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 2023  ottobre 20 Venerdì calendario

Biografia di Cesare Previti

Cesare Previti, nato a Reggio Calabria il 21 ottobre 1934 (89 anni). Avvocato. Già consulente di vari istituti bancari. Amico fidato di Silvio B., che se lo scelse prima come legale, poi come vicepresidente della Fininvest. Tra i fondatori di Forza Italia. Eletto senatore nel 1994. Ministro della Difesa nel Berlusconi I (1994-95). Eletto alla Camera nel 1996, 2001, 2006. Condannato in via definitiva a sei anni per tangenti nel più grave processo per corruzione giudiziaria dell’Italia repubblicana, l’Imi-Sir (67 miliardi di lire in parte versati al giudice Vittorio Metta per l’assegnazione alla famiglia Rovelli di un maxi rimborso di circa 1000 miliardi). Condannato in via definitiva a un anno e mezzo nel processo lodo Mondadori, la sentenza «comprata con 425 milioni di lire forniti dalla Fininvest a Previti e poi da lui girati al giudice Metta» (Giuseppe D’Avanzo). A maggio 2006 trascorse cinque giorni a Rebibbia prima di essere scarcerato in virtù della ex Cirielli, detta appunto “salva-Previti”, che prevede solo gli arresti domiciliari per chi ha più di 70 anni. Condannato all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, nell’agosto 2007 fu costretto a dare le dimissioni da Montecitorio. Dopo una lunga serie di sentenze e ricorsi, a maggio 2011 è stato definitivamente radiato dall’ordine degli avvocati • «Il tracotante Cesare Previti» (Fulvio Abbate) • «Grande fantasista del legittimo impedimento» (Marco Travaglio) • «Se lo conosci lo Previti» (Roberto D’Agostino) • «Uno che non mi piace, da cui mi sento distante» (Iva Zanicchi) • «Il suo fascino risiede in quella che si potrebbe chiamare la caratterizzazione della schiettezza. È un uomo impetuoso, il che s’inquadra nella psicologia romana; possiede un senso istintivo dell’umorismo e un curvo senso del potere» (Salvatore Merlo) • Nel giugno 2023 Carmelo Caruso lo incontrò al matrimonio di Italo Bocchino: «Sul prato di Villa Lina una donna si interroga: “Ma io quello lo ricordo. Il nome ce l’ho sulla lingua”. È una figura celebre degli anni berlusconiani. Sulla lingua, sulla lingua. È un uomo dal fisico asciutto, uno straordinario ottantottenne e sbalordisce tutti perché, sotto la giacca, come fa Armani, porta una t-shirt di colore bianco. Magnifica. Ma chi è? Non c’è dubbio è proprio Cesare Previti, l’ex ministro della Difesa, berlusconiano, ed è accompagnato dalla moglie, attrice teatrale, capello corto biondo. Donna di gusto. È lei a rivelarci che la t-shirt di Cesare è della casa di moda Kiton» (Il Foglio, 12/6/2023) • Una volta, in un’occasione pubblica, Marcello Dell’Utri lo salutò con queste parole: «Ciao Cesare, vedo che sei allegro. Sei portatore sano di cancro giudiziario come me…».
Titoli di testa «Cesare si diverte un mondo. Ottantotto anni e non sentirli. Ci consente di dargli del tu e ci annuncia che questa estate se ne va in barca a vela, alla faccia di tutti i magistrati che nella sua vita ha combattuto» (Caruso).
