18 ottobre 2023
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Biografia di Tiberio Timperi
Tiberio Timperi, nato a Roma il 19 ottobre 1964 (59 anni). Conduttore televisivo. Giornalista. «“Una volta bastava essere bravi, oggi no”. Cosa serve? “Sapersi vendere bene, le amicizie giuste e magari un agente potente. Io non ho l’agente e non sono in quota ad alcun partito”» (Alessandro Ferrucci) • «“A Roma sono cresciuto a piazza Vittorio, un quartiere di frontiera, schiacciato tra la sinistra di San Lorenzo e la destra di Colle Oppio; un quartiere popolare, e tra di noi c’era qualche deriva illecita”. Lei rientrava in quel clima? “No, solo di striscio. Nel palazzo dove vivevamo, mamma era la portinaia e uno degli appartamenti era abitato da un ricercato di estrema sinistra: un giorno mi ferma la Digos e mi offre una ricompensa, molto alta, per informazioni legate a quel ragazzo”. E lei? “Ricordo l’imbarazzo, ma non sapevo nulla”. I suoi si occupavano di politica? “Mamma era di sinistra, papà aveva partecipato alla Repubblica di Salò ed era finito in un campo di concentramento con Albertazzi ed Evola; (pausa) discutevano sempre”. C’è un però. “Sono stati una bella coppia: quando mamma si è ammalata di diabete, lui si è licenziato, per diventare il suo infermiere, soprattutto dopo che le hanno amputato le gambe. (Pausa). Eravamo una famiglia proletaria da pastarelle la domenica, la Fiat 128 tenuta per 17 anni e niente stufa né scaldabagno: ho ancora in testa la sensazione di freddo di quegli anni, il gelo dal bagno alla cameretta o l’umido, la sera, sotto le lenzuola, con la salvezza aggrappata alla borsa dell’acqua calda”. Cosa invidiava agli altri? “Un po’ di tranquillità economica. […] In famiglia eravamo gli unici con problemi, mentre tutti gli zii esibivano grandi fortune: uno era diventato ricchissimo vendendo gelato in Argentina, tanto da subire un rapimento da parte dei Montoneros”» (Ferrucci). «Educazione semplice: compòrtati bene, vai bene a scuola e non farci chiamare dalla polizia. Papà era corretto fino all’autolesionismo. Mamma è morta giovane, era chiusa, non esternava, sognavo le carezze che mia zia faceva a mio cugino. Era una vita senza sovrastrutture, un gradino sopra la povertà. So cos’è la fame, la voglia di arrivare. […] Sono cresciuto con i valori di una volta. Ero figlio unico, avrei voluto dei fratelli» (a Silvia Fumarola). Il padre «aveva iniziato a lavorare come sviluppo stampa nelle società dell’epoca, era tecnico a via Teulada. Non aveva potuto studiare. Ho ricordi mitici della Rai: prendevo l’autobus e andavo a trovarlo. La camera oscura, lo studio dove giravano gli sceneggiati, Alberto Lupo con la Jaguar color nocciola. Un giorno papà mi chiamò: “Tutto bene a scuola? Ti passo il tenente Sheridan”. Parlai con Ubaldo Lay». «Timido? “Ero cicciottello e brufoloso”. […] Il suo valore aggiunto da ragazzo. “Cocciuto”. Cosa o chi voleva diventare? “Esattamente quello che sono adesso: (sorride) sono cresciuto a pane e televisione e da ragazzo ero certo che un giorno avrei dato del tu a Pippo Baudo, tanto da imitarne gesti ed espressioni”» (Ferrucci). «Come andava a scuola? “Una volta i genitori non avevano aspettative sui figli se non che arrivassero ad avere in mano il famoso pezzo di carta della laurea. Io non ho dato loro questa gioia perché a 14 anni ho iniziato a lavorare nelle radio private. A scuola, la mia epifania l’ho avuta durante le recite: ero molto bravo e mi dicevano ‘Dovresti fare l’attore’”. Invece è diventato un giornalista. “Sì, ma per caso. Aver sempre prodotto contenuti per la radio mi ha aiutato a diventarlo: