23 ottobre 2023
Tags : Roman Abramovič (Roman Arkadjevič A.)
Biografia di Roman Abramovič (Roman Arkadjevič A.)
Roman Abramovič (Roman Arkadjevič A.), nato a Saratov (Russia) il 24 ottobre 1966 (57 anni). Imprenditore. Proprietario del fondo d’investimento Millhouse (dal 2001). Dal 2003 al 2022 proprietario del Chelsea. Politico. Già governatore della Chukotka (2000-2008). Secondo la classifica 2022 della rivista Forbes, ha un patrimonio stimato in 13,3 miliardi di dollari. «Per come la vedo io, la Russia non è meno democratica di quanto lo fosse prima. È una nazione democratica. È democratica quanto basta».
Vita «Irina, la madre, è morta alla vigilia del primo compleanno di Roman, il 23 ottobre 1967. Aveva la passione per la musica, era insegnante di piano. Aveva incontrato Arkady Abramovich a Saratov, nella pianura del Basso Volga, e lì era nato Roman. Nemmeno un anno dopo, Irina era di nuovo incinta. Impossibile tirare avanti con due figli, in quegli anni di povertà collettiva. Irina interrompe la gravidanza ricorrendo a un ambulatorio clandestino. Muore poco dopo l’intervento, stroncata dalla setticemia, a soli 28 anni. […] Nemmeno 18 mesi dopo la scomparsa della madre, Roman perde anche il padre. Arkady aveva studiato Ingegneria edile a Saratov. Ma dopo il matrimonio con Irina, per tirare avanti, si era dovuto arrangiare, lavorando anche al raccolto delle patate in un collettivo. Solo tornando nella regione di Komi con la moglie e il piccolo Roman era riuscito a trovare un impiego, nel dipartimento dell’edilizia del governo locale. Un giorno, ispezionando un cantiere, Arkady constata che i lavori sono bloccati perché la gru ha il braccio rotto. Decide di provare ad aggiustarlo, ma il braccio precipita, schiacciandogli le gambe. Muore dopo dieci giorni in ospedale, per lo choc post-traumatico. Ma Roman non resta solo. Nella comunità ebraica i legami di famiglia sono saldissimi. A prendersi cura di lui sono i due fratelli maggiori di Arkady, Leib e Abram. Unico discendente maschio, viene allevato da Leib e dalla moglie Ludmilla» (Giancarlo Galavotti) • «C’è qualcosa di genetico nell’istinto imprenditoriale di Abramovich. Lui, che ebbe un processo di formazione abbastanza ortodosso (frequentò prima l’Istituto industriale di Ukhta e poi, non essendo iscritto ad un’università abbastanza prestigiosa da permettergli di evitarlo, passò due anni di leva obbligatoria nell’esercito), finì per fare quello che di fatto faceva anche il suo padre adottivo. […] Leib, “un oligarca del tempo”, secondo la definizione della moglie (e madre adottiva di Abramovich) Ludmilla, era a capo del dipartimento forniture di una segheria statale a Ukhta, dove sostanzialmente si appropriava degli abiti e del cibo riservati ai lavoratori del posto per rivenderli sul mercato nero ad un prezzo più alto rispetto a quello fissato dallo Stato sovietico» (Dario Saltari) • «Portava barba e capelli lunghi “per farsi prendere sul serio”, viveva in una catapecchia messa a disposizione da uno zio ed era più povero di un topo di chiesa. Possedeva due maglie e due paia di pantaloni, un paio di scarpe per tutto l’anno. Per risparmiare le sedie, usava sacchi di sabbia o cassette. Il frigo era eternamente vuoto, ma se qualcuno gli offriva un pasto mangiava poco per non fare la figura dell’affamato. Stava alla larga dalle donne. In più odiava il calcio, la vodka e le sigarette che vendeva al mercato nero fuori dall’Hotel Metropol, a due passi dal Cremlino. Ma, quando il suo primo datore di lavoro gli chiese cosa volesse fare nella vita, rispose: “Comprare tutto il mondo”. […] Da Saratov sul Volga, il ventiduenne Roman decise di cercare lavoro nella capitale. Lo aiutò uno zio, cedendogli una topaia di una stanza sul Tsvetnoj Bulvar. “Mi colpì subito la luce dei suoi occhi quando si parlava di affari – racconta Tjurin –, e decisi di offrigli un posto nella mia ditta di animaletti di gomma. Abramovich li vendeva benissimo, sulle bancarelle. Dagli