Vita Origini calabresi. Studi a Roma, si laurea con lode nel 1956, avvocato dal 1958. Era consulente della marchesina Anna Casati Stampa quando Silvio Berlusconi comprò da lei la villa di Arcore. «Senza questo villone che viene su dalle nebbie del fiume Lambro, smagliante come una reggia, carico di destino e di tendaggi, niente si capirebbe dell’epopea del Cavaliere. Il suo perimetro catastale protegge i 200 mila metri quadrati del parco con mura, cancelli e allarmi satellitari. Il cancello centrale si apre come un doppio portale sulla ghiaia del parcheggio e sulla facciata. La facciata – una trentina di finestre su tre piani – contiene un pezzo della storia d’Italia […]» (Pino Corrias, Vanity Fair 22/12/2005). «Apparteneva al marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, che si suicidò il 30 agosto 1970, dopo aver ammazzato la moglie e il suo amante. La proprietà passò alla giovanissima figlia Anna Maria, che fu messa sotto tutore. Il tutore divenne ministro del governo Andreotti, allora la pratica passò al pro tutore, che poi diventò il legale della Casati Stampa, nel frattempo trasferitasi in Brasile. E chi era questo avvocato, che di fatto vendette la Villa? Cesare Previti. In una vicenda non certo economicamente conveniente per la giovine donna: valutata 1 miliardo e 700 milioni dell’epoca, la villa (compresi pinacoteca e biblioteca di 10 mila volumi) fu ceduta per 500 milioni di lire in titoli azionari. L’ereditiera per monetizzare questi titoli dovette accordarsi con gli acquirenti, che li riacquistarono per 250 milioni. Ti credo che Previti sia poi sempre rimasto nel cuore di Silvio» (Jacopo Iacoboni, La Stampa 29/6/2023). «Quando ci fu il massacro, il 30 agosto 1970, e divenne orfana di padre, la marchesina Anna Maria era la più ricca e la più giovane ereditiera d’Italia. Aveva 19 anni e per la legge di allora era minorenne. Una minorenne in fuga dal nero della cronaca, dal rosso del sangue, dall’enormità dello scandalo […] Suo padre, il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, cacciatore e bon vivant, aveva spalancato la porta del suo superattico romano, sorprendendo la sua seconda moglie Anna Fallarino e il suo giovane amante, lo studente Massimo Minorenti, impigliati nella trappola di un amore non previsto […]. Li aveva uccisi con il suo fucile preferito, da caccia grossa. Poi aveva ricaricato. Un solo colpo, per sé […] La storia di quei tre cadaveri deflagrò sui rotocalchi, moltiplicata dall’immensità del patrimonio Casati Stampa, che da solo riempiva 231 fogli dattiloscritti dell’Ufficio Imposte di Milano, centinaia di ettari in tutta la Brianza, boschi, colline, aziende agricole, palazzi e ville. Anna Maria era fragile e spaventata. Non vedeva l’ora di fuggire dagli incubi e dai clamori. Di allontanarsi il più possibile da quel massacro […] Previti, specializzato in questioni societarie e fiscali, già allora sbriga faccende nei corridoi del tribunale di Roma. Frequenta magistrati e palazzinari, svelto con le carte bollate, ma soprattutto con le persone. Organizza cene, week-end e partite di calcetto. Riconosce al volo con chi può intendersi. Così quando nell’inverno del 1973 comincia a incrociare la società milanese Edilnord che si interessa ai molti terreni lombardi della sua marchesina, lampeggia immediatamente un legame speciale con il titolare occulto della società, che ha il suo stesso dono: riconosce le persone al primo sguardo. Silvio Berlusconi ha 37 anni. Ha venduto aspirapolvere Folletto e ha suonato il contrabbasso sulle crociere della flotta Lauro. Con il primo prestito della Banca Rasini, dove lavora il padre, ha costruito il suo primo palazzo. Adesso è proprietario della Edilnord, capitale sociale 6 milioni di lire, anche se ufficialmente non compare. Ha costruito le Torri di Brugherio e sta progettando, con capitali che affluiscono dalla Svizzera, il cantiere della sua prima città, Milano 2, territorio di Segrate, dove non venderà solo case, ma “un modo di abitare” […] Vive in una palazzina a Milano, ma sta cercando qualcosa di speciale. Per esempio, una villa come quella che gli ha appena offerto l’avvocato Previti, di nobiltà settecentesca, sorta sulle rovine di un antico convento benedettino, con arredi d’antiquariato e quadri del XV e XVI secolo lombardo e i libri, i tappeti, il salone delle feste a doppia altezza, il parco immenso. La villa […] viene