mi sono laureato sul campo. Comunque mi sono anche divertito come attore, doppiatore, conduttore. Dove ho potuto, mi sono espresso”» (Chiara Maffioletti). In principio fu però «“la radio, la mia passione. Ero un fan di Alto gradimento. Ho iniziato in un sottoscala di un bar a Cesenatico: andavamo in vacanza in una pensione a conduzione familiare, i miei avevano pochi soldi. Giorni fa [il 4 luglio 2023 – ndr] è morto Bibi Branzanti, padre di tante emittenti locali: mi indicò la strada”. I suoi genitori che dicevano? “Mio padre era contrario, ci siamo anche scontrati, voleva il figlio laureato: per lui il pezzo di carta faceva la differenza”» (Fumarola). «Dopo la radio, la mia prima passione, sono approdato a Telemontecarlo, mentre in Rai sono arrivato con un provino, cosa impensabile nell’èra delle pubbliche relazioni sulle terrazze romane». «I suoi hanno assistito al successo? “Papà sì, mamma è morta prima; (rallenta il racconto, a momenti si impasta la bocca) due sere prima del suo addio, era già in coma, vado da lei in ospedale e le mento spudoratamente: ‘Mi ha chiamato la Rai, se mi capisci stringi la mano’. La strinse (occhi rossi e gonfi). Non era vero, ma ci teneva”. […] “Sono entrato in Rai nel 1983 dopo aver portato a un dirigente una cassetta con incisa una mia registrazione: per una settimana andai su Rai Stereo 1 a 15 mila lire a puntata. Pagavano in contanti: ho da parte le prime mille lire”» (Ferrucci). «Professionalmente chi ha creduto in lei? “Michele Guardì, Ballandi e Jocelyn, un genio della tv che dovrebbe avere ancora un posto, visto che nel nostro mestiere non si invecchia, ma si acquisisce esperienza. Ho avuto la fortuna di conoscere grandi come Corrado, Rispoli, Raffaella Carrà, con me sempre prodiga di consigli”. Ce ne dica uno. “Mi disse che in tv non contava quanto parlassi: bastava una battuta, ma detta bene e al momento giusto, per fare la differenza”» (Maffioletti). «Con Raffaella preparavamo Navigator, con Sergio Japino a Cinecittà. Non capivo il programma. Japino mi disse: “Io sono la televisione”. Replicai: “E io il frigorifero”. Poi Raffaella fu distaccata con me». «Ha lavorato anche con Mike Bongiorno. “Una persona deliziosa, preciso sul lavoro ma anche un signore: quando finimmo di lavorare mi mandò una lettera per dirmi che si era trovato bene con me e mi augurava tanta fortuna. Fu una grande gioia riceverla, sulla sua carta intestata… Chi farebbe più oggi una cosa così?”» (Maffioletti). «Ha dato del tu a Baudo? “In occasione di un appuntamento su Radio 1. E lì ho pensato a me bambino”» (Ferrucci). «“Dal 1991 al 1996 ho lavorato alla Fininvest, a Milano: cinque anni fondamentali. Grande scuola il Tg4: potevi non votare Berlusconi, nessuno mi ha mai limitato. Emilio Fede era epico nelle sue sfuriate, ma ho imparato tanto”. Aveva un modello? “Baudo, Corrado, Enzo Tortora, che era affilato. Baudo faceva spettacolo con l’incidente, di Corrado amavo la familiarità”» (Fumarola). «“Da Emilio Fede ho cercato di carpire tutto”. È stato suo direttore. “Un genio, prima della deriva; (ride) quando ancora non ci conoscevamo, una mattina alle 8 ricevo una telefonata: ‘Pronto, sono Emilio Fede’. E io: ‘Arma’, vaffanculo’. E ho attaccato. Ero convinto fosse Armando Sommajuolo: con lui scherzavamo spesso”. Spieghi il “genio”. “Un giorno Fede mi ferma: ‘Sei bravo, ma parli troppo veloce, sembri Mentana: devi fare più pause, come me. Sai perché? Mi dimentico le cose, ma se vado piano, con qualche pausa, allora ricordo, e la gente è convinta che stia pensando’”. Berlusconi, lo ha incontrato? “Una mattina entra in redazione accompagnato