16 ottobre 2023
Tags : Fabri Fibra (Fabrizio Tarducci)
Biografia di Fabri Fibra (Fabrizio Tarducci)
Fabri Fibra (Fabrizio Tarducci), nato a Senigallia (Ancona) il 17 ottobre 1976 (47 anni). Rapper. Primo grande successo nel 2006 con il brano Applausi per Fibra. Dieci album in studio. Tradimento (2006) è stato il primo disco hip hop ad arrivare al primo posto in classifica Italia. Da ultimo, nel 2022, Caos. «Se le cose in Italia andassero bene non venderei così tanti dischi. Non è un bel segnale che la gente si identifichi nei miei testi»
Vita Da bambino era grasso e complessato. Rimase segnato dal divorzio dei genitori, avvenuto quando lui era alle scuole medie • Fratello maggiore del cantautore Nesli, all’anagrafe Francesco Tarducci (1980), con cui iniziò a fare rap. Insieme realizzarono il primo demo, Fitte da latte, che riscosse un discreto successo nella scena musicale locale • «“All’inizio stavo in casa, con mio fratello, lavoravo in fabbrica, in un supermercato, non pensavo che le mie rime avrebbero assunto una forma migliore. Forse mi accontentavo perché ero un sognatore di provincia, parlavo di tutto e di niente, mi lasciavo prendere dal gusto della parola. Pian piano le cose sono cambiate, ho cominciato a uscire, a muovermi, a prendere treni e a incontrare le persone giuste. Cosa mi guidava? La passione, forte, fortissima, talmente forte che mi ha salvato, mi ha trasformato”. E così Fabrizio diventa Fabri. “Sono stato un adolescente diverso, dove sono cresciuto, a Senigallia, era difficile trovare degli amici, gente con cui condividere tempo e passioni. Quando ne trovavi uno era come scoprire un tesoro. Non che fossi chiuso, o disadattato, ma sapevo che c’era qualcos’altro e lo volevo trovare”. Fabri se ne stava nascosto dentro Fabrizio e qualcuno lo ha visto e lo ha tirato fuori. “Tutto è cambiato quando ho incontrato una persona importantissima, Neffa. È lui che mi ha scoperto, da lui ho capito cosa voleva dire scrivere. Lui è bravo a usare parole, e ho imparato da lui che ogni parola ha un peso specifico. Sono stato da lui a Bologna, poi ho conosciuto quella che oggi è la mia manager, che all’epoca aveva una rivista hip hop, e tutto è cambiato di nuovo”. Esce il primo disco, Turbe giovanili, vende mille copie, in pochi si accorgono di lui. “Non che me ne importasse molto, ma le cose non andavano come dovevano, anche nella mia vita privata. Lavoravo in un posto terribile, non ce la facevo più. Andai in Inghilterra, e lì mi convinsi che la mia vita era, doveva essere, la musica” (a Ernesto Assante)» • Il successo nel 2006, con Tradimento. «Fu la tempesta perfetta, quella che arriva quando tutti gli elementi sono al posto giusto. Avevo lavorato sodo in passato. Avevo visto tante facce gridare i miei pezzi nei bar e nei centri sociali. Avevo le idee. Avevo un suono che non era più quello da cameretta dei due album da indipendente. Tiravo fuori un malessere di provincia, la separazione dei miei, l’essere fuori dai giochi... Non era un atteggiamento finto. Avevo sviluppato una cattiveria per affrontare i problemi della vita. L’ho pagata cara. Negli hotel a 4 stelle mi guardavano strano, come se non me lo meritassi» (ad Andrea Laffranchi) • Con il successo arrivò anche la rottura con il fratello Nesli, che ha raccontato a Vanity Fair la sua versione: “A seguito di un incidente d’infanzia, mia mamma mi dice: ‘Stattene un po’ buono, vai in garage con tuo fratello’. All’epoca lui faceva freestyle con un dj. Stare lì a guardare mi annoiava. Allora prendo in mano il microfono, e comincio anche io. Prendiamo treni, suoniamo nei locali. Torna e ci chiama l’Universal, siamo in due. E qualcosa inizia a non andare. Per loro ero un accessorio, l’eterno secondo. Eppure, se non fosse stato per me, Fabri Fibra starebbe ancora a montare i tappi alle penne in Inghilterra. Sono stato io a creare gli album Ego e Home. Io a inventarmi il suono di Mr. Simpatia. I suoi primi successi. Da subito è poco rispettoso: cala il silenzio, che insieme all’ostruzionismo è una chiara dichiarazione d’intenti. Mi rinnega, mi ripaga a indifferenza, come fossi il suo peggior nemico. Già con Applausi per Fibra non eravamo più né soci né