elefantini, grazie ad una sua idea, ci allargammo così a Cappuccetto Rosso e ai nanetti. Per gratitudine assunsi come commessa anche la sua prima moglie, Olga. La misi a vendere fermagli per capelli al mercato”. Il povero venditore di giocattoli si comportava già come se fosse un affermato businessman. “Agiva come se l’azienda fosse sua. Se cadeva una scatola non si muoveva: chiamava un operaio a raccoglierla. Se capitava di assaggiare caviale e salmone – prosegue Tjurin –, fingeva di non gradire per nascondere il fatto che non li aveva mai visti. Un giorno gli portai a casa un sacchetto con la spesa: scopersi così che viveva in miseria. C’era solo un vecchio tavolo di plastica, alcuni chiodi come attaccapanni, due cassette per sedersi e un materasso sul pavimento. I pochi soldi che guadagnava, Abramovich li investiva tutti in profumi, camicie bianche e pantaloni scuri: mi disse che lo faceva per poter dare ordini”» (Giampaolo Visetti) • «Alla fine degli anni ’80 Abramovich è niente di più di uno spacciatore di beni di lusso (per gli standard dell’Unione Sovietica: stiamo parlando di cioccolata, jeans, profumi, sigarette), che comprava a Mosca, dove si era trasferito con la sua prima moglie, e rivendeva a prezzo più alto a Ukhta. […] Quando Gorbachev tolse il divieto di impresa privata, Abramovich fondò la sua prima azienda, la Uyut (letteralmente, in russo, “comfort”), specializzata nella produzione di bambole e papere di gomma. Da lì, nei primi anni Novanta, Abramovich si espanse in altri campi (separandosi nel frattempo dalla prima moglie, secondo cui “sembrava che amasse il suo business più di me”), come la rivendita di copertoni e la selezione di guardie del corpo. È solo con il passaggio da Gorbachev a Yeltsin, però, che iniziò a puntare la vera gallina dalle uova d’oro: gli idrocarburi. La leggenda su come sia entrato nel business dell’energia, smentita dal diretto interessato e a cui possiamo solo decidere se credere o meno, è questa. All’inizio del 1992 Abramovich ha bisogno di raccogliere capitale per entrare in un settore che è troppo grande per le sue tasche, nonostante il nuovo Stato russo stia svendendo il suo bene più prezioso – idrocarburi: petrolio e gas naturali – ad affaristi di ogni tipo. La soluzione è originale: decide di dirottare un treno carico di tre milioni di chili di diesel dal valore di circa quattro miliardi di rubli, partito da Ukhta e diretto a Kaliningrad, falsificando i documenti ferroviari. Il treno arriva a Riga, in Lettonia, dove Abramovich si appropria del diesel e lo vende. Abramovich, all’epoca 25enne, viene inizialmente arrestato per frode, ma poi un misterioso benefattore gli permette di uscire di prigione e tenersi il guadagno. Ma la realtà probabilmente è più complicata di così. […] In quello Stato medievale che era la Russia degli anni ’90 per prendersi una parte di quella torta ricchissima che erano gli idrocarburi bisognava avere le giuste connessioni politiche, un capitale di un certo rispetto e addirittura “protezione fisica” nei confronti degli altri competitor. Abramovich riuscirà a trovare tutto questo in un unico uomo: Boris Berezovsky. Più anziano di vent’anni rispetto ad Abramovich, Boris Berezovsky ha fatto la sua fortuna sfruttando le privatizzazioni selvagge degli anni ’90 nel campo delle automobili e dei media. […] Poteva vantare connessioni molto profonde con la cosiddetta “Famiglia”: quel circolo di familiari e amici che per il presidente Yeltsin fungeva di fatto da gabinetto politico. In particolare, Berezovsky era riuscito ad entrare nelle grazie della figlia minore di Yeltsin, Tatyana, sommergendola di regali (automobili di lusso, per lo più). Tatyana era molto influente nei confronti del padre. […] Berezovsky conosce Abramovich nel 1995 sullo yacht di un amico in comune, e ne rimane subito affascinato. […] Abramovich serviva a Berezovsky nel suo progetto di appropriazione della Sibneft, una megacompagnia energetica nata dalla fusione