie foto, guardi qua: l’udienza privata con Giovanni Paolo II, una cosa storica, per il Giubileo 2000 gli avevo fatto i ristorantini per i pellegrini e l’unica cosa che avevo chiesto era un colloquio. Ci han messo sei anni a darmelo, due mesi dopo il Papa è morto: un po’ in ritardo, ma è stata un’emozione».
Vizi «Non ho il computer e non ho il cellulare: internet è per quelli che stanno lì a spiare le donne nude, e io non ho quei vizi».
Tifo Perché non si compra il Verona? «Sponsor sì, presidente no. Se voglio buttar soldi, non li spendo nel calcio. Ho fatto il vicepresidente del Mantova, in serie C, e ho capito che cosa vuole dire» (Gervaso).
Curiosità Il suo piatto preferito è il risotto, gli piace più dei tortellini • Ogni giorno legge quattro giornali • Guarda i film in bianco e nero su TeleCapri • Stefano Accorsi lo volle come comparsa in 1992 (recitò nel ruolo di se stesso) • Balla il liscio • Da 50 anni ha sempre gli stessi amici: si trovano al bar, parlano di donne e politica. «Ogni tanto assumo qualche loro nipote» • «Vado alle sagre: zucca, culatello, broccolo, cozza, salama da sugo, domani sera se viene c’è la festa degli alpini, un salame da 15 chili» • Ha una Fiat 500 personalizzata: carrozzeria e interni che sembrano fatti di parmigiano, poggiatesta a forma di tortellino, copri sedili con nidi di tagliatelle e uova, farina e mattarelli sul tettuccio • Ha un carlino di nome Rambo • Colleziona rane. «Mica l’ho fatto apposta, me le portano gli amici da ogni angolo del mondo». Antonella, moglie di suo figlio Gian Luca, ha lo stesso problema. Piovono rane. «Ne abbiamo due vetrine piene, non sappiamo più dove metterle» • Ha faticato a entrare nel mercato tedesco, i tedeschi volevano il tortellino precotto perché costa meno. «Una cosa tremenda» • Gli stanno antipatici gli chef di Masterchef: «Fanno la parte dei cattivi. Invece la cucina è dolcezza, è gioia» • Detesta la mania moderna per il food: «Parlare di cibo è diventato di moda. Non se ne può più. Tutti t’insegnano a cuocere. Ma è un lavoro, e non lo sanno fare tutti» • A proposito della new economy disse: «Per mi l’è ’na monada. Non capisco come si fa a vendere roba che non esiste. Io nei tortellini ci metto prosciutto, mica aria» • «L’unico capriccio da ricco che mi son tolto è la piscina quasi olimpica con una scritta sul fondo: tortellini. Tutti i giorni, minimo venti-trenta vasche da 50 metri, metto le cuffie e canto le canzoni napoletane di Arbore. Sott’acqua, perché sono stonato come una campana» • Mangia ancora mezzo chilo di tortellini al giorno? «Ma no, un paio d’etti. Mezzo chilo ce la fa mio nipote, ma è alto 1,97 e ha il 49 di piede. A 20 anni mangiavo così anch’io e mica solo la pasta... Com’è quella famosa frase della Catherine Deneuve che mi dicevate? Gli italiani hanno in mente solo due cose, e l’altra è la pasta...» Ma quando vuole mangiare un tortellino fatto in casa? «Mia sorella, li fa lei. Davanti al mattarello, io m’inchino. Sarei un delinquente a dire che la pasta mia è migliore di quella di mia sorella. Il valore umano, il convivio... Ma scherziamo? Non c’è paragone. Dopo i suoi tortellini, però, vengono i miei» (Battistini)
Titoli di coda Trent’anni fa, in un’intervista, lei sbottava: ma quale Europa d’Egitto!... «Stare in Europa per l’Italia è inevitabile. Con l’Inghilterra gli economisti sono disperati e anche noi siamo preoccupati. Ma vogliamo fare l’Europa unita con venti lingue diverse? In America è più facile, sei a New York e a 18 anni vai in Arizona senza problemi di lingua. In Italia purtroppo niente: posto fisso, vicino casa, aria condizionata, ferie pagate, malattia facile... Non poteva durare così. Anche il Papa si lamenta perché i giovani vanno a lavorare all’estero. Ma per i ragazzi andare all’estero è una soluzione. Vanno, si svegliano e poi tornano». C’è molta rabbia sociale. Bergoglio dice che è uno scandalo tanta ricchezza concentrata fra pochi. «Questo è un Papa che mi piace. Era un pezzo che non ne avevamo uno così. Parla della misericordia che abbraccia tutte le cose. Far ricchi tutti non si può, ma l’importante è che sia un po’ ricco anche il povero. Il comunismo non è di questa terra: quando andremo su, in Paradiso, il comunismo vero lo troveremo là» (Battistini).