via per un prezzo da ridere, 750 milioni al primo accordo, 500 al secondo, ma con pagamenti dilazionati in sette anni, metà azioni, metà contanti. Un acquisto insieme veloce e lentissimo con titolarità mutevole, prima Edilnord, poi Immobiliare San Martino, poi Immobiliare Idra, ma con il nuovo proprietario insediato da subito, con camerieri al seguito […] Previti una volta raccontò come erano andate le cose […]: “Un giorno dissi a Berlusconi: ‘Mi deve fare un grande piacere, mi deve comprare Villa San Martino’. E lui: ‘Ma, avvocato, cosa me ne faccio di una villa? Io sto in città, ho i miei affari in città’. Gli dissi: ‘Venga a vederla’. Andammo e lui mi fece una proposta tipicamente sua: ‘Me la lasci provare. Ci sono le vacanze di Pasqua, ci vado per qualche giorno’. Non se n’è piu andato”» (Corrias) • Tra i due, un colpo di fulmine. Segue fin dalle origini il gruppo Fininvest, e ne diventa vicepresidente. «Avvocato miliardario, “compagno d’avventura e casini economico-contabili con Silvio e una manica di vassalli all’ombra del ‘ce pensamo noi’ degli anni settanta-ottanta» (Filippo Ceccarelli). «La Jaguar verde, lo studio foderato in pelle, l’armadio elettronico con i vestiti che ruotano […] Le crociere sul brigantino d’epoca “Barbarossa” e le magliette a strisce fatte indossare agli ospiti di riguardo. Gli occhiali scuri […] Sempre un po’ esagerato, Cesare Previti. Dopo tutto il suo angolo visuale era quello che era. Il tribunale di Roma, con le sue inevitabili disfunzioni e magagne. Il circolo Canottieri Lazio, con il socio Fifì che per fare lo spiritoso rivelò al Messaggero di accogliere il suo presidente al grido, decisamente sadomaso: “Calpestami, presidè, sarò il tuo tappetino”. Si scherzava e si rideva, negli spogliatoi del calcetto, o al bagno turco. E poi? Beh, c’era la collezione dei soldatini: da fare invidia, per certi pezzi, a Franco Evangelisti e a Peppino Ciarrapico. Quindi la torre all’Argentario, il dissalatore, la piscina riscaldata, e quella “scala segreta che conduce al Paradiso”. Lo scrivevano le riviste illustrate, con sinottica traduzione inglese. Qui “la proverbiale grinta di Cesare si diluisce e addolcisce” (it eases off and softens). La piaggeria dei giornalisti, naturalmente. Quella non manca mai davanti al potere e ai soldi. Ma alla lunga dispensa gocce di arsenico a chi l’asseconda, e se ne compiace: “Sì, effettivamente ho giocato a pallanuoto e ancora oggi mi tuffo e gioco...”» (Filippo Ceccarelli) • Poi gli anni Ottanta finiscono. Arriva Tangentopoli, i vecchi partiti si sfaldano. Corrias: «Dicevano gli analisti della Banca d’Italia che la Fininvest aveva 5 lire di debito per ogni lira di capitale. E allora, lui, dall ’abisso – in compagnia di Confalonieri, Gianni Letta, Cesare Previti, Dell’Utri, tre televisioni e un Bettino Craxi in fuga – tirò fuori il coniglio e il partito. La sua parola d’ordine era: “Sono ricco, non ho bisogno di rubare”. I più poveri e i più ricchi d’Italia gli hanno creduto, anche se per ragioni opposte» (Fatto 6/7/2023) • Previti coordina i Club Azzurri. È lui a suggerire al Cavaliere di cooptare nel governo Antonio Di Pietro (l’incontro ha luogo ad Arcore il 7 maggio 1994, ma non se ne fa niente) (Goffredo Buccini) • Il resto è storia. Berlusconi vince, viene nominato presidente del Consiglio. Lascia le cariche sociali, Confalonieri diventa presidente della Fininvest. Previti è eletto senatore nel collegio uninominale di Roma-3 con il 43,6% dei voti. Secondo i piani, dovrebbe diventare guardasigilli, ma il presidente della Repubblica si oppone. Marzio Breda: «“Forse non ci siamo intesi. Qui, sul mio tavolo, quel nome non passa. Per senso etico”. Così Berlusconi si sentì rispondere da Oscar Luigi Scalfaro quando gli propose di nominare l’avvocato della Fininvest ministro della Giustizia. E “quel nome” fu depennato. Era il 1994 e in un attimo il Cavaliere capì che non esistevano prerogative senza limiti. Neppure per chi aveva espugnato Palazzo Chigi. Infatti, dopo un po’ lo ammise: “Ho fatto i conti con questo presidente. So quali poteri può avere la persona che siede al Quirinale. E ho sofferto”» (CdS 13/6/2023) • Alberto Statera: «Qualcuno ricorderà la frase dell’avvocato Previti, pronunciata in vista di una tornata elettorale: “Non faremo prigionieri”. Non ne fecero e riempirono i posti di vertice dello Stato, che dovrebbe ammantarsi di