amici né fratelli. Estranei, che non si devono incontrare. È un ingrato, avremmo potuto essere una bellissima storia italiana» • «Non faccio intrattenimento usando il rap anche perché l’hip-hop non nasce come intrattenimento ma come denuncia sociale. Faccio rap dal 1996. Non mi sono mai venduto, non appaio in tv, sono riuscito a strappare un contratto discografico dopo anni di cassette spedite nel nulla […] I miei testi sono dei pugni in faccia o, se volete, delle strombazzate nelle orecchie dei ragazzi italiani. Nelle mie rime metto ciò che accade nella cronaca di tutti i giorni. Basta accendere la tv e vieni assalito dai Erika e Omar o dai troppi Tommasi Onofri di cui sono piene le tombe. Purtroppo, so che i miei testi sconfinano nella violenza, nel delirio sessuale, nella ribellione: rischio di risultare indigesto, di non essere capito. Ma io il rap lo so fare così, prendere o lasciare» (a Luca Dondoni nel 2006) • «Lo hanno accusato di avere poco rispetto delle donne, di usare un linguaggio blasfemo, di banalizzare il crimine, di esaltare la violenza. Simpatico? No, ascoltando i suoi primi dischi è impossibile definirlo simpatico. Ma con il passare del tempo le cose cambiano, Fibra incide con Gianna Nannini, scala le classifiche, cambia tono, cambia parole […] “Applausi per Fibra era frutto di strategia, un trailer in cui mettevo in scena il peggio di me, con un testo che aveva dentro Erica e Omar. Sensazionalismo. Avevo bisogno di farmi vedere, venivo dalla provincia, non sono un figlio d’arte, non ho quella sicurezza che ti viene dall’aver frequentato un certo mondo. Ho fatto tattica di sfondamento, ho pensato che dovevo dire cose che gli altri non dicevano, e non mi interessava se sarebbe stato un bene o un male. Se avessi fatto un pezzo come In Italia nel 2006 non sarei mai arrivato”» (Ernesto Assante) • Nel 2007, non gradì Ciao Fibra, scritto dall’ex fidanzata rapper miss Simpatia • Cattiverie, cantata al concerto del Primo maggio del 2008, gli costò una denuncia per vilipendio della religione (nel testo è presente un riferimento provocatorio al crocifisso) • Tra i personaggi sbeffeggiati nel disco del 2010 Controcultura: Fabio Fazio, Francesco Facchinetti (ribattezzato Fuckinetti), Marco Carta, Marrazzo, Calissano, Noemi Letizia, Paolo Brosio, Patrizia D’Addario, Laura Chiatti • «Facchinetti è fra quelli che mi odiano senza nemmeno capire che cosa scrivo. All’ingresso della Universal hanno tolto il suo ritratto per mettere il mio. Ho venduto molti più dischi di quanti lui potrebbe mai immaginare. Ha detto che le mie rime fanno schifo? Che continui pure a fare i suoi programmi del cavolo» • Ha girato il video de L’italiano balla nelle zone dell’Emilia-Romagna colpite dal sisma di fine maggio 2012 e ha destinato parte dei proventi al progetto Ancora in piedi-Hip Hop 4 ai terremotati • Nel 2013 la sua esclusione dal concertone del Primo Maggio a Roma suscitò un caso: i suoi testi erano stati giudicati sessisti e omofobi dai sindacati confederali, organizzatori dell’evento. L’accusa di omofobia era già stata lanciata, con seguito di querelle sui social network, nel 2010 per un passaggio del brano Non ditelo: «Secondo me Mengoni è gay, ma non può dirlo perché poi non venderebbe più una copia» • «Molte cose che ho fatto, o detto, non le condivido più. Una volta ero andato a RadioRai e avevo incontrato Fiorello. In quella fase dovevo essere sempre contro. Mi ero chiuso in bagno a fumare, Fiorello mi fa: “Polizia!”. E poi tutta una gag, anche se non ci si conosceva. Io esco fuori e, volendo fare ancora di più il personaggio, gli ho detto: “Dal vivo sembri più vecchio”. Lui mi ha guardato come pensasse: perché cerchi sempre di dire cazzate?» (a Miche Neri) • Sull’album Fenomeno del 2017: «Di cosa parla? “Del fatto che oggi, visto che non c’è un lavoro, i ragazzi sono costretti a inventarselo. Qual è l’unica cosa che hanno? Internet. E allora visto che non c’è posto per loro da nessuna parte devono fare i ‘fenomeni’”. Nel video prendi in giro cose come farsi i selfie o imiti i ragazzini della Dark Polo Gang che fanno finta di telefonare con una scarpa firmata davanti ai fan. “Non voglio essere paternalistico. Li