tra la Noyabrskneftegaz (azienda che si occupava dell’estrazione) e la raffineria di Omsk, la più grande di tutta la Russia, con cui il futuro presidente del Chelsea aveva già fatto non meglio precisati affari. Grazie alle connessioni di Berezovsky, il governo Yeltsin – tra la fine di settembre e il dicembre del 1995 – creò prima, e poi mise in vendita, la Sibneft. L’acquisizione finì in favore di Abramovich e Berezovsky, circa due anni e 200 milioni di dollari dopo, per un’azienda che già nel 2003 valeva 75 volte tanto (15 miliardi di dollari). Con l’acquisto della Sibneft, Abramovich non divenne solo incredibilmente ricco ma anche pericolosamente potente, probabilmente più di quanto lo stesso Berezovsky si aspettasse. Negli anni successivi, Abramovich non solo si espanse con una disinvoltura sorprendente nel pericoloso campo dell’alluminio con l’acquisizione della NkAZ, ma soprattutto si sostituì lentamente a Berezovsky nel rapporto con Tatyana, la figlia di Yeltsin. Fu solo con il cambio di regime politico, però, che Abramovich si trasformò davvero in un oligarca. […] Nell’estate del 2000, appena eletto presidente, Putin vuole subito presentarsi come l’uomo in grado di riportare lo Stato russo al di sopra degli interessi particolari degli oligarchi, che sono ormai malvisti dall’opinione pubblica. Li riunisce tutti al Cremlino e cerca di stringere con loro un patto: potranno tenersi tutto ciò che si sono presi dopo la fine dell’Unione Sovietica a tre condizioni: non dovranno interferire col governo; non dovranno corrompere la burocrazia; e dovranno pagare le tasse. In caso contrario avrebbero perso tutte le loro proprietà, o peggio (una minaccia con un certo fondamento, in bocca ad un uomo che proveniva dal Kgb). Uno dei primi a venire meno a questo patto fu proprio Boris Berezovsky. […] La reazione di Putin sarà durissima: Berezovsky di lì a pochi mesi sarà costretto a lasciare il Paese in esilio e a vendere la sua quota in Ort (circa il 49%) [un canale televisivo che aveva criticato Putin – ndr]. L’uomo che si appropria della sua quota è proprio Roman Abramovich. […] Abramovich stava svolgendo un ruolo fondamentale nell’ascesa del cosiddetto nuovo zar. Aveva finanziato e dato un contributo logistico fondamentale al suo partito, Unità (oggi Russia Unita). […] Mentre Berezovsky si appresta a lasciare la Russia per sempre, Abramovich si candida a sorpresa a governatore della regione autonoma della Chukotka, nell’Estremo Oriente russo, forse per ottenere dei vantaggi fiscali per le sue aziende. Interrogato su quello che era il suo partner più vicino, risponde in maniera incredibilmente fredda: “Eravamo molto amici, ma Berezovsky non mi ha mai aiutato: ha sempre aiutato sé stesso”. In appena cinque anni Abramovich è passato dall’essere un piccolo imprenditore di giocattoli ad essere l’oligarca più ricco e influente di tutto il Paese: mostrarsi vicino a Berezovsky non è più politicamente conveniente. Anni più tardi, quando condivideranno Londra come nuova patria, […] l’ex mentore non mancherà di vendicarsi del suo ex allievo portandolo in tribunale: “il processo degli oligarchi”. Abramovich nell’estate del 2012 vincerà quel processo, dopo che l’Alta Corte di Londra respingerà “nella loro interezza” le accuse di Berezovsky: cioè di essere stato costretto a vendere la sua quota della Sibneft dopo l’esilio a un prezzo stracciato (1,3 miliardi di dollari invece di 6,8, secondo la quotazione ritenuta giusta da Berezovsky). […] Pochi mesi dopo, nel marzo del 2013, Berezovsky verrà trovato morto nella sua casa nei pressi di Londra, forse suicida: Berezovsky aveva passato gli ultimi giorni della sua vita in depressione, alla ricerca di un modo per trovare i circa 180 milioni di dollari di spese processuali che era stato costretto a pagare dopo la sconfitta nel processo. […] Fin dall’inizio del 2000 Abramovich ha iniziato a trasferire la sua famiglia e la quasi totalità del suo patrimonio in Gran Bretagna, un