da Dede Cavalleri: salivazione azzerata. Si avvicina a me: ‘Farà strada, l’ho guardata. Però le do un consiglio: sistemi le sopracciglia’. E io: ‘Presidente, mi avete acquistato così’. A quel punto la Cavalleri sbianca”. Effettivamente sono folte. “(Ride). Anni dopo le ho sistemate: aveva ragione”. […] Quando ha deciso di lasciare il giornalismo per il mondo dello spettacolo? “Il giorno dell’attentato a Borsellino: erano le cinque del pomeriggio, avevamo l’edizione flash del telegiornale che anticipava quella condotta da Fede. Mi chiama il corrispondente da Palermo: ‘La bomba è sotto casa di Borsellino, non si sa se è vivo o morto. Lo dico o no?’. E io: ‘Non fare il suo nome, per rispetto alla famiglia’. Andiamo in onda, nessuno pronuncia il nome di Borsellino, finisce la diretta e subito mi chiama Fede: ‘Stronzo, coglione, non sarai mai un giornalista, hai perso lo scoop’”. E lei? “Ho risposto male e ho capito di non aver voglia di far carriera con tali modalità; e poi per andare avanti era necessario entrare in qualche cordata, pubbliche relazioni, o sposare la causa di Forza Italia”. […] Le è dispiaciuto lasciare il giornalismo? “No”. Economicamente è cambiata la sua vita. “Non in maniera fondamentale; (sorride) conta per la storia del riscaldamento, e magari per l’automobile”. Quante ne ha cambiate? “Me so’ giocato ’n appartamento, ma venivo da 17 anni di Fiat 128 verde pisello, spernacchiati da tutti i parenti”» (Ferrucci). Tornato stabilmente in Rai nel 1996, da allora ha condotto, per lo più affiancato da altri colleghi, numerosi programmi principalmente rivolti a un pubblico di famiglie o di casalinghe (Mattina in famiglia, Mezzogiorno in famiglia, Unomattina in famiglia, Verdetto finale, Unomattina estate, La vita in diretta). Particolarmente impegnativa la conduzione delle trasmissioni mattutine: «Sveglia alle quattro e mezza, dieci minuti di ginnastica al giorno, a suo dire assolutamente sufficienti se continuativi. Ha l’incubo di arrivare tardi in onda, magari perché non gli parte la macchina. “Una volta è successo davvero che non ho sentito la sveglia e mi ha telefonato la costumista alle sei e mezza. Praticamente sono andato in onda con quello che avevo indosso a casa”» (Betta Carbone). Da ultimo, pochi mesi dopo aver amaramente dichiarato a Pierluigi Diaco di sentirsi ormai pronto per la pensione («Dopo tanti anni mi piacerebbe sperimentare qualcosa di diverso. Sono grato per la possibilità che mi viene data, ma vorrei cimentarmi in altre cose»), è approdato alla conduzione di I fatti vostri (Rai 2), al fianco di Anna Falchi. «Allora, addio rimandato. “I pianeti si sono allineati. Quando a Salvo Sottile hanno affidato un programma in prima serata su Rai 3, mi hanno chiamato per I fatti vostri”» (Fumarola). «Ora è anche attore. “Un ruolo nella serie di Lillo e uno nell’ultimo film di Massimiliano Bruno. Mi piace tantissimo, nonostante i tempi morti del set; (pausa) in Italia se sei inquadrato come giornalista non ti prendono sul serio in altri ruoli, quando negli Stati Uniti Denzel Washington e George Clooney nascono giornalisti”. È il Clooney italiano. “(Ride). Una volta l’ho fregato”. Clooney? “Più di vent’anni fa, la Dixan doveva scegliere tra me e lui. La casa madre voleva lui. Peccato che il 70% del fatturato europeo veniva realizzato in Italia e nel 1999 ero più famoso di lui”. Poi Clooney si è rifatto. “Ampiamente”» (Ferrucci) • Il 18 ottobre 2014 Rai 1 trasmise per due volte un filmato registrato di Unomattina in famiglia in cui Timperi pronunciava una bestemmia, per la quale la Rai fu in seguito condannata in via definitiva al