prendo in giro ma li capisco: prendo in giro anche me stesso. Anch’io sono costretto a fare il fenomeno, loro stanno cercando la loro strada. Io però vengo da una generazione dove c’era ancora l’idea che devi dare più risalto alla musica che all’immagine. Ti dici: ‘se devo andare in tv a piangere preferisco non andare in tv’. Loro invece dicono ‘devo andare in tv’. Punto. Del resto le situazioni per fare musica lì non esistono. C’è sempre e solo Sanremo. Per questo i rapper di adesso come Ghali, Sferaebbasta, Machete Crew sono molto bravi e molto incazzati”» (a Luca Valtorta) • «In molte rime di Caos se la prende con l’ossessione del vestire bene. Lei sempre tuta nera? “Non ho mai voluto avere a che fare con gli stylist anche se ho notato che se pubblichi due foto con la stessa felpa la gente te lo fa notare e quello diventa più importante delle tue idee. Steve Jobs ha rivoluzionato il mondo portando sempre lo stesso maglione. E anche io devo pensare alla mia identità. Se gli sei riconoscente, il rap ti ripaga. All’inizio mi ha tenuto fuori dai guai, mi ha fatto conoscere me stesso e i miei limiti, mi ha fatto rappare con i miei idoli Ax e Neffa, conoscere Vasco, Battiato e Saviano e oggi mi fa parlare ancora ai giovani. Altrimenti sarei in un ufficio con la valigetta a fare un lavoro che non mi interessa come nel video di Propaganda”» (ad Andrea Laffranchi) • «Quando presento i dischi negli store: in quei casi accade la qualunque. Le mamme sono pericolosissime. Accompagnano i figli per conoscermi, poi con una scusa li scansano e mi piazzano i bigliettini, ammiccano, mi imbrattano la faccia di rossetto. Assurde. E non parlo solo di Milano, tali situazioni si ripropongono un po’ ovunque: vivono la vita dei figli, e s’illudono di essere tornate giovani. Mi imbarazzo. O infastidisco. Durante gli appuntamenti negli store non ci sono controlli, quindi può capitare di tutto. Ah, sia ben chiaro: ciò avviene non perché sono un figo, ma per il successo; il successo è il solo amplificatore» (ad Alessandro Ferrucci) •
Politica È stato vicino al M5s. «Grillo, che non ho mai conosciuto di persona, ha credibilità in rete e solo grazie a questo riesce a fare un evento senza ricorrere alla pubblicità in televisione. Il mio “vaffa” però non è diretto tanto ai politici, ma a tutti quelli che a quel paese non mandano i politici» (ad Andrea Laffranchi nel 2010).
Soldi «I primi guadagni investiti? “Andai in banca a chiedere un mutuo. La direttrice era sorpresa che fossi educato. Le dissi che anche lei in ufficio doveva essere più dura che a casa”. Come finì? “Mi diede il mutuo”» (ad Andrea Laffranchi).
Droghe «Ha dichiarato di temere la dipendenza da marijuana. “In tour sono stato costretto a rallentare: non potevo andare avanti in quel modo… I primi tempi di Milano mi hanno allungato le peggio schifezze, hanno fatto la cresta, ho acquistato pure il puzzone (del pessimo hashish)”. Ha detto “non potevo andare avanti”. “Fumavo più per stare in compagnia, ora non riesco: dopo qualche boccata mi isolo, rimango zitto, e non va bene. Resta la sera quando sono solo, però ho ancora l’angoscia di non poterne fare a meno. C’è stato un periodo nel quale non mi muovevo volentieri da Milano se non ero certo di trovare da fumare”. È per la legalizzazione? “Sarà sempre troppo tardi: in California la marijuana è diventata una grande industria, con introiti importanti”» (ad Alessandro Ferrucci nel 2017) • «Ho sempre fumato, da quando ascoltavo i Cypress Hill che con teschi e foglie di marijuana erano perfetti per attirare un adolescente. Non rinnego le canne, ti danno un’identità, ti conosci. Come in tutto devi avere la giusta proporzione. Quando arrivi al numero 1 in classifica sei più solo, hai più soldi, e quella cosa del fumo prende piede. Ci sono stati momenti in cui mi ha condizionato molto la vita. Ad esempio, non vedevo l’ora che un’intervista finisse perché pensavo alla canna che avrei fumato dopo. Riascoltavo le interviste e pensavo “ma che dico!”. Non è un pentimento, ma sono 6 mesi che non fumo. Ci ho dato un taglio. Ho smesso anche con alcool e sigarette, altrimenti una cosa chiama l’altra» (ad Andrea Laffranchi nel 2022).