Paese storicamente avverso alla Russia da un punto di vista diplomatico. Ancora prima del Chelsea, compra per circa 15 milioni di dollari un’immensa tenuta nel West Sussex, tra Londra e Southampton. Nell’ottobre del 2005 vende la sua quota nella Sibneft per una cifra intorno ai 13 miliardi di dollari alla Gazprom, la società con cui Putin ha definitivamente rimesso sotto controllo statale gli idrocarburi russi. […] Poi ci sono i suoi investimenti immobiliari nel sud della Francia (nel 2003 ha comprato per circa 40 milioni di euro una specie di reggia sulla Costa Azzurra fino a quel momento proprietà del duca di Windsor) e in beni mobili di ogni tipo (jet, aerei – tra cui un Boeing 767 –, elicotteri, yatch), che possono essere considerati una forma di investimento. Così facendo, da una parte limita al minimo i rischi di interferire con gli interessi di Putin in patria, […] ma soprattutto si assicura da possibili ritorsioni nel caso in cui i rapporti con il presidente russo dovessero peggiorare. […] Quando decise di comprare un club in Europa, inizialmente puntò il Manchester United. Nell’aprile del 2002 andò all’Old Trafford a vedere una partita con il Real Madrid e subito dopo visitò il centro d’allenamento, con Rio Ferdinand come Cicerone. Alla fine, però, la scelta ricadde sul Chelsea. La leggenda vuole che Abramovich decise di comprare il club londinese in elicottero, mentre sorvolava Londra. “Cos’è quello?”, chiese indicando il Tamigi. E qualcuno, pensando erroneamente che si riferisse al quartiere che si affacciava sul fiume, rispose: “Chelsea”. Questo mito fondativo nasconde ovviamente una complessità più grande. […] Il Chelsea, con i suoi trofei, le sue stelle, la sua visibilità, è l’immagine più diretta ed evidente della grandezza di Abramovich. E, d’altra parte, i successi non sono riconducibili a nessun altro se non a lui: esiste una storia del Chelsea prima di Abramovich e una storia del Chelsea dopo Abramovich. Sarebbe stato lo stesso in un club già grande? […] I trofei […] diventano in quest’ottica centrali per scrivere il proprio nome sulla sabbia della storia» (Saltari) • Tre matrimoni alle spalle, sette figli. Nel 1987 ha sposato Olga Jurevna Lysova, dalla quale ha divorziato nel 1990; nel 1991 Irina Malandina, dalla quale ha divorziato nel 2007; nel 2008 Dar’ja Žukova, dalla quale ha divorziato nel 2018. Con Irina Malandina ha avuto cinque figli, mentre con Dar’ja Žukova ne ha avuti due • Grande passione per automobili, elicotteri, aerei e imbarcazioni di lusso, tra cui il celebre Eclipse, con 163,5 metri di lunghezza il secondo yacht privato più lungo del mondo.
Guerra e sanzioni Con l’invasione russa dell’Ucraina, nel febbraio 2022, Abramovich è finito nella blacklist delle istituzioni britanniche a causa della partecipazione societaria nel gruppo siderurgico e minerario Evraz, che rientra tra quelli che hanno offerto vantaggi e sostegno al governo di Putin in attività di importanza strategica per la Russia. Tra le sanzioni comminate, il congelamento dei beni, il divieto di viaggiare in terra britannica e il divieto per tutti i cittadini di fare affare con lui. Una serie di provvedimenti estesi poi anche all’Unione Europea • «Il governo di Boris Johnson il 10 marzo 2022 aveva bandito Abramovich dal paese per essere “collegato a una persona coinvolta nella destabilizzazione dell’Ucraina”, ovvero il presidente Putin, “con cui ha avuto una stretta relazione per decenni” che ha portato a “benefit finanziari o materiali” inclusi “i contratti ottenuti in vista del Mondiale 2018”, organizzato proprio dal Mosca. A nulla è valso ad Abramovich era stato chiamato come mediatore al tavolo delle trattative di pace (subendo anche un tentativo di avvelenamento insieme ad alcuni funzionari ucraini, un giallo mai del tutto chiarito)» (Marco Bellinazzo) • Nella notte tra il 3 e il 4 marzo 2022 ha manifestato sintomi di avvelenamento, insieme agli altri due membri della delegazione ucraina, Mykhailo