terzietà, di personaggi improbabili per titoli e capacità, quando non loschi» (Rep 2/2/2014) • «Venne fuori un personaggio che sembrava inventato a tavolino per confermare la sinistra nelle sue fobie: esibizioni giovanilistico-muscolari, spacconate parlamentari, ricordi civettuoli di buffetti da parte del Duce “quand’ero un Balilla raccomandato”, astuzie da avvocato d’affari, velieri da favola, calcetti parossistici, polemiche anche con Norberto Bobbio, melatonina svizzera, querele con D’Alema, sfoggio primordiale di ricchezze […] » (Ceccarelli) • I guai iniziano per opera di una certa Stefania Ariosto. Il Fatto: «È la fidanzata di Vittorio Dotti, avvocato milanese di B. e capogruppo di FI alla Camera. Viene convocata nel 1995 dalla Gdf che indaga su alcuni misteriosi libretti al portatore da oltre 100 miliardi di lire usati da B. per pagamenti anonimi. E racconta alla pm Ilda Boccassini, che la copre come “teste Omega”, i rapporti illeciti di Previti […] con diversi giudici romani. Il 23 dicembre riceve un pacco dono con dentro un coniglio scuoiato e sgozzato che galleggia nel sangue, e un biglietto d’auguri: “Buon Natale”. Nel marzo 1996, alla vigilia delle elezioni, B. e Previti sono indagati per corruzione giudiziaria e il giudice Renato Squillante viene arrestato. La Ariosto subisce minacce private e da linciaggi pubblici dalla stampa e dall’entourage del Cavaliere: “mitomane”, “esaltata”, “cortigiana”, “serial killer e avventuriera”, “Pompadour”, “boccuccia di rosa”, “donna squinternata, malata di protagonismo e del complesso di Erostrato”. Anche la Boccassini verrà linciata e calunniata per anni dall’orchestra nera berlusconiana. E, come lei, tutti i magistrati che oseranno indagare, processare e financo condannare B. e i suoi cari» (G. Barbacetto, M. Oliva e M. Travaglio, 18/6/2023) • «Nell’Enrico IV Shakespeare fa dire molto bene al sovrano il dilemma politico degli amici divenuti scomodi: la feroce azione dei loro artigli “mi aveva dapprima insediato sul trono, ma la loro forza può ben farmi temere di essere di nuovo deposto” […] “Io sono un mostro” ha ripetuto più e più volte, anche per iscritto, Previti avvicinandosi alla sentenza, per dire che era già stato condannato. “Cesare Previti è un mostro” scandiva in tv Giuliano Ferrara: processo senza storia, imputato più che colpevole, criminale per sua stessa natura, più che degno di pena, irredimibile. “L’orco cattivo” titolava il Foglio. “Previti Manson” (tra Charles e Marilyn) si sbizzarrivano i rubrichisti» (Ceccarelli) • Mattia Feltri: «La terrificante pagina del Foglio, uscita la mattina del 2 ottobre 2002, e titolata “Gli affari del signor Cesare”, conteneva sei commenti. Quello di Oscar Giannino: “Anche Cicerone fece assolvere il corrotto Lucio Licinio Murone. Ma così salvò la Repubblica”; non propongo l’accostamento, scriveva Giannino accostando. Quello di Giampiero Mughini: “Il suo ghigno non può essere il volto di un intero partito”; il pezzo cominciava così: “Vale la pena morire per Cesare Previti?”. Quello di Filippo Facci: “Veda di farsi assolvere, vinca anche per noi e poi si tolga di mezzo. Ci lasci fare i giornalisti”. Facci, amico di Bettino Craxi e avversario fierissimo del pool milanese e di Antonio Di Pietro, scrisse: “Lo diciamo con parole sue, visto che dopo dieci anni di garantismo siamo qui a meriggiare attorno alle parole per dirlo: negli anni Novanta non abbiamo fatto tutto questo casino per vendere infine il culo a Cesare Previti”. Fra i tanti, Previti ha avuto un problema in più: piace poco anche a destra, poco anche ai nemici della giustizia militante» • Alla fine rimane in prigione meno di una settimana. Travaglio: «L’onorevole neopregiudicato si consegna di buon mattino al carcere di Rebibbia. E subito la sua cella, nel braccio G16, diventa meta di un pellegrinaggio incessante di esponenti della Casa delle libertà: il presidente emerito Cossiga, il presidente del Senato Pera, il senatore Guzzanti, gli onorevoli Cicchitto, Bondi, Pecorella, Lainati, Craxi (figlia), Gardini, Cantoni, Giro, Simeone, Marini, Jannarilli, Cicolani, Barelli, Antoniozzi, i sottosegretari Santelli, Grillo e Di Virgilio, l’europarlamentare Tajani, il capo della segreteria di Berlusconi, Valentino Valentini e Paolo Cirino Pomicino in veste di cicerone (lui conosce la strada). Berlusconi invece preferisce restare a distanza di sicurezza da Rebibbia. Non