pagamento di una sanzione di 25 mila euro. «Una vittoria del Codacons, che, dopo la trasmissione, aveva chiesto alla Rai di assumere provvedimenti nel confronti del conduttore. Che non sono arrivati. Timperi, da parte sua, si era scusato in diretta il giorno dopo dagli schermi di Rai 1» (Enza Cusmai) • «Ho finito per assomigliare a mio padre: dico quello che diceva lui». «Nel tempo ho realizzato che aveva ragione su tutto. Lui era di quella generazione che non ti erigeva monumenti per le cose buone che facevi. Insomma, non mi ha mai dato grandi soddisfazioni a parole, ma dopo la sua morte ho trovato una collezione di suoi ritagli con tutti i giornali che parlavano di me. Non me lo aspettavo» • Un figlio, Daniele, dal brevissimo matrimonio con Orsola Adele Gazzaniga, conclusosi con un divorzio difficile e lunghe polemiche relative all’affidamento del bambino, che hanno indotto Timperi a intestarsi la causa dei padri separati di fatto impossibilitati a mantenere un rapporto costante e soddisfacente con i figli: alla questione ha dedicato, tra l’altro, i libri Amarsi sempre! Sposarsi? (Curcio, 2008), scritto con Maria Pia Sabatini, e Nei tuoi occhi di bambino (Longanesi, 2012). «“Mi restano dei graffi nel cuore, non solo sulla pelle”. Il riferimento è al suo doloroso divorzio? “Da un certo momento in poi la mia vita ha preso un’altra direzione: è stato molto, molto pesante, ma va bene così”» (Maffioletti). «Ho sofferto molto, anche sul piano personale. Ora uso la mia popolarità per costruire, o almeno provarci, un destino diverso per gli altri. […] Fateci caso: la madre è considerata buona comunque. Il padre, al contrario, deve dimostrare di essere un buon genitore» (a Luca Telese). «I giudici dovrebbero avere il coraggio di essere impopolari e affidare il bambino al genitore più equilibrato. Se questi è il papà, che si dia il bambino a lui. Cosa che in Italia non succede mai» • Antiche voci di un suo tentato approccio nei confronti di Marina Berlusconi, da lui recisamente smentite. «Lavoravo al Tg4, avevo problemi con Fede: messo ai margini per nove mesi, alla fine ne ho parlato con Marina Berlusconi e per gratitudine mi presentai con un mazzo di fiori. Non ci volevo provare. Quando andai via dal Tg4, sull’Espresso uscì un’indiscrezione: “Chi è quel giornalista con l’occhio verde, romano, cacciato via da Mediaset perché ci ha provato con la figlia del proprietario?”. Ero io. Falsissimo». «Tra i suoi amori c’è anche il sogno di molti, Natasha Hovey. “Avevo letto una sua intervista in cui diceva che cercava il principe azzurro e faceva un elenco delle sue caratteristiche: mi ci ritrovavo. Dovevo andare al Costanzo show in una puntata in cui c’era anche lei, ma Fede (era l’epoca del Tg4) non mi diede il via libera. Feci in modo allora di avere il suo numero… Che dire, è stato un bel periodo: ho un ricordo bellissimo, di una ragazza dalla dolcezza unica. Ogni volta che rivedo Acqua e sapone penso a noi a Campo de’ Fiori”. […] Le piacerebbe innamorarsi di nuovo? “Dovrebbero rifare Agenzia matrimoniale per quelli che si separano a 50 anni. Lo penso seriamente, perché, se succede, a quel punto che fai? Se vai in discoteca, potrebbero essere tutti tuoi figli: cosa racconto a una di 25 anni? Sarei ridicolo. Inoltre, nel mio caso, c’è il rischio di essere avvicinato per quello che rappresento: molte sono interessate alla scatola, diventi sospettoso. Spero sempre che la vita mi sorprenda quando meno me lo aspetto, ma, in generale, tutti si cercano, pochi si trovano e molti si accontentano: io non ho intenzione di accontentarmi. […] Vivo solo da una vita proprio