Podolyak e Rustem Umero, che incontrò i russi nella foresta di Brest, in Bielorussia. I sintomi descritti dai tre negoziatori: infiammazione e dolore intenso agli occhi, desquamazione della pelle del viso e delle mani. Abramovic avrebbe addirittura perso l’uso della vista per alcune ore, e sarebbe stato ricoverato in Turchia. «I sintomi sono comparsi dopo una riunione a Kiev durata fino alle 22 e non sono riconducibili ad un avvelenamento alimentare: i tre nelle ore precedenti avevano consumato solo cioccolato e acqua. Un quarto membro del gruppo che aveva mangiato lo stesso cibo e bevuto la stessa acqua non ha avuto alcun problema. Il giorno dopo, il 4 marzo, Abramovič, gli altri due negoziatori sono andati in macchina da Kiev a Leopoli, hanno proseguito per la Polonia e poi per Istanbul. I sintomi sono del tutto scomparsi dopo una settimana» (Vittorio Sabadin) • «Gennaio e febbraio 2022 devono esser stati, per Roman Abramovich, mesi impegnativi. Ma mesi di successo. Tre settimane prima che Putin invadesse l’Ucraina, dove di lì a poco l’esercito russo avrebbe commesso i crimini contro l’umanità avvenuti a Bucha, Mariupol, Izyum e in tanti altri luoghi, Abramovich – con tempismo incredibile, e forse sospetto – preparava l’operazione per mettere in salvo i suoi yacht portandoli in Turchia (via Montenegro) e navigando a luci spente anche al largo della Sicilia (Capo Passero). Iniziava a riorganizzare i suoi beni in almeno dieci trust molto opachi, controllati dai figli (si è così svestito di almeno 4 miliardi di dollari, salvandoli da sequestri e sanzioni). E faceva anche, apprendiamo adesso, un’operazione, diciamo così, artistica: cedere alla ex moglie Dasha Zhukova l’1% di controllo del fondo che possiede il suo patrimonio di opere d’arte. Un capolavoro nel capolavoro: sfuggire alle sanzioni europee e britanniche. La “Danseuse de la Barre” di Degas e “La Plage à Trouville” di Monet. E poi Malevich, Picasso, Francis Bacon, Lucian Freud, Alberto Giacometti, Anselm Kiefer, Magritte, David Hockney. Abramovich, attraverso un fondo fiduciario, possiede, infatti, una collezione di capolavori artistici spaventosa che valeva, già nel 2018, quasi 1 miliardo di dollari. Il dettaglio del catalogo, e come il miliardario russo l’ha salvato dai sequestri, è stato scoperto da IStories che, assieme ad altri media, ha ottenuto e visionato documenti leakati del fondo. Il trust fiduciario è controllato dalla ex moglie di Abramovich, che ne possiede il 51%, mentre l’ex proprietario del Chelsea ne possiede il 49%: ma la cessione dell’1% di controllo è avvenuta casualmente giusto tre settimane prima dell’invasione su larga scala della Russia in Ucraina. L’oligarca forse più amato da Vladimir Putin, e la sua ex moglie, Daria Zhukova, possedevano 369 opere d’arte del valore di 962 milioni di dollari già nel 2018, con gusti piuttosto sofisticati, lo si ricava dai file leakati del registro delle imprese cipriota MeritServus» (Jacopo Iacoboni).
Calcio Nel maggio 2022 ha ceduto il Chelsea, il club di calcio londinese che possedeva dal 2002, per 4,2 miliardi di sterline (4,9 miliardi di euro) a un consorzio guidato da Todd Boehly, comproprietario dei LA Dodgers, e sostenuto da Clearlake Capital. «Abramovich aveva deciso di mettere in vendita il club in seguito all’invasione dell’Ucraina, che ha messo in difficoltà gli affari all’estero di numerosi oligarchi. Lo stesso club era stato colpito in parte dalle sanzioni, tanto che per un periodo si è trovato costretto a non poter vendere i biglietti e ha avuto difficoltà alla movimentazione delle proprie risorse economiche. Il Chelsea ha confermato che le somme saranno depositate in un conto bancario congelato nel Regno Unito e che Abramovich, attualmente soggetto a sanzioni del governo britannico, donerà tutti i proventi a cause di beneficenza. L’annuncio arriva a poco più di tre settimane dalla scadenza dell’attuale licenza operativa del club, prevista il 31 maggio» (Paolo Foschi).