si sa mai. Però invia all’amico detenuto un affettuoso telegramma: “Ci vediamo a casa martedì”. Piero Sansonetti, direttore di Liberazione, organo di Rifondazione comunista, pubblica un editoriale dal titolo: “Salviamo Previti. Come? Con una legge ad personam: l’amnistia”. Immediata l’adesione del vicecoordinatore forzista Cicchitto: “Può servire per chiudere una guerra civile fredda iniziata almeno dal 1992, che è tuttora in atto ed è durissima”. La legge ex Cirielli riserva ai detenuti ultrasettantenni la possibilità di trascorrere la detenzione agli arresti domiciliari. Così, con fulminea rapidità e con un’interpretazione estensiva della legge, decide il giudice di sorveglianza Laura Longo (Magistratura democratica), che concede pure all’onorevole detenuto due ore quotidiane di libera uscita per “soddisfare le sue indispensabili esigenze di vita”» (Fatto 3/9/2013) • Previti, entrato a Rebibbia in jeans e camicia, rientra nella sua casa di piazza Farnese con un abito blu e una cravatta rossa. Tra i domiciliari e i servizi sociali, Previti preferisce i secondi. Ogni giorno, dal lunedì al venerdì va fare volontariato a Castelgandolfo, al Ceis di don Mario Picchi. Offre consulenza legale gratuita ai drogati. «Ogni mattina lasciava l’attico di piazza Farnese per la struttura sull’Appia. Nei week end lo si vedeva al circolo Canottieri Aniene o all’Olimpico per le partite della Lazio. Alla fine del 2009 è tornato un uomo libero, con l’unica limitazione di non potersi ricandidare a causa dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici» (Mess).
Amori Sposato con Silvana, due figli di prime nozze (Carla e Stefano) e due di seconde, Giulia e Umberto (Roma 30 marzo 1990), calciatore che giocava da portiere nelle giovanili della Lazio: nel 2007, alcune intercettazioni telefoniche da cui emergevano pressioni del padre (noto e accanito tifoso laziale) sul presidente Lotito affinché lo facessero giocare più spesso lo indussero a passare alla Cisco Roma.
Denari Nel 2016 l’ufficio di presidenza della Camera gli ha revocato il vitalizio (prima prendeva 3.979,06 euro al mese).
Sentenze Tra gli altri processi, assolto a Brescia dall’accusa d’aver calunniato i pm milanesi Ilda Boccassini e Gherardo Colombo, e il maresciallo della finanza Daniele Spello (ai tre è andato un indennizzo spontaneamente offerto di 100 mila euro); perse la causa in sede civile per diffamazione contro Wikimedia Foundation, la fondazione che gestisce l’enciclopedia online Wikipedia.; Marco Travaglio fu condannato a pagargli 79 milioni di lire per un articolo sull’Indipendente e a una multa di 100 euro e 8 mesi di carcere (pena sospesa) per un altro articolo sull’Espresso.
Connessioni Jole Santelli, nipote del ras socialista cosentino Giacomo Mancini, era la sua assistente. Alessandro Raggi, fratello di Virginia Raggi, avvocato nel suo studio di via Cicerone, quartiere Prati, alle spalle della Cassazione. La stessa Virginia, poi sindaco di Roma per i 5 Stelle, nel 2003 fece la pratica da lui. Suo cognato è Gianfranco Sammarco, già deputato di Forza Italia, che descrivono come potentissimo ma schivo: «Sta a Previti come il servo muto Bernardo stava a Zorro».
Curiosità «Hanno scritto anche che avevo la dentiera, invece questi sono tutti denti miei» • A chi gli chiede quanto gli manchi la politica, l’ex parlamentare di Forza Italia risponde sorridendo che è «come un vecchio amore» • «Ma io ho chiuso ogni conto con la giustizia, i domiciliari il mio impegno al Centro italiano di solidarietà di Don Picchi, a Castel Gandolfo, sono ricordi che preferisco non rievocare. È acqua passata, dal 2010 sono un uomo libero» • Nel giugno 2023, alla morte di Berlusconi, rimase sotto choc. «Era un fuoriclasse assoluto, in tutti i campi, capace di occuparsi di ogni tema, sempre disponibile, in grado di apprendere e studiare qualsiasi cosa in poco tempo». Non si capacitava di aver perso il vecchio amico. «Un uomo così straordinario sotto tutti gli aspetti, lo consideravo anche immortale…»
Titoli di coda «Parliamo con Previti, come se fossimo al bar di piazza di Pietra a Roma. Gli domandiamo della Meloni, e lui: “Me piace. Certo, l’ho votata. Giorgia è gajarda. Ha dieci anni di governo garantito. La sua squadra di governo deve solo compiere il salto di qualità. Meloni era finora un mistero. Io dico un mistero necessario. Oramai è la certezza. Evviva”» (Caruso).