perché credo che ci sia un’anima gemella. Scendere a compromessi non fa parte del mio vocabolario: non nel lavoro e nemmeno nella vita privata. Da solo sto bene: se mi devo mettere con una persona, devo stare meglio”» (Maffioletti) • «Se, rinascendo, fossi donna, sarei curioso di sperimentare la maternità. Essere dall’altra parte della barricata. Indispensabile, però, sarebbe avere la memoria della vita precedente» • «Ha pochi amici? “Quelli di sempre, che per definizione sono pochi. Un ex compagno di banco del liceo, due amiche d’infanzia, un mio ex direttore di Telemontecarlo. Direi basta”» (Maffioletti) • Laziale • Ama la montagna, e la bicicletta. «Libertà di andare, di stare in silenzio con i propri pensieri e avere la garanzia di non fermarsi mai. Fosse per me, sarei sempre in bici. La uso quando posso al posto dell’automobile, a Firenze molto più che a Roma» • «“Per me la ricchezza è mettere il riscaldamento alto e girare nudo per casa”. La borsa dell’acqua calda? “Ancora non ne posso fare a meno”» (Ferrucci) • «Le battute alla Alberto Sordi, le doti da imitatore, il cinismo romano stemperato nella malinconia quando parla dell’infanzia e dei genitori, la consapevolezza di essere fortunato “perché trasformare in lavoro la propria passione non succede a tutti”, e al tempo stesso di non aver raggiunto tutti gli obiettivi. […] Giornalista, conduttore, attore, doppiatore: “Sono spurio”, dice ridendo» (Fumarola) • «“Da poco tempo guardo le foto di vent’anni fa e penso: ‘Non ero male’”. Sempre circondato da bellissime donne. “Credevo per la fama; comunque ero bello e con il viso un po’ da stronzo”» (Ferrucci). «L’aspetto fisico nel suo caso ha contato: fotoromanzi, fiction e film. “Ha contato. E forse è stato un po’ penalizzante: alla fine ‘bello e un po’ stupido’, no? Quando ho fatto la radio non c’era la telecamera, e l’avvenenza non contava. All’inizio ero cicciottello e con i brufoli”. Dite tutti così. Di certo è istintivo: in una puntata della Vita in diretta con Francesca Fialdini, ospite Max Tortora, fu preso da un attacco di fou rire irrefrenabile. “Se mi prende la ridarola, è finita. Che dire, quando morirò riproporranno quel filmato”. È narciso? “Mah. Sì”. Ha mai fatto analisi? “Sì, e se l’avessi fatta prima sarebbe stato meglio”. […] Se dovesse descriversi? “Non sono incline al compromesso, non sono mondano, sono pignolo. Non mi tengo un cecio in bocca, dico la verità e voglio sentirmela dire”» (Fumarola). «Il cinismo mi ha aiutato a sopravvivere» • «Tra le cose di cui vado fiero, l’aver lanciato la serata delle cover in Sanremo Top: sfido chiunque a dimostrare che non andò così. Poi altri hanno usato l’idea» • «I suoi errori? “(Pausa). Me ne imputo tre. Primo, aver lasciato Milano per Roma: lì stavo bene. Il secondo a Los Angeles, durante una vacanza: un uomo mi guarda, sorride, si avvicina e mi dà un biglietto da visita. Era un talent scout della William Morris Agency, una delle più grandi agenzie di star. Il giorno dopo mi presento negli uffici, trovo tutti palestrati e donne bellissime, penso si siano sbagliati, saluto e me ne vado”. Terzo errore. “Il matrimonio”» (Ferrucci). «Il meglio potrebbe ancora venire? Arrendersi mai, crederci sempre. Certo devi trovare qualcuno che punti su di te. Io continuo ad aspettare, sperando di non essere patetico. Mi piacerebbe veder realizzata una mia idea, anziché assistere al proliferare di format stranieri». «Ma mi accontento. Se penso da dove sono partito, la casa senza termosifoni: ho patito tanto di quel freddo da bambino. Non esiste solo la tv, ma anche la vita. Oggi vorrei innamorarmi di nuovo».